LE PELLICOLE DI ANTONIO: LA STORIA DELLA PRINCIPESSA SPLENDENTE

La storia della Principessa Splendente è un film di animazione giapponese del 2014 diretto dal maestro Isao Takahata e 21° lungometraggio dello Studio Ghibli.
 
A differenza del precedente e penultimo animé del maestro Hayao Miyazaki (Si alza il vento), il recente capolavoro di Isao Takahata non ha ottenuto (anche per colpa di una distribuzione cinematografica che definire vergognosa è poca cosa…) lo stesso riscontro di pubblico. 
Fedelmente tratto da Taketori monogatari (Il racconto di un tagliabambù), uno dei racconti giapponesi più antichi e popolari appartenuti al X° secolo, il film ruota attorno alla figura magica di Kaguya, creatura minuscola dalle sembianze umane trovata nell’incavo di un tronco di bambù dal signor Okina, un anziano boscaiolo tagliabambù.

11328787_10204928975525186_394332532_nUna volta arrivato a casa la piccola creatura si trasforma improvvisamente in una neonata davanti agli occhi del taglialegna e di sua moglie; i due decidono quindi di tenerla e di allevarla come fosse figlia loro, scoprendo ben presto che la ‘piccola principessa’ (così chiamata dai due anziani coniugi) cresce con una rapidità davvero incredibile e sorprendente, tanto da essere soprannominata “Gemma di bambù” dai ragazzi del villaggio. Qualche tempo dopo Okina trova nel bosco, sempre all’interno di una canna di bambù, vesti preziose e regali insieme a una considerevole quantità d’oro, con cui si convince della natura divina e ‘reale’ della piccola principessa. L’uomo decide quindi di farle costruire un palazzo in città e di trasferirvisi in modo da introdurla alla vita di società, affinché possa conoscere pretendenti di un certo lignaggio, degni di lei. Per la piccola Gemma Blu, strappata all’amata e semplice vita di montagna, è l’inizio di un percorso difficile e doloroso in cui si imbatterà in uomini nobili e potenti ma arroganti e poveri di spirito.
La Storia della Principessa Splendente, intuizione artistica desiderata spasmodicamente dal n°2 (solo su carta) dello Studio Ghibli, ha richiesto ben otto anni di lavorazione, con un incredibile sforzo produttivo che purtroppo non è stato ‘reso’ al pubblico come avrebbe meritato, nemmeno nell’amato Giappone, dove l’ultima opera di Miyazaki (Si alza il vento) aveva registrato incassi stellari. Un destino triste e beffardo per quello che rischia seriamente di essere l’ultimo film d’animazione del co-fondatore dello Studio Ghibli…
In questo suo nuovo capolavoro il maestro Isao Takahata adotta uno stile in parte già sperimentato nel precedente My Neighbors the Yamadas (1999). Il tratto del disegno è grezzo ed essenziale, i contorni sembrano fatti a carboncino mentre per i colori si fa ricorso agli acquerelli. Una scelta stilistica lontana dalla maggior parte dei lavori dello Studio Ghibli, in grado di conferire grande fluidità, dinamicità e plasticità alle immagini e di rendere al meglio i cambi d’umore della protagonista.
11329575_10204928974645164_1677905078_nA tal proposito è impossibile non citare l’incredibile scena della fuga – immaginaria – di Kaguya dal ‘banchetto di nominazione’, organizzato per festeggiare il suo ingresso in società, resa attraverso un brusco cambio del tratto di matita che diviene secco e nervoso, a sottolineare il repentino cambio di stato d’animo della giovane principessa, sconvolta e rattristata dai commenti stupidi e volgari di alcuni uomini presenti alla festa. 
La magia e il fiabesco di un’antica favola emergono con prepotenza dagli acquarelli di Takahata, che descrive il passare delle stagioni con un tocco unico e sorprendente; la tavolozza cromatica, con i suoi colori intensi e luminosi ma al contempo lievi e delicati, rende al meglio l’arrivo della primavera in uno scenario puro, semplice e incontaminato che fa da sfondo ai primi anni di vita della principessa splendente, costretta poi ad abbandonare la vita di montagna per quella di città, scandita da regole rigide e complesse. 
Istruita alle buone maniere, alla calligrafia e all’arte della musica, chiusa in una sorta di gabbia dorata dal padre adottivo che sogna per lei una vita da nobildonna, Kaguya si rinchiude in se stessa, diviene sempre più silenziosa e solitaria, avvinta e sacrificata a una vita che non ha scelto. Nel frattempo la sua fama si estende, la sua bellezza diviene leggendaria e i pretendenti aumentano a dismisura, così come cresce il rimpianto e la nostalgia per la vita di un tempo, passata in compagnia dei ragazzi della montagna. Solo il meraviglioso spettacolo della natura, elemento da sempre ricorrente e caro allo Studio Ghibli, sinonimo di vita, gioia e serenità, nel suo mutare, fiorire e sbocciare può mitigare la tristezza della principessa, che si ritrova suo malgrado a essere circondata e desiderata da persone ottuse, subdole e lascive. Un mondo a lei estraneo, lontano dal suo animo puro, nobile e dolente, che anela a una felicità perduta e ormai lontana. 
Nel finale, poetico e fiabesco, straziantemente espiatorio e riconciliatorio (sia per la principessa che per i genitori) si raggiungono vette sublimi esaltate dalle note soavi composte dal maestro Joe Hisaishi, che alla sua prima collaborazione con Takahata realizza una partitura incantevole e ispiratissima. Immagini evocative, di una bellezza abbacinante, per un epilogo lirico e dolorosamente riconciliatorio come raramente capita di vedere di questi tempi.
 
11311952_10204928976045199_403601325_nLa storia della Principessa Splendente è un’opera d’arte che va guardata, parlarne e ‘raccontarne’ a terzi sarebbe gioco prettamente sminuente e affrettato, poiché trattasi di un grande capolavoro nel quale tutto passa attraverso le suggestioni che nascono dalle immagini. Un magnifico “viaggio visivo” nel Giappone tradizionale, dove la grazia si ritrova nella semplicità. Un paese, sul confine tra il IX e il X secolo… ancora distante dalla cultura dei guerrieri samurai che avrebbe preso il posto di quella società de facto nettamente separata tra i palazzi reali e la vita ‘montagnara’ e contadina; separazione colmabile, per l’appunto, solo attraverso una specifica e straordinaria ‘interferenza’ della Divinità nella vita terrena. Splendente è questo film del Maestro n°2 dello Studio Ghibli, risplendente nel fondo dell’anima… un grande gioiello, davvero inconcepibile e infattibile, oggi, nello stato dell’Arte del mondo Occidentale.
Takahata è maestro indiscusso nel farci commuovere e piangere senza trucchetti o furberie preconfezionate di basso livello, nel 1988 ce lo insegnò con la tragica vicenda di due fratellini durante la guerra ne Una tomba per le lucciole; oggi con una pellicola che agguanta perfettamente il “sublime” ed è proprio questa la caratteristica del sublime, di questa ‘parolaccia’: spingere l’animo così in alto da suscitare la commozione.
“Sublime”: la magniloquenza insita in questo animé di raccontare in modo indescrivibile un’avventura, una storia, la narrazione di una leggenda, di un mito o di una favola… legate a un folklore millenario e tradizionale che si perde letteralmente, e senza confini, nelle pieghe del tempo.
Capolavoro.
Antonio Rossi

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