ALTRI MONDI – SCORPIONE: IL GIGANTE SEPOLTO

di Rosalba Granata

Il gigante sepolto è il libro fantasy di Kazuo Ishiguro, premio Nobel per la letteratura 2017.

Lo scrittore ha il Sole in Scorpione (congiunto a Saturno) e anche Venere nel segno.

«Nei suoi romanzi di grande forza emotiva ha scoperto l’abisso sottostante il nostro senso di connessione con il mondo». La motivazione del Nobel ci rimanda decisamente ai valori dello Scorpione.

Ishiguro afferma:

«Più passa il tempo più mi rendo conto di scrivere principalmente per rappresentare e condividere le mie emozioni. Ma i sentimenti quando sono autentici non sono mai semplici. Confinano tra di loro, a volte si confondono l’uno con l’altro. È questa complessità a renderci umani, ed è questa umanità che cerco di esprimere nei miei libri».

«Diversi secoli or sono, sul suolo verdeggiante di Gran Bretagna dove il mitico Re Artù portò la pace tra bretoni e sassoni e dove la tranquillità perdura…» (Il Gigante sepolto, Incipit)

Una nebbia fitta avvolge l’antica Britannia. È una nebbia che confonde e cancella i ricordi. In questa terra regna ormai da tempo, seppure precaria, la pace di re Artù. Sassoni e britanni convivono, sembrano aver dimenticato le ragioni che li avevano portati a odiarsi e a combattersi.

Axl e Beatrice partono dal loro povero villaggio. Si mettono in viaggio alla ricerca del figlio e durante il cammino affiorano, in modo confuso e contradditorio, i ricordi della lunga vita trascorsa insieme, ricordi bellissimi e profondi dolori.

Il viaggio è ricco di incontri, di scoperte. Un inquietante barcaiolo carontiano che traghetta coppie verso un’isola misteriosa, crudeli orchi che attaccano villaggi e inoltre elfi, folletti, draghi, guaritori, monaci infidi, e infine un anziano cavaliere, Ser Galvano, nipote di Artù, con il suo ronzino Orazio, fedele compagno di tante avventure.

L’atmosfera, ipnotica e onirica, oscilla tra il fiabesco e il mistery.

Lo scrittore torna quindi ancora una volta sul tema del viaggio come scoperta di se stessi, ma è presente anche un livello più politico. Britanni e sassoni, cristiani e pagani: è un mondo di divisioni terribili e profonde. Allegoria del nostro presente lacerato.

Il tema portante, il ruolo della memoria, viene affrontato in chiave insolita e problematica.

Solitamente si attribuisce un valore esclusivamente positivo all’atto del ricordare, qui lo scrittore pone invece domande che valgono sia per gli affetti privati che per la Storia.

La memoria, per l’uomo, è sempre un elemento positivo? Si può rinunciare a essa per evitare odi e rancori? L’oblio può essere un incantesimo benefico? Può l’oblio far sì che stragi e tradimenti del passato non chiamino altro sangue?

In varie interviste e conferenze Ishiguro è tornato con diverse sfumature e diversi esempi del presente su questi interrogativi e sulle tematiche della Memoria e del Perdono.

«Parto sempre da un’idea rapida e astratta. Qui ho pensato a un gruppo di persone afflitte da un male incombente sulla loro memoria e costrette a decidere se recuperarla o no. Forse una società che rammenta troppo non esce dalle guerre. Lo stesso pericolo pesa sui rapporti personali. Spesso l’oblio di zone negative sostiene una relazione»

Ma al tempo stesso affiora il dubbio: è davvero un solido amore quello che si basa sull’oblio? E per un popolo può essere una pace solida quella fondata sull’oblio?

«Le leggende di Artù sono state solo un altro modo per comporre la mia storia. Cercavo un territorio in cui due gruppi etnici, i sassoni e britanni, coesistessero come in Bosnia o in Ruanda. Una situazione dove una convivenza pacifica protrattasi a lungo avesse all’improvviso ceduto il passo alle violenze più atroci. In Bosnia si è voluto ricordare al popolo quanto era successo nella seconda guerra mondiale tra le due fazioni del paese, mentre con Tito era stato cancellato. Ma quella pace non era vera, poiché non basata su un autentico perdono. Se obblighi a dimenticare, la rabbia resta sottopelle.»

Gli è stato anche chiesto se sia d’accordo con Susan Sontag(1) che riteneva che la memoria sia fatta di ciò che accettiamo di ricordare e talvolta, per rendere possibile una riconciliazione, bisogna accordarsi sulla necessità di dimenticare.

Lo scrittore ha allora affermato: «A volte dimenticare è la scelta migliore perché mette fine ai desideri di vendetta e alla violenza che ne consegue, e questo tanto nei rapporti personali che in quelli collettivi: basterebbe pensare alla questione palestinese o, più vicino a casa mia, alla situazione dell’Irlanda. È proprio vero che a volte non può esserci alcun reale progresso finché non si decide di abbandonare al passato qualcosa di doloroso; ma quanto si può andare avanti facendo finta che questo qualcosa non sia mai accaduto?

Se il gigante è stato sepolto ma non ucciso, prima poi potrebbe risvegliarsi»

Nel romanzo i vuoti di memoria collettiva sono provocati dall’alito avvolgente del drago femmina Querig.

Bisogna uccidere il drago o proteggerlo?

Molti personaggi sono alle prese con questo dilemma. Alcuni vorrebbero annientarlo perché sia fatta giustizia dei torti perpetrati in passato, altri vorrebbero lasciare tutto com’è.

Ser Galvano, unico cavaliere sopravvissuto tra quelli della mitica Tavola Rotonda, si vanta di avere combattuto i più temibili nemici, e afferma categoricamente che la sua ultima nobile missione è quella della eliminazione del drago.

Ma Galvano vuole davvero uccidere il drago? Nonostante le sue parole roboanti ha lasciato passare decenni senza battere un colpo.

Ishiguro nella seconda parte del libro ha dato grande rilievo a questo personaggio. Gli ha addirittura dato una voce propria, facendolo parlare in prima persona.

«Ho sentito l’esigenza di entrare nella testa di Galvano – afferma lo scrittoreavevo in mente una figura ben precisa, quella del vecchio cavaliere solitario che continua, nonostante tutto, a difendere i valori di un mondo ormai finito. È l’eroe al tramonto.»

Ishiguro usa il genere fantasy per costruire un romanzo complesso, ambizioso e ricco di sfumature. Ci pone domande piuttosto che offrire risposte.

Per molti è il romanzo meno riuscito della sua produzione. Per me è stata una lettura avvincente e affascinante. Nelle intense pagine conclusive mi sono commossa come non mi capitava da tempo.

Note

  1. Scrittrice e filosofa statunitense. Premio Gerusalemme 2001. Nel discorso di accettazione si chiedeva «Che cosa intendiamo, per esempio con la parola pace? Intendiamo forse assenza di conflitto? Oblio? Perdono?» Sontag, soprattutto nei suoi saggi, ha inteso lo scrivere come impegno per la tolleranza e la comprensione. Ha affermato le sue idee sulla pace anche nella travagliata terra d’Israele. «Accetto il premio in nome della pace e della riconciliazione tra comunità ferite e impaurite. Una pace necessaria.»

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