EDITORIALE – I SENSI PROFONDI DEL REALE

L’11/03/2016 è stata una data importante per Metro-Polis: l’occasione per tornare a parlare di arte, per gettare l’occhio curioso in quella dimensione meravigliosa fatta di regole e fantasia. In questo Aperitivo a Tema è stato nostro ospite Ottorino Tonelli: nato a Carrara nel ’48, ha frequentato l’Accademia di Pittura di Firenze dove si è diplomato nel 1970; la prima mostra personale è stata proprio a Carrara nel 1974, ad essa ne sono seguite altre in città come Sarzana, La Spezia, Trieste, Firenze, Heidelberg, Ingolstadt, Norimberga e Bologna, dove, al Museo Bargellini, è presente una sua scultura citata in ‹‹Storia dell’arte del ‘900, Generazione anni Quaranta›› di G. Di Genova.

11935088_897513693701048_720180138800936833_nAsciutto ed evocativo, Ottorino Tonelli ci ha narrato le proprie opere, mostrandocele sia in video, sia dal vivo; conducendoci così alle soglie di un mistero semplice e profondo: gli oggetti scarni della sua scultura, privi di fronzoli retorici, schietti, immediatamente vivi nella loro solidità. Sono barche, colline, rocce e mare; appartengono a un lessico quotidiano, a quella dimensione dell’esperienza in cui tutti siamo immersi. Oggetti all’apparenza ingenui che rappresentano altri oggetti dalla fruibilità continua. Già si profila una poetica metatestuale che preferisco però non seguire per il timore di tradire quell’autoporsi terreno degli oggetti di Tonelli, quella schiettezza dei materiali che si fa verità. Pietra e ceramica si carezzano, legno e marmo danzano nelle mani dell’artista per riposare nella scultura; è, questa, una scultura che ci si pone davanti come realtà della terra. Così, la casa, gli alberi, le nuvole e le montagne si fanno progressivamente archetipi primordiali; gli oggetti sprofondano in una dimensione interiore in cui tutti ci riconosciamo: sono i ‹‹paesaggi›› stravaganti in cui ritroviamo noi stessi, tra identificazione e catarsi.
Nel montare e narrare una scultura davanti ai nostri occhi, Tonelli si è soffermato a illustrarci uno spazio vuoto, tra la forma di una nuvola e la parete di una montagna, indugiando sull’importanza di quello spazio e sull’interesse provato per quel vuoto. Ne sono rimasto colpito e affascinato: in un’arte così fisica come la scultura, così piena, così tesa all’occupare uno spazio dotandosi di una struttura, è il vuoto l’accento su cui l’artista ha lavorato. Un buco, uno spazio, un luogo di non materia voluto, cercato e in un qualche modo esso stesso costruito  attraverso la scultura che lo circonda. Siamo in un terreno di confine, in cui gli opposti si plasmano con i medesimi strumenti, in cui le mani di Tonelli sono pienamente libere, autenticamente creatrici.

946756_897512193701198_2510603240947183215_nSempre in questa dimensione del confine possiamo inscrivere un’ulteriore e importante porzione della produzione artistica di Tonelli, ovvero le finestre. Leggiamo in ‹‹I sensi profondi del reale››, l’articolo introduttivo a questo Aperitivo a Tema scritto da Patrizia Arcesilai e Rosalba Granata, una splendida citazione, talmente potente ed efficace che voglio riproporla anche qui: ‹‹Per anni ho raccolto dai bidoni delle immondizie vecchie finestre. Questi oggetti-aperture i cui vetri costituiscono un labile diaframma fra l’interno e l’esterno, fra il privato e il mondo; alle quali tante persone si sono affacciate per vedere se piove o c’è il sole. Affacciarsi per attendere o sperare, per desiderare o temere. Per vedere un paesaggio che è sempre lo stesso, ma che è sempre diverso, perché quel che si vede lo si rivede sempre attraverso il nostro stato d’animo, i nostri sentimenti, il nostro modo d’essere o di voler essere. Paesaggi mentali? Di fantasia? Di verità? Di vanità? Di libertà?››.1 Le stesse parole di Tonelli ci conducono nel limite rappresentato dalla finestra: una terra di nessuno la cui identità è il confine stesso, in cui ciò che è cede il passo a ciò che potrebbe essere, un luogo-non-luogo che si apre e ci si apre. Affacciarsi a queste finestre significa vivere il limite, fare esperienza di quel ‹‹diaframma›› che nel dividere ricompone; un’esperienza fisica e mentale, in cui corporeità e immaginazione si fanno specchi e si riflettono l’una nell’altra.

10399453_897512267034524_8513381788720505320_nQuesta serata a Metro-Polis ci ha regalato un’opportunità rara e gustosa: l’esperienza della visione, del guardare ampio, pieno e fecondo di chi fa arte e di chi la recepisce; ci ha allenato a guardare gli oggetti nel processo del loro divenire e ci ha educato alla non banalità insita in ciò che ci si da. Così Metro-Polis, proprio come una delle sculture di Ottorino Tonelli, si è fatta casa, un luogo intimo ma aperto per una comunità in divenire, quella dimora in cui ogni incontro è un dono.

Mattia Macchiavelli

NOTE

  1.  O. Tonelli, Volgere uno sguardo, da Terraviva N1 2001

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