UN LIBRO PER TE: CANCRO.

NATALIA GINZBURG, LESSICO FAMIGLIARE

di Rosalba Granata

«Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie! Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava: – Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate  potacci! Sbrodeghezzi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire. Diceva: – Voialtri non sapete stare a tavola! Non siete gente da portare nei loghi! E diceva: – Voialtri che fate tanti sbrodeghezzi, se foste una table d’hôte in Inghilterra, vi manderebbero subito via. Aveva, dell’Inghilterra, la piú alta stima. Trovava che era, nel mondo, il piú grande esempio di civiltà. Soleva commentare, a pranzo, le persone che aveva visto nella giornata. Era molto severo nei suoi giudizi, e dava dello stupido a tutti. Uno stupido era, per lui, «un sempio». – M’è sembrato un bel sempio, – diceva, commentando  qualche  sua  nuova  conoscenza.»  (Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, Incipit)

Il romanzo più celebre di Natalia Ginzburg si apre con la figura del padre e il suo carattere distintivo: il lessico brusco e originale. Il libro racconta infatti dall’interno la vita quotidiana della famiglia Levi, è la figlia che dipana il filo della memoria e delinea un ritratto dei componenti affettuosamente umoristico.

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