La vie Lyonnaise

Lyon-au-15ème-siecleA giudicare dalla sfilza di commenti lasciati all’articolo “Italiani all’estero, ecco come passano realmente il loro tempo”, di Matteo Cavezzali (su Il Fatto Quotidiano), l’exploit del giovane italico ha fatto scandalo tra tutti quelli che, come me, hanno lasciato – più o meno definitivamente: e non chiedetemi quanto più o quanto meno definitivamente io abbia lasciato l’Italia, perché proprio non lo so-  il bel paese. Diciamocelo: monsieur Cavezzali non era certo serio quando scriveva “Gli italiani all’estero girano solo con altri italiani, e i sardi solo con altri sardi”, o “cercano invano una pizza decente”. Ragazzi miei, non l’avete capito che stava scherzando?  Evidentemente, in molti l’hanno preso sul serio: “zitto scemo!”, “fatti un giro fuori dall’Italia e vedrai che ti perdi!”, “ Io qui sto molto meglio che a casa mia”, e via dicendo. Non so, ma ho come l’impressione che l’homo italicus, una volta fuggita la patria natia, si monti un po’ la testa e perda il senso dell’umorismo: forse perché, i primi mesi lontano dalla mamma ( lontano, nel mio caso, è una parola grossa: 4 ore di macchina da Lione al confine con l’Italia), sono un po’ duri per tutti. Leggo sul mio diario di bordo, data 14 aprile 2012: “Eccomi qui, al parco della Tete d’Or. Solo come un cane. Voglia di tornare a casa…”.

Insomma,  Cavezzali colpiva un punto sensibile: siccome è stata dura – almeno all’inizio-, noi giovani espatriati vogliamo che la nostra prodezza venga riconosciuta da tutti. E non osate svalorizzarla! Beh, cari i miei amici italo-francesi, italo-inglesi, italo-finlandesi, rendetevi conto che non c’è veramente nulla di eccezionale in ciò che avete fatto: una volta acclimatati, dalle abitudini italiane si passa alle abitudini francesi, e tutto quel senso mistico di avventura del tipo “sono un avventuriero partito per un paese lontano, GUARDATEMI!” si riassorbe piuttosto in fretta.

Quando sono arrivato a Lione, non avevo che una sola cosa in testa: Merleau-Ponty. Ora, io non so in quanti di voi abbiano dimestichezza con la parola del buon francese ( io stesso, ve lo garantisco, sono un gran ciarlatano in merito: della sua opera, attualmente non conosco che un 30%), ma a grandi linee, nato nel 1908 a Rochefort-sur-Mer, morto a Parigi nel 1961, Maurice Merlau-Ponty è uno dei grandi filosofi della “carne”. A ben vedere, la filosofia della prima metà del Novecento – o almeno, una certa filosofia- ha cercato a più riprese di tematizzare l’uomo nel suo esistere concreto: ne abbiamo abbastanza di questi grandi sistemi che privilegiano i concetti a discapito dell’uomo “reale”! vogliamo un pensiero che restituisca l’essere umano di tutti i giorni, quello che prende il caffè al bar, chiacchera con gli amici, guarda film. Merleau-Ponty prese la palla al balzo, ma in un modo tutto particolare: perché, per ritrovare l’uomo, bisognava anzitutto ritrovarne il “corpo” bio-psichico, quest’ultimo sempre teso verso un mondo ricco, pieno di senso; ritrovare l’uomo, creatura incarnata, significa coglierlo nel suo rapporto percettivo al mondo, risvegliare le radici “sensibili” della scienza, l’intercorporeità sottesa alla vita sociale e all’azione politica, il carattere d’ “istituzione” sensibile dell’opera d’arte. Qualche titolo, così, per gradire: La Struttura del Comportamento (1942), Fenomenologia della Percezione (1945), Umanismo e Terrore (1947), Le Avventure della Dialettica (1955), Segni e L’Occhio e lo Spirito (1960), Il Visibile e l’Invisibile (postumo, 1964).

Come accade spesso in filosofia, il vecchiume occidentale (dalla riflessione aristotelica sul rapporto tra conoscenza sensibile e scienza, alla “realpolitik” di Macchiavelli, al difficile rapporto tra Res Extensa/Res Cogitans) si riattualizza in Merleau-Ponty in un pensiero che stimola il dibattito su alcuni grandi temi della contemporaneità: lo “spirito” non è altro che neuroni e sinapsi? Gli animali hanno una coscienza? La scienza è la soluzione a tutto? L’arte attuale, è roba da intellettualoidi? Pieno straripante di ammirazione per quel gran genio, e laureato in Filosofia (triennale) alla veneranda età di 25 anni, prendo e me ne vado in Francia. Alla partenza, non sapevo granché di lui: generalmente, i filosofi non sono come gli artisti, a nessuno importa di quel che hanno fatto nella vita. Spinoza osservava le mosche annegarsi in un bicchiere d’acqua, e tutta Königsberg regolava il proprio orologio a seconda delle passeggiate di Immanuel Kant. Di Merleau-Ponty, sapevo fosse un filosofo più o meno esistenzialista, amico di Sartre, dalla prosa piuttosto difficile, e con un gran nasone; in verità, l’avevo conosciuto solo tramite i suoi libri, anzi, tramite due soli libri: La Struttura del Comportamento e Fenomenologia della Percezione. Era un filosofo così, tra i tanti; geniale certo, ma che vuoi farci: biograficamente parlando, i filosofi si somigliano un po’ tutti, leggono libri, scrivono opere, fanno cose, vedono gente.

Fu stando in Francia che capii cosa significava essere un Merleau-Ponty all’epoca di Merleau-Ponty. Per alcuni, la vita all’estero apre lo spirito a un differente modo di vedere le cose…mah, io non so quanto ciò sia vero: l’ombra dell’espatriato che vuole magnificare la sua prodezza emerge spesso da tutte queste formule. Tuttavia, una cosa la Francia me l’ha fatta capire: che il buon Maurizio, lungi dall’essere uno “spirito disincarnato” chiuso nella sua stanza a meditare, e avente a disposizione un genio totalmente “immateriale”, estraneo a ogni influenza ambientale, era invece il superbo prodotto di un sistema educativo tutto particolare, di cui egli stesso finì per diventare un ingranaggio.

Dopo gli studi al prestigioso liceo parigino Louis-le-Grand, Merleau-Ponty è ammesso come “Normaliano” all’Ecole Normale Supérieure di Parigi Ulm (che ogni buon francese con velleità letterario-filosofiche sogna di frequentare); qui conosce il non troppo simpatico Sartre, che nel 1928 è bocciato al concorso dell’Agrégation. Nel 1930, a 22 anni, Maurice tenta lo stesso concorso, e si posiziona SECONDO. Cercherò, se qualcuno ancora mi leggerà nelle prossime uscite di Metro-Polis – e se gli editori troveranno il mio primo articolo degno d’esser pubblicato- di spiegare che DIAVOLO SIGNIFICA arrivare SECONDO al concorso dell’Agrégation. Contentatevi di sapere che è una cosa da pazzi. Insomma, agrégé di filosofia, e ormai esperto nella pratica della Dissertation e del Commentaire de texte ( le “spine dorsali” del fare filosofia in Francia; ma ne riparleremo), Maurice si vede assegnare – tutto ciò, sempre a 22 anni: siamo ancora nel 1930- la sua prima classe in un liceo a Beauvais. Insegna successivamente a Chartres, ai Licei Carnot e Condorcet di Parigi, e – come “ripetitore” di Prépa- all’Ecole Normale Supérieure: non temete, cercherò di fare un po’ di chiarezza su questi termini, di articolo in articolo. Ebbene, nel frattempo prepara la sua tesi (La Struttura del Comportamento, e la Fenomenologia della Percezione), e una volta finito il dottorato, diventa Maître de Conférences a Lione (1945) e in seguito professore titolare della cattedra di Psicologia nel 1948. Il 1949 è l’anno della svolta parigina: è chiamato alla facoltà di Lettere dell’Università di Parigi, ma non vi resterà molto. A partire dal 1952 e fino alla sua morte, occupa stabilmente la cattedra di filosofia al Collège de France: sappiate che, se sei nominato prof al Collège, non puoi andare più in alto. É veramente la massima onorificenza possibile per un intellettuale francese.

Lo avrete capito, Monsieur Merleau-Ponty non era certo un uomo qualunque. Eppure era un uomo: con tutti i suoi esami da preparare, i suoi libri da leggere, le sue dissertations da consegnare. Parimenti, Sartre, Foucault, Levi-Strauss, Deleuze – quest’ultimo, con un percorso un po’ più anomalo-, erano uomini, anzi, erano uomini francesi, passati per un meccanismo educativo dalle mille meraviglie, e dai numerosi difetti. Ed è di questo sistema che, il mio stupore naif sottinteso, e con qualche referenza alla mia miserabile vie lyonnaise, amerei parlarvi.

Luca Ballandi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.