APERITIVO A TEMA GIUGNO – DISABILITÀ E STEREOTIPI

di Angelo Errani

Parte I – Normalità e differenze: ma che cos’è la normalità?

Convenzionalmente chiamiamo differenze ciò che non corrisponde alla normalità. Ma che cos’è la normalità?

Bauman osserva che la normalità è il termine elaborato ideologicamente per significare maggioranza.«Che cosa altro infatti significa diverso se non l’appartenenza ad una minoranza statistica?» (Bauman, 2012).

L’idea di diversità presuppone che alcune unità di un totale non siano conformi alla norma. Quindi l’idea di normalità implica la suddivisione di un totale complessivo in una maggioranza e una minoranza. L’elaborazione ideologica deriva dalla sovrapposizione del “si deve” sul “si è”: le unità di un certo tipo sono maggioranza e sono «come si deve essere, sono giuste e appropriate», quelle che invece difettano dell’attributo in questione sono «come non dovrebbero essere, sono sbagliate e inappropriate». Inconsapevolmente attribuiamo così una differenza di qualità alla differenza dei numeri e, di conseguenza, essere minoranza significherà anche essere inferiori.

Sempre convenzionalmente, imprigioniamo poi le minoranze in categorie. Perché?

Per dare un ordine al mondo ricorriamo continuamente ad astrazioni, cioè incaselliamo tutto in categorie. Diciamo, ad esempio, “straniero” per indicare una serie infinita di soggetti originari dalle parti più diverse del mondo.

La debolezza del metodo comporta che gli stereotipi siano di casa nel nostro pensiero. Ragionare per categorie comporta che si perdono di vista le persone e le loro diversissime identità e storie, facendo loro violenza. Una violenza che avrà come conseguenza più grave quella che la persona inserita in una categoria comincerà a vedere se stessa come la vediamo noi e, così, comincerà a pensarsi – e a comportarsi – come è previsto per quella categoria, perdendo i connotati della sua individualità.

Il problema è che da un lato abbiamo un bisogno vitale di queste modalità di pensiero pericolose e dall’altro abbiamo un bisogno altrettanto vitale di sorvegliarne l’uso, controllando il nostro stesso pensiero. Ma è possibile sorvegliare se stessi? È possibile sorvegliare se stessi solo mettendosi fuori da se stessi. E come è possibile uscire da se stessi? Occorre trovare dei costrutti sociali che ce ne diano la possibilità, cercare un’organizzazione che ci aiuti a guardarci da fuori, cioè un sistema di riflessione sui nostri pensieri e le parole con le quali li argomentiamo basato sull’interrogarci e sul confronto con gli altri, ricordando che ciò che scopriamo riusciremo a controllarlo, mentre ciò che non scopriamo ci dominerà.

Lo avevano già capito i greci fin dal quinto secolo a.C.:

«Gli uomini sono tratti in inganno riguardo alla conoscenza delle cose visibili allo stesso modo di Omero, il quale fu il più sapiente degli Elleni. Infatti dei bambini che uccidevano pidocchi lo trassero in inganno dicendogli: “ciò che abbiamo visto e abbiamo preso lo lasciamo, ciò che non abbiamo visto lo portiamo”». (Eraclito, frammento 56)

 

Queste riflessioni ci introducono al tema del prossimo Aperitivo che si terrà venerdì 14 giugno presso il Centro Stella in via Savioli 3, a partire dalle 19.00, per parlare di disabilità oltre gli stereotipi, con Angelo Errani e i ragazzi e le ragazze del Liceo Laura Bassi che ci presenteranno il documentario Il tocco della voce, da loro realizzato. Vi aspettiamo numerosi!

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