«NOTTE E NEBBIA»: SABBIUNO 1944

Sono i primi giorni dell’agosto del 1945 quando decine di cadaveri in avanzato stato di decomposizione vengono rinvenute tra i calanchi delle colline di Sabbiuno di Paderno, nel bolognese. La notizia si diffonde velocemente e conferma il peggiore dei sospetti: sono i corpi di partigiani giustiziati, in momenti diversi, nel dicembre del 1944. A rendere possibile il ritrovamento di quei morti è stato un altro partigiano, Bruno Tura, scampato alle esecuzioni dell’inverno precedente solo perché deportato in campo di concentramento; liberato all’indomani della fine della guerra, Tura indicherà il luogo di quelle stragi; da allora inizierà un triste e continuo pellegrinaggio di padri, madri, fratelli e sorelle ai quali toccherà riconoscere i corpi dei propri cari che, fino a quel momento, si sperava fossero lontani ma ancora vivi.Tutto ebbe inizio dalla serie di rastrellamenti messi in atto da nazisti e fascisti a partire dal 5 dicembre 1944 e capaci di mettere a dura prova l’intera organizzazione della Resistenza sul territorio: quasi 250 persone vennero prelevate, in particolare ad Anzola dell’Emilia e ad Amola di Piano (San Giovanni in Persiceto), portate dapprima nelle sedi delle SS a Bologna e da lì al carcere di San Giovanni in Monte.

Era questa l’attuazione di un’azione anti-partigiana: un’opera di “normalizzazione” portata avanti nel bolognese dal generale tedesco Von Senger. Nazisti e fascisti, potendo evidentemente contare su una fitta rete di spionaggio, andarono a colpo sicuro: ne sono prova non solo l’elevato numero di partigiani catturati in quei giorni, ma anche i nomi di spicco dei prigionieri. Non sorprende che questo fu per la Resistenza bolognese un colpo durissimo da superare.

Dante Drusiani e Vincenzo ToffanoResta difficile ricostruire con esattezza i passaggi che portarono all’eccidio di Sabbiuno. Le esecuzioni vennero compiute in due giorni distinti: il 14 e il 23 dicembre 1944. Nel primo gruppo rientrarono i partigiani più noti e ritenuti maggiormente pericolosi, tra cui Dante Drusiani «Tempesta», Vincenzo Toffano «Terremoto» e Adolfo Fantini «Volpe». Tuttavia, non è del tutto chiaro il criterio con cui vennero scelti i partigiani da giustiziare: dei molti rastrellati nel dicembre 1944 e incarcerati a San Giovanni in Monte solo una parte venne infatti destinata alla sorte di Sabbiuno; nei giorni precedenti e successivi alle due stragi, altri vennero invece mandati al campo di concentramento di Mauthausen-Gusen; altri ancora scarcerati per mancanza di prove. D’altra parte, tra i cadaveri rinvenuti nell’agosto 1945, alcuni erano di partigiani mai transitati per San Giovanni in Monte, di altri non è noto se ebbero realmente un ruolo nella Resistenza. Il riconoscimento dei corpi fu reso possibile non solo grazie alle famiglie dei caduti, ma anche dal rinvenimento della cosiddetta «Lista Fortunati» (Agostino Fortunati era il questore fascista di Bologna nel dicembre 1944) in cui comparivano i nomi di 47 dei partigiani trovati morti a Sabbiuno.

L’intera operazione passò per lo più sotto silenzio. Il «Resto del Carlino», che era direttamente controllato dai tedeschi, non fece alcun accenno agli episodi. L’intento era quello dichiarato di evitare contraccolpi da parte dell’opinione pubblica rispetto ad esecuzioni che causavano decine e decine di vittime. Anche questa strategia del silenzio non era casuale, ma rientrava in un piano più generale, già messo in atto in altri paesi europei e che rispondeva al decreto dal nome indicativo «Notte e nebbia» del generale Keitel, capo del comando supremo di Hitler: i nemici dovevano essere giustiziati immediatamente o internati, in entrambi i casi senza dare notizie alle famiglie lasciate così in un’angosciosa incertezza. Questo spiega il motivo per cui il ritrovamento dei cadaveri a Sabbiuno, sebbene alcune notizie fossero nel frattempo trapelate, fu per tanti bolognesi un vero trauma.

Per un approfondimento di queste vicende si veda A. Preti (1994) Sabbiuno di Paderno. Dicembre 1944. Bologna: University Press Bologna.

Nella foto: Dante Drusiani «Tempesta», Vincenzo Toffano «Terremoto».

Beatrice Collina

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