Una comunicazione aperta a più possibilità, il narrare o rappresentare con immagini, una comunicazione che consenta di trasferire significati, di interrogarsi e far riflettere senza costringere a svelare una difficoltà non ancora superata, costituisce un mediatore che accompagna la nostra storia fin dalle origini.
I racconti mitologici, le fiabe, i romanzi, i suoni, le immagini non si limitano all’incuriosire e a divertire, ma ricoprono da sempre anche una fondamentale funzione educativa.
La Repubblica ateniese curava, fin dal quinto secolo avanti Cristo, la messa in scena di opere teatrali e, offrendole gratuitamente, ne promuoveva la partecipazione dei cittadini.
«Tragedia è mimesi di un’azione seria e compiuta in se stessa la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare l’animo da siffatte passioni».(1)Continue reading →
Nella letteratura greca antica, principalmente nell’epica omerica, i cibi hanno una funzione particolare, detta tipizzante. Essi, come gli epiteti che contraddistinguono i diversi individui – eroi, dèi e dee, re e regine e esseri mostruosi -, contribuiscono a designare in modo specifico le personalità.
Tuttavia, rispetto agli epiteti che circoscrivono in modo individuale un personaggio, come ‘pie’veloce’detto di Achille, ‘domatore di cavalli’di Ettore e ‘bella chioma’di Elena, facendo riferimento a caratteristiche specifiche del suo carattere, della sua storia o dell’aspetto, la dieta è tipizzante a un livello più generale, in parte potremmo dire sociale, in parte per ruoli. Questo significa che personaggi appartenenti a una medesima classe sociale, o ricoprenti gli stessi ruoli all’interno dell’epica letteraria, consumano o sono accostati agli stessi cibi e questi non si mescolano fra loro. Ciò significa che gli dèi gustano solo nettare e ambrosia mentre gli eroi si nutrono solo di carni arrostite e i personaggi mostruosi e violenti solo carni crude. E’ questa la prima distinzione delle diete che vediamo compiersi all’interno dei poemi omerici e che continuerà a connotare i caratteri dei personaggi nella letteratura greca successiva e non solo.
Consideriamo a titolo esemplare l’omofagia, ossia il mangiare carne cruda, considerata una qualità non umana. Il caso più eclatante nell’Odissea è rappresentato da Polifemo, il quale divora numerosi compagni di Odisseo senza cucinarli in alcun modo, e sicuramente questo atteggiamento enfatizza la brutalità e la violenza del ciclope, mostro con un solo occhio figlio di Poseidone. Altresì il divorare carne cruda caratterizzava i riti in onore di Dioniso, dio fra le altre cose della sfrenatezza. Durante questi rituali gli iniziati ai misteri dionisiaci, completamente fuori di sé e in preda a un grande furore, facevano pezzi con ferocia animali della taglia di una capra o di una pecora (atto detto in greco sparagmòs) e ne mangiavano i brandelli di carne cruda, tutto questo a imitazione dell’uccisione e dello smembramento di Dioniso a opera dei crudeli e violenti Titani, che poi ne mangiarono le membra. Il carattere spiccatamente selvaggio e ferino accostato all’omofagia persiste nella letteratura greca e latina, giungendo fino a noi nelle piùdiverse saghe di esseri mostruosi e sanguinari, come licantropi e streghe (per quanto riguarda i latini, si pensi reciprocamente al Satyricon di Petronio e alle Metamorfosi di Apuleio), che proprio nel mondo greco acquisiscono le loro fondamentali e immutate caratteristiche (tuttavia è bene precisare che la connotazione selvatica e non umana del consumo di carne cruda è trasversale a moltissime culture).