LA PANZANELLA NELLA PANZA – GIOVEDÌ GNOCCHI, SABATO TRIPPA

di Danila Faenza

Con l’arrivo dell’autunno proponiamo qualche piatto un po’ più robusto dei precedenti. E, come appariva un tempo nelle insegne delle osterie, citiamo il famoso «giovedì gnocchi, sabato trippa». Cominciamo appunto con quest’ultima, un alimento molto nutriente, ricco di proteine, magro e ricco di calcio e fosforo, che è costituito dal prestomaco di bovini e ovini.

Come abbiamo detto, si tratta di una carne priva in sé di grassi e calorie ma che, cucinata, diventa una pietanza non leggerissima; al pari di molte frattaglie, ha un costo contenuto, tanto che in passato, oltre ad essere un alimento della cucina povera (fin dal tempo dell’Antica Grecia) , era il cibo che si usava dare ai gatti.

A questo proposito, è interessante sapere da che cosa deriva il detto romano «Nun c’è trippa pe’ gatti» che significa, in pratica, che è inutile chiedere qualcosa e che ci si deve arrangiare: la frase fu pronunciata da un sindaco romano, Ernesto Nathan, insediatosi il 25 novembre del 1907; nato a Londra da genitori ebrei, madre italiana (di Pesaro) e padre tedesco, si rese conto del disastroso bilancio economico della capitale e notò che, tra le spese, c’era l’acquisto di trippa per una colonia di gatti, animali molto diffusi a Roma e, al tempo, usati per cacciare i topi. Il sindaco considerò che, se i mici dovevano cacciare i topi, era superfluo nutrirli con la trippa; quindi, tagliando la voce dal bilancio del Comune, pronunciò la frase che ormai è conosciuta in tutta Italia. La trippa, per la cronaca, è anche uno degli alimenti tipici della cucina giudaico-romana.

Ogni regione (anzi, in certi casi ogni città) ha la sua ricetta per cucinare la trippa; famosa è quella alla romana, piatto tuttora proposto dalle antiche trattorie trasteverine.

In questa puntata proporrò due ricette: una della classica trippa alla romana e l’altra di famiglia, tramandatami da mia madre e molto più leggera di altre versioni bolognesi (che talvolta prevedono l’aggiunta di fagioli, altre carni o uova).

Trippa alla romana

Questa versione è decisamente ricca: per quattro persone calcolate circa 1 chilo/1200 gr. di trippa già tagliata e lavata. In un tegame capiente fate soffriggere in olio evo un trito composto da uno spicchio d’aglio, una piccola cipolla, una carota e una costa di sedano.

Quando il soffritto comincia a sfrigolare, aggiungete la trippa, il sale q.b., peperoncino in polvere, tre chiodi di garofano, menta fresca tritata e 100 gr. circa di pecorino romano.

Cuocete a fiamma bassa per circa 20 minuti, sempre mescolando; quando la trippa si asciuga, aggiungete un bicchiere di vino bianco, alzate la fiamma e fate evaporare.

In seguito, unite una confezione di pomodori pelati, mescolate e, quando l’intingolo si asciuga, aggiungete acqua.

Fate cuocere ancora, col coperchio, finché la trippa non sarà tenera (in tutto, occorrono circa due ore). Quando la carne sarà cotta, servite aggiungendo ancora una grattugiata di pecorino romano e menta cruda tritata.

Trippa alla moda di casa mia

Dato che la trippa tende a perdere peso in cottura, prevedete circa 4 etti a testa di trippa precotta (cioè quella che trovate dal macellaio o già confezionata nei supermercati).

In un largo tegame, mettete a soffriggere un trito di prezzemolo e aglio; quando l’aglio imbiondisce, aggiungete la trippa lavata e tagliata a listarelle. Salate leggermente e mescolate.

Se la trippa è «asciutta», nel senso che produce poco liquido, aggiungete un bicchiere abbondante di acqua bollente e fate cuocere a fiamma bassa e con il tegame coperto, rimescolando spesso.

Dopo circa un’ora e mezzo, aggiungete un cucchiaio di triplo concentrato di pomodoro e, se serve, un altro po’ d’acqua, lasciando cuocere ora a tegame scoperto per un’altra mezz’ora almeno.

Per capire se la trippa è cotta, provate a infilare una forchetta in una strisciolina: se la carne non è più gommosa, potete fermare la cottura.

Servire subito, con abbondante pane per fare la scarpetta.

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