LUSA – L’ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO: EOLO

Lusa era ancora svenuto. L’avevo sdraiato nei sedili posteriori dell’auto, mentre pensavo a un luogo in cui andare per farlo riprendere. Ipotizzai di andare al pronto soccorso, ma, in fondo, non stava così male: era solo una sbronza.
Potevo portarlo a casa mia, ma farlo avrebbe significato interrompere la ricerca della misteriosa ragazza, Annalisa. Anche io – dovetti ammetterlo a me stesso – mi ero ormai lasciato andare alla curiosità di scoprire e ritrovare questo libro perduto.
Mentre pensavo, una conversazione tra due dipendenti del locale, a pochi metri dalla mia macchina, mi colpì.

«Certo che tua sorella è proprio carina» commentò il primo, aspirando a fondo dalla propria sigaretta.
«Non è il tuo tipo» sentenziò il secondo, un ragazzo alto e robusto, con un tatuaggio sul collo.
«Che ne sai? Sembra una ragazza acqua e sapone, davvero semplice».
«Senti, attento a quello che dici, è pur sempre mia sorella».

«Ehi, tranquillo, ho solo detto che è carina» lo rassicurò l’uomo con la sigaretta. «Come hai detto che si chiama?».
«Non l’ho detto».
«Dai, non fare così. Voglio solo sapere come si chiama, non voglio mica provarci».

Il ragazzo fissò lo sguardo sul collega prima di rispondere. «Annalisa».

«Un bel nome, davvero. Ma, senti… non è che me la presenti?».

In tutta risposta, l’uomo ricevette un dito medio ben sollevato.

«Dai, perché?».
«Conosco mia sorella e non uscirebbe mai con te. Non è il tuo tipo».
«Cosa ne sai, non puoi decidere tu per lei!».
«Non voglio decidere per lei, ma ti dico che non è quel tipo di ragazza. Annalisa… è molto seria».
«Anche io posso essere serio» ribatté, inorgoglito l’uomo con la sigaretta.
«Con quella faccia?» lo prese in giro il ragazzo.

I due si scambiarono uno sguardo duro, serio, prima di scoppiare a ridere.

«Hai ragione! Sono un vero idiota!».

Appoggiato alla mia auto, rimuginando sulla situazione, ascoltai l’intera conversazione, ma senza realizzare pienamente quanto avevo ascoltato. Fu solo durante la loro risata che feci il primo collegamento.
Senza indugiare, mi avvicinai ai due dipendenti, e interrompendoli chiesi: «Scusa, hai per caso nominato una ragazza di nome Annalisa?».
Il ragazzo, con un tatuaggio che rappresentava un volto dalle guance gonfie, intento a soffiare, mi guardò sospettoso. «Che vuoi?».
«So che può suonare assurdo, ma il mio amico lavora alla biblioteca e sta cercando Annalisa perché non ha riportato il libro che aveva preso in prestito. Il mio amico è, come dire… speciale! E molto diligente. Visto che il libro doveva essere riportato entro oggi… anzi, ieri» aggiunsi, guardando l’orologio, «ha deciso di andare a recuperarlo di persona. Sembra assurdo, lo so, ma ti assicuro che cerchiamo questa ragazza solo per questo, niente di più».

libro-«Amico…» iniziò il ragazzo, abbozzando un mezzo sorriso, «ma cosa ti hanno fatto bere?».
«No, ascoltami, è importante. Il mio amico deve ritrovare quel libro».
«Certo, il libro» commentò l’uomo, che intanto aveva finito la sigaretta. «Anche io vorrei perdermi tra le sue pagine».
«No, io…» cominciai, per essere interrotto quasi subito.

Lusa arrivò alle mie spalle. Barcollante, leggermente pallido, ma comunque lucido.

«Tu sai dov’è Annalisa» dichiarò, puntando un dito sul ragazzo. «Me lo dici?».

Il tatuato squadrò Lusa da capo a piedi, prima di chiedergli: «Cosa volete da mia sorella?».

«Io rivoglio il libro della biblioteca. E devo trovarlo entro l’orario di apertura, altrimenti il libro risulterà disponibile senza esserlo davvero».
«Tu sei matto! Quando mai una biblioteca ha mandato i suoi dipendenti di notte a cercare un libro?».
«È successo oggi: la biblioteca mi ha mandato a trovare quel libro. E no, non sono matto».
«Secondo te io ti dico dov’è mia sorella? A te che sei un perfetto sconosciuto?».
«Sconosciuto, forse, perfetto non saprei. Comunque piacere, tutti mi chiamano Lusa. E ora che mi sono presentato mi dici dov’è Annalisa?».
«Forse non hai capito: credi davvero che io ti dirò dov’è mia sorella?».
«Credo che non ci sia nulla che ti impedisca di dirmelo».

Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata, divertito. Io, intromettendomi, gli dissi: «Te l’ho detto che il mio amico è speciale».

«D’accordo, proviamo a cambiare domanda: perché dovrei fidarmi di te?».
«Perché lavoro nella biblioteca e voglio solo ritirare il libro. Io non dico bugie».
«E solo perché tu affermi di non dire bugie, io dovrei fidarmi? Senti, non prendermi in giro!».

Il dialogo era quasi inverosimile. Io e l’uomo che si era spento la sigaretta ascoltavamo incapaci di intervenire o di aggiungere altro, curiosi di scoprire chi tra i due l’avrebbe spuntata.

«Chiedimi qualcosa e ti risponderò sempre la verità».
«Va bene, ti metto alla prova. Vediamo…» iniziò il ragazzo, pensando a una domanda. «Qual è il codice del tuo bancomat?».
«Il codice è quattro, sette, du…».
«Lusa, no!» intervenni.
«Mi ha fatto una domanda e sto rispondendo».
«Lo so, ma non devi fornire questa informazione!».

Il ragazzo, intanto, era colpito. Penso che fu in quel momento che si accorse per la prima volta della particolarità di Lusa. E non il fatto di essere privo di aspettative, ma la sua genuinità, la sua purezza, la sua immediatezza. Penso che il fratello di Annalisa, lì, in quel momento, si accorse di uno stile di vita che mai aveva ritenuto possibile.

Dopo quell’ultima risposta di Lusa, infatti, pose ancora un paio di domande, ma sempre meno compromettenti o personali, finché non disse al collega: «Senti, puoi lasciarci soli?».
L’uomo, senza ribattere, si allontanò. Credo che anche lui colse la particolarità del momento.

«D’accordo, mi hai convinto. Mi fido e ti dirò dove puoi trovare mia sorella. O, meglio, come rintracciarla. Ma ti avverto, non sarà facile».

Estraendo un piccolo foglio, il ragazzo scrisse alcune indicazioni e le offrì a Lusa, che, sorridente e grato, afferrò il pezzo di carta, per poi voltarsi e tornare in macchina.

«Il tuo amico è davvero unico» mi disse il ragazzo.
«Sì, e ti assicuro che non mi fa mai annoiare!».

Salutai, per poi tornare all’auto. Sorrisi, pensando che quel ragazzo era stato un po’ come Eolo: con le sue indicazioni, il vento aveva ricominciato a soffiare nella giusta direzione. Ancora non sapevamo, però, che la nostra ricerca si stava per allungare.

Francesco  Tarud

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