di Angelo Errani

La popolazione dell’Afghanistan e quella dei tanti paesi costretti a conoscere la violenza delle guerre sono il principale impagno di Emergency, l’associazione creata da Gino Strada. Le vittime delle guerre moderne sono in grande maggioranza civili, uomini, donne e soprattutto bambini, spesso lacerati dalle più vili delle armi: le mine antiuomo. Ci sono mine che hanno forma di giocattolo, come i pappagalli verdi, lanciate dall’esercito russo in Afghanistan, e i bambini le trovano e ci giocano. Sono sparse a milioni in Kurdistan, in Somalia, in Bosnia, in Siria e nei tanti teatri di guerra che si succedono negli anni. Uno dei principali paesi produttori è stata l’Italia, prima che il governo Prodi nel 1997 ne vietasse la produzione e il commercio.
«Non ci si può voltare dall’altra parte, per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio», diceva Gino Strada, aggiungendo: «bisogna fare quel che c’è da fare» Si tratta di un fare che richiama l’impegno rispetto a due esigenze: l’umanità e la professionalità.
Per sentirci umani abbiamo bisogno di una prospettiva che valga la pena di venire perseguita e che dia un senso al nostro impegno quotidiano. E al tempo stesso abbiamo bisogno di dotarci di competenze per venir riconosciuti e poterci riconoscere come persone utili. Umanità e professionalità non possono dunque che crescere insieme. Per quanto apprezzabile infatti, un’umanità senza competenze, sarebbe priva degli strumenti per agire in maniera utile. E una professionalità senza umanità rischia di farci agire come quei professionisti descritti da Gino Strada nel dialogo con l’amico peruviano Nestor:
«Abbiamo immaginato – sapendo che era tutto maledettamente vero – un ingegnere efficiente e creativo, seduto alla scrivania a far bozzetti, a disegnare la forma delle PFM-I. E poi un chimico, a decidere i dettagli tecnici del meccanismo esplosivo, e infine un generale compiaciuto del progetto e operai in un’officina che ne producono a migliaia ogni giorno.
Non sono fantasmi, purtroppo sono esseri umani: hanno una faccia come la nostra, una famiglia come l’abbiamo noi, dei figli. E probabilmente li accompagnano a scuola la mattina, li prendono per mano mentre attraversano la strada, perché non vadano nei pericoli[…]Poi se ne vanno in ufficio a riprendere diligentemente il loro lavoro, per essere sicuri che le mine funzionino a dovere, che altri bambini non si accorgano del trucco, che le raccolgano in tanti. Più bambini mutilati […] e più il nemico soffre […]. Più bambini mutilati più il nemico è punito, umiliato».(Strada G., 1999, Pappagalli verdi, Milano, Feltrinelli)