Libera: lotta alle mafie e impegno civile

Immagine 1Marzo è un mese significativo per quel che concerne la lotta alle mafie: il 21 del mese, infatti, si celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie; quest’anno, per la XX edizione, è stata scelta Bologna come città ospite dell’importante manifestazione.

Il Comitato Io Lotto, inoltre, ha organizzato un imperdibile evento per la sera del 20 marzo 2015: presso la sala Martelli del Quartiere Savena (via Faenza 4, Bologna) verrà proiettato il documentario ‹‹19 marzo. Per non dimenticare›› e a seguire il dibattito ‹‹Da Don Peppino Diana a una rete solidale: cosa manca?››; modererà il dibattito Alessandro de Lisi (giornalista-direttore di R_Rinascita) e interverranno Giuliano Ciano (Presidente N.C.O), Alessandro Gallo (scrittore), Alessandro Gentilini (Responsabile Banca Etica Bologna) e Giacinto Palladino (Presidente Fibra Social Life + cuore).
In occasione di questi significativi eventi, Metro-Polis ha chiesto a Giulia Tedeschi, nostra socia della prima ora e membro del Consiglio Direttivo, di scrivere della propria esperienza in Libera e di cosa per lei significhino le parole lotta alle mafie.

Mattia Macchiavelli

 

Mi hanno chiesto di raccontarmi, di raccontare della mia esperienza con l’Associazione Libera. Mi fa sorridere l’idea di rimettermi a pensare a come ho conosciuto Libera alcuni anni fa. Era un’estate in cui avevo molto tempo da dedicare a me stessa e ho scelto di prendere una decisione: partire per un Campo organizzato, partire sola e scoprire realtà nuove ed interessanti. A causa di un susseguirsi di casualità mi sono trovata in treno, diretta per Torino in compagnia di altri otto coetanei liceali bolognesi; da li… è nato ”tutto”. Abbiamo soggiornato, autogestendoci, in un terreno confiscato alla mafia, all’interno di uno spazio pubblico ristrutturato, gestito da alcuni ragazzi che hanno scelto di condurre la loro quotidianità in questa realtà. Ho conosciuto, quindi, qui alcune persone appartenenti al Gruppo Abele, una comunità fondata da Don Luigi Ciotti (fondatore anche di Libera), associazione nata a Torino nel 1965 con l’impegno di cercare di saldare l’accoglienza delle persone con la cultura e la politica, intendendo il ”sociale” come -diritti e giustizia- vicinanza a chi è in difficoltà e come sforzo per rimuovere tutto ciò che crea emarginazione, disuguaglianza e smarrimento. Ho un intenso ricordo di questa esperienza: fu un Campo colmo di discussioni, di attività focalizzate sull’introspezione e sulla riflessione di ciascuno di noi. Ho lucida in mente la scena in cui ci guardammo in faccia e, desiderosi di portare nella nostra quotidianità bolognese qualcosa di grande, decidemmo di creare a Bologna un Coordinamento di studenti medi bolognesi spinti probabilmente dalle parole di Don Ciotti: «Investire in cultura, in informazione, in percorsi educativi. La mafia ha sempre temuto tutto questo». L’idea, che poi divenne realtà, era quella di condividere la fortuna dei nostri incontri torinesi con tutti i ragazzi liceali della nostra città, fondando per ciascuna scuola un Gruppo di Libera che facesse riferimentoImmagine  2 a un vero e proprio grande coordinamento delle scuole. Sono qui ora a testimoniare che abbiamo fatto tanto nel nostro piccolo, probabilmente più di quanto immaginiamo. Siamo stati grandi. Abbiamo seminato anche poco, ma consapevoli di fare un dono profondo. Rifletto su quella che è stata la mia storia: sono sempre stata una ragazza propositiva, con tanti stimoli che mi sono spesso andata a cercare. Il progetto di Libera mi ha aperto gli occhi su una realtà radicata nell’anima del mio Paese, su una realtà complessa che spaventa per la sua crudeltà. Mi sono inoltrata a conoscere storie di mafia e persone vittime di questa organizzazione. Sono diventata donna consapevole, anche parzialmente, della brutalità dell’uomo e al contempo è nata in me la brama di non limitarmi a guardare passiva ciò che accade, ma di prendere in mano la mia vita e di tentare di essere qualcuno per il prossimo. Ritengo che questo abbia molto influito sulle mie scelte di studio, sulla mia vita nel volontariato sociale, sulla scelta di fare servizio in carcere ed anche in quella di essere capo scout… Non voglio fare un vanto di ciò che è stato; voglio solamente dimostrare a chi ha oggi qualche anno in meno di me, che è gratificante avere l’occasione di ”toccare con mano” realtà del territorio italiano che in qualche modo ti danno il coraggio di poter pensare che c’è altro oltre all’uomo cattivo, che ci sono tante persone che dedicano interamente la loro vita a fare del bene e che, anche se non riusciamo a raggiungere questa grandezza umana, possiamo limitarci a fare scelte ponderate, volte a una corresponsabilità cittadina.

Giulia Tedeschi

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