Guida scientifica per la sopravvivenza al complottismo post-moderno

Sul treno, al bar, in autobus, dalla parrucchiera, negli spogliatoi della palestra:

«Il mondo sta andando a rotoli, non vedete? Inquiniamo, uccidiamo tutto, e moriamo sempre più spesso di tumori e altre malattie che in passato i nostri bis-nonni non hanno mai avuto!»

Chi di noi non ha mai sentito pronunciare frasi simili da un amico o un conoscente? Una di quelle affermazioni che tutti prima o poi sentiamo, o che noi stessi pronunciamo. Quelle frasi al limite del complottismo e del catastrofismo che alla fine tanto ci piacciono e ci attraggono. E lo ammetto, faccio io stessa pubblica ammenda: le teorie complottiste mi affascinano. Ma a parte l’iniziale stupore, e magari qualche lontano fondo di verità, comprendo perché riscontrino tanto successo nell’opinione pubblica. L’uomo ama incolpare qualcuno dei propri sbagli. E urlare al complotto è un ottimo modo per sollevare dalla propria coscienza qualsiasi briciolo di colpevolezza. Ma alla fine è davvero tutto qui? L’uomo ha creato solo catastrofi, genocidi, estinzioni, inquinamento? Certo la storia è costellata di fatti terribili. Quindi ammettiamolo: l’uomo non sempre agisce per il meglio, come abbiamo già detto nei mesi precedenti durante la nostra escursione nei risvolti sanguinosi della Scienza. Mostratasi solo nei suoi risvolti più cupi, stavolta la Scienza si presenterà nel suo lato più rassicurante. Questo mese il viaggio sarà diverso. Perché si è sposati e si ama “nel bene e nel male, in buona e in cattiva sorte”. E stavolta il viaggio sarà nella “buona sorte”. Già, perché la Scienza ci ha dato un ottimo argomento con cui controbattere anche ai più “miscredenti”. Ora immaginate… immaginate di essere nati 200 anni fa. Innanzitutto mi spiace ma io non sarei qui a guidarvi in questo viaggio temporale: in quanto donna sarei stata estromessa dagli studi scientifici, mondo considerato allora prettamente maschile; in più sarei certamente morta alla giovane età di 18 anni per un’infezione alla gola sfociata, senza antibiotici, in setticemia. Ma non rattristatevi troppo, sarei stata in buona compagnia: circa un terzo dei lettori di questo blog sarebbe morto alla nascita o nei primi dieci anni di vita, un altro terzo non avrebbe toccato i 30 anni di età, e i restanti sarebbero arrivati a fatica a 50 anni, con qualche fortunato a 70. Infatti nel 1810 l’aspettativa di vita media era di 40 anni, con qualche punta a 50 anni in alcune regioni del Regno Unito e dei Paesi Bassi. Durante il corso del XIX secolo le speranze di vita iniziarono a salire, incoraggiate dalla rivoluzione industriale, dalla crescente occupazione, dalla dieta più ricca, arrivando “addirittura” a poco più di 50 anni di età. Fino ad oggi: l’Italia è il quarto paese a livello mondiale per aspettativa di vita. I nostri 82 anni (in continua crescita) sono infatti al di sotto solo di Giappone, Macao e Andorra (84, 82 e 83 rispettivamente). Quindi ecco il primo, ottimo, punto con cui controbattere a complottisti e detrattori della Scienza: tutti noi oggi siamo in grado di vivere in media quarant’anni in più rispetto ai nostri trisnonni. E se vi sembra poco, provate a pensare da quante migliaia di anni l’uomo vive sulla Terra: la nostra comparsa nell’ecosistema Terra è datata circa a 250.000 anni fa, e in soli 200 anni l’aspettativa di vita è raddoppiata, toccando vette mai raggiunte prima nella storia. E questo repentino miglioramento nell’aspettativa di vita è dovuto a scoperte essenziali, che oggi diamo per scontate. Innanzitutto la penicillina, e più in generale la scoperta degli antibiotici: dalla pubblicazione della sua scoperta nel 1929, la penicillina ha salvato miliardi di vite, rendendo di routine interventi chirurgici in passato mortali, e battendo alcune tra le peggiori malattie conosciute dall’uomo. Tubercolosi in primis, seguita da tutte le infezioni mortali: meningiti, polmoniti, endocarditi. Medical consultation A dare man forte agli antibiotici, i vaccini: per quanto negli ultimi anni stiano aumentando esponenzialmente gli oppositori a questa profilassi, i vaccini hanno eliminato le maggiori cause di mortalità, abbassato i rischi per le donne in gravidanza, e protetto bambini, anziani e malati da sintomatologie gravi e spesso mortali. Senza di essi, la maggior parte di noi ne sarebbe stata colpita: prima di essere debellato il vaiolo portava a morte in 3 casi su 10 di malattia, e nei sopravvissuti lasciava complicanze spesso serie. Solo nell’anno 1967, secondo i dati raccolti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ne morirono 2 milioni di persone. A questo punto della conversazione, il più convinto dei complottisti rispolvererà l’argomento sempre-verde nonché di gran moda oggi, “ma i vaccini sono veleno! Causano l’autismo!”. Ebbene no, non vi è alcuna correlazione tra le varie sindromi associate all’autismo e le vaccinazioni. Questa triste leggenda metropolitana nasce da uno studio condotto da un medico inglese nel 1998: i dati pubblicati furono manipolati, sotto la pressione dell’avvocato che allora rappresentava, in una causa contro lo stato, le famiglie di bambini colpiti da autismo. L’unica grossa colpa del vaccino trivalente è purtroppo quella di venire somministrato ai bambini proprio nell’età in cui iniziano a manifestarsi i primi sintomi conclamati dell’autismo. La correlazione vaccini-autismo non è quindi molto differente dall’affermazione «stamattina mi sono vestita di rosa e stamattina mi è venuto il raffreddore, quindi mi è venuto il raffreddore perché mi sono vestita di rosa». Per quanto vestirsi di rosa possa non compiacere i gusti di tutti, di certo però non è la causa del raffreddore: così il vaccino trivalente non è la causa di una malattia che dagli ultimi risultati affonda le sue origini a livello genetico. Ciò che è certo, però, è che un effetto il vaccino trivalente l’ha avuto: dai 2 milioni e mezzo di bambini morti all’anno si è passati nel 2012 a soltanto 122.000 persone morte in tutto il mondo, e ha ridotto di molto aborti e malformazioni fetali proteggendo dalla rosolia le future mamme in gravidanza. Insomma, tutti ottimi motivi per essere felici di vivere nel 2014. E se neanche queste argomentazioni basteranno a far cambiare idea ai più scettici, allora vi do un consiglio: sorridete. Perché alla fine dei conti, non c’è nulla di più bello che sapere che la Scienza ci ha permesso di arrivare fin qui, a prescindere dall’esserne ferventi sostenitori o incalliti denigratori. E ogni compleanno di una vita lunga e in salute è anche una sua vittoria. Quindi… cheers!

Martina Zappaterra

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