Scienza, con e senza “i”: libretto d’istruzioni per aspiranti Dott. Frankenstein/Frankenstine

Breve excursus iniziale. Una ventina di anni fa. Una bambina gracilina e taciturna:

-“Martina, che cosa vuoi fare da grande?”

-“La veterinaria”

“La veterinaria” era la risposta standard. O meglio, la mia risposta standard. Sì, perché mentre le altre bambine volevano fare le ballerine, le maestre, i medici, io pensavo già che la mia strada sarebbe stata un’altra. Questa convinzione nasceva dall’equazione semplicistica del “amo ogni animale quindi voglio diventare veterinaria”. È semplice: nella mia testolina quella convinzione era la più lineare che avessi mai avuto. 2+2= 4 . Poi crescendo si scopre che non sempre 2+2 fa 4, anzi di solito fa 4 solo una volta su mille (i matematici e gli ingegneri staranno già inveendo contro di me, ma passatemi questa licenza poetica). Il mio caso non è quella volta su mille: veterinaria non lo sono diventata. Ho scelto un’altra strada, parallela agli studi di medicina veterinaria, più improntata all’allevamento degli animali d’affezione, all’igiene dei prodotti di origine animale. E alla genetica, il mio grande amore.Scienza

Premetto perciò che mi violenterò il più possibile, cercando di nascondere il mio punto di vista da Dott. Frankenstein alle prime armi, e tralascerò le mie visioni personali in favore di una rubrica il più possibile neutrale.

Iniziamo.

Scienza. Già soltanto sulla grammatica di questo sostantivo si potrebbe scrivere un libro. Per tutti noi, alle scuole elementari, è stata fonte di disprezzo e di difficoltà. Conoscere, scelta, sceriffo, scettro, scena. E poi scienza, con quella maledetta “i”. A quanti non è successo almeno una volta nei primi anni di scuola di pensare: “ma scienza va con o senza i?”. Dilemma del tutto simile è quello di “coscienza”. E quell’ostilità è rimasta sedimentata in noi. Non è forse un caso che sia la coscienza che la scienza siano campi di azione tanto ostici per l’umanità (colpa forse di quella “i”?).

Ma, come si suol dire, prendiamo il toro per le corna, e cerchiamo un modo per approcciarci al mondo, scientifico e non.  Come per ogni cosa nella vita, prima di cominciare serve sempre qualche libretto d’istruzioni, qualche regola, o anche solo un po’ di buonsenso. Anche in questo caso vale lo stesso paradigma.

Innanzitutto l’estremismo non è contemplato. Gli scienziati, o aspiranti tali, non possono essere degni di portare tale nome se sono vittime dell’integralismo di pensiero. Semplicemente perché la scienza è in continuo divenire, in evoluzione. L’integralista cerca un aspetto del mondo e lo eleva a verità assoluta; è un po’ come osservare una goccia d’acqua e pretendere che questa non muti, non confluisca in fiumi, in mari, non venga bevuta, non evapori, e non ghiacci. L’integralista vede solo la sua goccia d’acqua, e pretende che il resto del mondo sia costituito solo di gocce d’acqua. La scienza invece è come la molecola dell’acqua, non è mai ferma. Scorre, cambia, si trasforma.

La seconda regola, la più difficile per l’essere umano, è la regola aurea dell’informazione. Esprimere il proprio pensiero è un diritto, ma è anche un dovere e un’arma. Esprimere un pensiero basato su credenze, paure, notizie false o infondate, prive di ogni prova scientifica, ha un peso sull’umanità. L’avvento della democrazia ha portato tanti grandi passi avanti, e anche qualche scoria. Tra queste, l’idea che l’opinione sia un diritto democratico, privo di alcun dovere, e di pari importanza a prescindere dal ruolo e dalle conoscenze personali. Per intenderci: la classica scenetta esilarante dei signori in pensione che danno consigli ai tecnici nelle strade su come asfaltare, riparare tubature, costruire marciapiedi. Magari tra quegli stessi pensionati è effettivamente presente un ex lavoratore dell’ ANAS, ma la sua opinione in merito ai lavori del manto stradale potrà avere la stessa importanza di quella di un ex calciatore, un ex maestro di scuola elementare e un ex professore di veterinaria? Chiaramente no. In quell’ambito la sua opinione è la più credibile, supportata da esperienza e casistiche susseguitesi in quarant’anni di lavoro. Il grosso problema è, ahimè, proprio a questo livello: nella scienza, così come nella vita quotidiana, non prestiamo attenzione alle fonti. L’opinione pubblica dà ugual peso all’opinione di un politico, di un giudice, di un avvocato, di un giornalista, di uno scienziato, di un comico. Anche se tale opinione esula dal campo d’azione della persona che la esprime. L’opinione ha una sua responsabilità. Le parole possono ferire in modi infiniti: un giudizio può ferire una singola persona, o a volte uccidere un popolo intero. L’aria “La calunnia è un venticello”, contenuta nell’opera “il Barbiere di Siviglia” di Rossini, è perfetta per spiegare l’effetto boomerang di una falsa notizia, di un’opinione infondata, di una credenza infondata: “La calunnia è un venticello/Un’auretta assai gentile/Che insensibile sottile/Leggermente dolcemente/Incomincia a sussurrar./Piano piano terra terra/Sotto voce sibillando/Va scorrendo, va ronzando,/Nelle orecchie della gente/S’introduce destramente,/E le teste ed i cervelli/Fa stordire e fa gonfiar./Dalla bocca fuori uscendo/Lo schiamazzo va crescendo:/Prende forza a poco a poco,/Scorre già di loco in loco,/Sembra il tuono, la tempesta/Che nel sen della foresta,/Va fischiando, brontolando,/E ti fa d’orror gelar./Alla fin trabocca, e scoppia,/Si propaga si raddoppia/E produce un’esplosione/Come un colpo di cannone,/Un tremuoto, un temporale,/Un tumulto generale/Che fa l’aria rimbombar./E il meschino calunniato/Avvilito, calpestato/Sotto il pubblico flagello/Per gran sorte va a crepar.” E così, una persona crea dieci, cento, mille, un milione di opinioni, che influiscono sull’opinione pubblica. I casi sono tanti, e i risvolti talvolta agghiaccianti: dagli stermini di massa al “morbo della mucca pazza”, dall’influenza suina a Stamina. Il peggior nemico della scienza (e più in generale della realtà) è l’opinione irresponsabile, la fotografia decontestualizzata, l’articolo giornalistico scritto di pancia e non di cervello. La sfida maggiore della scienza ai giorni nostri sarà di sapersi vendere all’opinione pubblica, nel senso letterale del termine: trovare un linguaggio adatto per farsi apprezzare da tutti, vendere i propri concetti al grande pubblico.

Intanto tutti noi, aspiranti Dott. Frankenstein e non, potremmo aiutarla in questa battaglia, pesando ogni parola, accompagnando una responsabilità ad ogni pensiero, esprimendo un’opinione solo dopo un’attenta opera di informazione. Nella scienza ci vuole sempre la “i”, la “i” di intelligenza.

Martina Zappaterra

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