IN VIAGGIO. NEL LABIRINTO DELLE ILLUSIONI

 di Rosalba Granata

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,

le cortesie, l’audaci imprese io canto,

che furo al tempo che passaro i Mori

d’Africa il mare, e in Francia noquer tanto,

seguendo l’ire e il giovenil furori

d’Agramante lor re, che si diè vanto

di vendicar la morte di Troiano

sopra re Carlo imperator romano.

(Ariosto, Proemio, Orlando Furioso)

 

Ariosto riprende nel Furioso le vicende cavalleresche che erano state oggetto dell’epica dei cicli carolingio e bretone attorno all’anno mille, quindi già lontane nell’epoca rinascimentale. Lo scrittore utilizza questa materia cavalleresca, tornata in voga nelle corti signorili, in quanto gli offre la possibilità di parlare della molteplicità di aspirazioni e passioni dell’uomo del suo tempo.

 

All’inizio del poema Angelica, la bellissima principessa portata dall’Oriente da Orlando, fugge dall’accampamento di Carlo Magno, sfruttando l’occasione della battaglia tra l’esercito cristiano e quello dei Mori. Fugge spaventata, si sente braccata, lei stessa non sa dove sta andando.

 

Fugge tra selve spaventose e scure,

per lochi inabitati, ermi e selvaggi.

Quel dì e la notte a mezzo l’altro giorno

s’andò aggirando, e non sapeva dove. 

(Ariosto, Canto I, Orlando Furioso)

 E nella selva incontra molti dei paladini che ardono d’amore per lei.

I primi sono Ferraù e Rinaldo che si battono per la donna amata, poi pur essendo nemici e di fede diversa, si alleano per avere maggiori possibilità di catturarla.

E Angelica riprende la sua fuga. Arriva in un boschetto ameno e si addormenta.

Viene risvegliata dal pianto disperato di un cavaliere che Angelica conosce molto bene, è il re Sacripante. Nascosta da un cespuglio ascolta il suo innamorato che si dispera perché pensa che la “rosa” della verginità di Angelica sia stata colta da Orlando.

Ma quando decide di affidarsi a lui Sacripante si trasforma da fidato, candido e nobile cavaliere in brutale assalitore. Decide infatti di abusare di lei, e ritiene, come ogni perfetto stupratore, che anche la donna ne avrà piacere.

Corrò la fresca e matutina rosa,

so ben ch’a donna non si può far cosa

che più soave e più piacevol sia […]

A questo punto sta per avventarsi su di lei ma, colpo di scena, viene interrotto dall’arrivo di un cavaliere misterioso: 

Ecco pel bosco un cavalier venire

il cui sembiante è d’uom gagliardo e fiero

candido come neve è il suo vestire,

un bianco pennoncello ha per cimiero. 

Sacripante, irato per essere stato interrotto, lo sfida a duello ma viene sconfitto in modo plateale! È certamente comico il momento in cui Sacripante viene sommerso dal suo stesso cavallo, ma ancora più divertente è scoprire che il cavaliere misterioso altri non è che Bradamante. Una donna! Una «gentil donzella».

Ella è gagliarda ed è più bella molto;

né il suo famoso nome anco t’ascondo:

fu Bradamante quella che t’ha tolto

quanto onor mai tu guadagnasti al mondo. 

Quindi in questa selva si incrociano molteplici personaggi, tutti alla ricerca di qualcosa e Angelica, espressione della Bellezza, è il principale oggetto del desiderio

Come afferma Calvino: «Fin dal primo canto l’Orlando Furioso si annuncia come il poema del movimento, movimento a linee spezzate, a zig-zag […] tutto inseguimenti, disguidi, fortuiti incontri, smarrimenti, cambiamenti di programma». 

Sfondamento cronologico

Calvino e Ariosto

«È evasione il mio amore per l’Ariosto? No, egli ci insegna come l’intelligenza viva anche, e soprattutto, di fantasia, di ironia, d’accuratezza formale, come nessuna di queste doti sia fine a se stessa ma come esse possano entrare a far parte di una concezione del mondo, possano servire a meglio valutare virtù e vizi umani. E’ un’energia volta verso l’avvenire, ne sono sicuro, non verso il passato, quella che muove Orlando, Angelica, Ruggero, Bradamante, Astolfo […]». (Italo Calvino)

La scelta dello sfondamento cronologico ci porta sicuramente a Calvino.

 

E la lezione di Ariosto la troviamo in tante sue opere, ma soprattutto in modo diretto nel racconto fantastico del Cavaliere inesistente

 

Così inizia il romanzo:

«Sotto le rosse mura di Parigi era schierato l’esercito di Francia. Carlo Magno doveva passare in rivista i paladini. Già da più di tre ore erano lì; faceva caldo; era un pomeriggio di prima estate, un po’ coperto, nuvoloso; nelle armature si bolliva come in pentole tenute a fuoco lento. […]

Carlo Magno […] regna e gareggia, gareggia e regna, dai e dai, pareva un po’ invecchiato, dall’ultima volta che l’avevano visto i paladini.

Fermava il cavallo ad ogni ufficiale e si voltava a guardarlo dal su in giù “e chi siete voi, paladino di Francia?” E andava avanti “Ecchisietevoi, paladino di Francia?” Ripeteva sempre con la stessa cadenza […]».

E dopo tanti cavalieri dai nomi altisonanti si trova di fronte ad Agilulfo, un cavaliere con l’armatura tutta bianca, dall’aspetto impeccabile, la cui voce giungeva metallica dall’interno dell’elmo chiuso. Il re gli chiede di alzare la celata per mostrargli la sua faccia e…

«L’elmo era vuoto. Nell’armatura bianca dall’iridescente cimiero non c’è dentro nessuno ….

“Come fate a prestare servizio, se non ci siete?”

“Con la forza di volontà” – dice Agilulfo». 

Il tema del racconto è la ricerca continua della propria identità. E infatti tutti i personaggi partono per avventurose ricerche: Agilulfo cerca Sofronia, Brada mante insegue Agilulfo ed è inseguita da Rambaldo, Torrismondo vuole ritrovare il padre. I loro percorsi si intrecciano e si sovrappongono.

Calvino, nella nota del 1960, rivela che, a mano a mano che procedeva nel racconto e mutava l’identità dell’io narrante, la sua attenzione si era spostata «dalla vicenda all’atto stesso dello scrivere […]. A un certo punto era solo questo rapporto a interessarmi, la mia storia diventava soltanto la storia della penna d’oca della monaca che correva sul foglio bianco».

Vediamo infatti come la suora-narratrice inizia il capitolo VIII:

«Libro, è venuta sera, mi sono messa a scrivere più svelta […] mi accorgo che la penna ha preso a correre sul foglio come da sola, e io a correrle dietro. È verso la verità che corriamo […] Traccio sulla carta una linea dritta, ogni tanto spezzata agli angoli, ed è il percorso di Agilulfo. Quest’altra linea tutta ghirigori e andirivieni è il cammino di Gurdulù. Quando vede svolazzare una farfalla, subito Gurdulù le spinge dietro il cavallo, e già crede di essere in sella non del cavallo ma della farfalla e così esce di strada e vaga per i prati. Intanto Agilulfo cammina avanti, diritto, seguendo il suo cammino […]».

E con Calvino possiamo collegarci anche all’immagine del Labirinto che è per lui figura emblematica della contemporaneità. È necessario accettare la sfida del labirinto, non si può negarlo rifugiandosi in visioni semplicistiche della realtà, bisogna invece avere piena consapevolezza della problematicità e della complessità del reale. 

Ed è la letteratura che può fornirci una mappa da utilizzare per trovare l’uscita dal labirinto, consapevoli però che sarà provvisoria e ci porterà a un altro labirinto.

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