Un flusso ininterrotto. Una lucida disperazione. Un’isola, sita ovviamente al largo del Maine, piccola e silenziosa, popolata da un continuo brusio. Lo scricchiolio del dubbio. Un’allucinante confessione… Tutto questo è solo un accenno, solo un ammiccare distratto, all’universo di tenebra che si spalanca in questa strana opera di Stephen King. Lasciati da parte surrealismi, alieni e soprannaturale, la psicotica penna di Portland si concentra questa volta sulla tragedia umana e personale di una famiglia, o meglio di una donna. Dolores Claiborne, anziana yankee, burbera e rompiscatole, scontrosa ed irascibile, schietta e provocatoria, ci racconta la sua storia e lo fa in una centrale di polizia, davanti ad un paio di agenti, una stenografa ed un registratore. «Giuro davanti a Dio che ho sempre saputo che Vera Donovan sarebbe stata la mia rovina, l’ho sempre saputo dalla prima volta che l’ho vista. E guardate cos’ha fatto, guardate un po’ che cos’ha fatto quella stronza vigliacca».
Vera, ricchissima vedova dal tetro cuore di ghiaccio, ormai incapace di badare a sé stessa viveva chiusa nella sua enorme casa assistita da Dolores, fino ad una sospetta caduta dalle scale che l’ha rimandata al creatore. L’accusa di omicidio fa da pretesto narrativo per rispolverare ben più che rinsecchiti scheletri nell’armadio. «Lo sanno tutti a Little Tall e probabilmente lo sa anche una buona metà di quelli di Jonesport, al di là dello stretto. È solo che nessuno ha potuto provarlo». Cosa successe dunque in quel giorno di trent’anni prima, all’ombra profonda di un’eclissi totale di sole, in quest’isola che diviene metafora dell’inconscio, quando Joe St. George venne trovato morto in una buca? La risposta viene sussurrata da una voce, che scorre quasi nevrotica, spezzata solo di rado da interventi narrativi dei presenti nella sala interrogatori. Si scopre, mano a mano, l’oscuro calderone di una vita scossa da violenza e disperazione il cui solco ha segnato e continua a segnare, profondo e indelebile, un’intera generazione. Un thriller drammatico e profondo è questo romanzo di King, che non si risparmia di toccare corde che scuotono il pianoforte scordato della morale di tutti i giorni, incapace di cogliere le sfumature necessarie. Giusto e sbagliato, necessità e dolore. Perché «certe volte», sbottonano le labbra di Dolores, «certe volte fare la carogna è la sola cosa che resta da fare ad una donna». Una donna forte, inespugnabile, ha percorso la sua vita nascosta sotto la scorza dura di una pelle indurita dagli anni di lavoro e soprusi e ora crolla, esasperata, raccontando finalmente ciò che ha tenuto nascosto per tutta la vita. Quella stessa vita che per lei è stata una discesa a più riprese nelle terre desolate dell’inferno che “non è un posto dove vieni gettato di botto, no. L’inferno vero ti avvolge lento e imperterrito come una corda di lenzuola invernali bagnate”. La lucida forza emotiva che emerge da queste pagine atterrisce il lettore e lo interroga sulle scelte e i percorsi di tutti noi. Un racconto emozionante dunque, ben illustrato anche dalla pellicola di Taylor Hackford che sceglie come titolo l’evento che sconvolge le vicende per poi sedimentarsi nel cuore e nel silenzio della protagonista: L’ultima eclissi.
Francesco Colombrita