Domenica 18 Dicembre alle 19,30 presso il Centro Socio Ricreativo Culturale Stella avrà luogo la Cena di Beneficenza di Metro-Polis con lo scopo di raccogliere fondi da destinare a un progetto nelle zone terremotate. Per l’occasione Francesco Colombrita ha scelto di inserire nella sua rubrica Appetizer Books un invito alla lettura di Tutti i figli di Dio danzano di Haruki Murakami. Un libro che ci catapulta nell’instabilità delle vite delle persone che sono state colpite dal terremoto o che lo hanno vissuto da vicino. Un’occasione per riflettere sul futuro e sul tempo che scorre anche di fronte alla devastazione.
Laura Comitogianni
Vite in qualche modo interrotte, sospese su fili distratti, afferrate in un istante preciso, e poi lasciate andare. Incontri bizzarri sulla via della fuga da sé stessi, che si imprimono al punto di poter cambiare tutta la strada percorsa e che ancora ci attende. La consegna di uno strano pacchetto; gli intensi sospiri delle fiamme tra i tizzoni umidi della legna portata dal mare; un inseguimento verso la tenebra del desiderio di riconciliazione. Questi sono solo alcuni dei petali di tarassaco che Murakami soffia tra pagine leggere e volatili di questi suoi racconti. Affrescati tutti sulla medesima roccia, questi sei personaggi in cerca di pace tremano confusi ed irrequieti alle scosse violentissime del catastrofico terremoto di Kobe del 1995. Nessuno di loro è stato graffiato dagli artigli della letargica faglia di Nojima, eppure in qualche modo devono fare i conti con la terra che ha tremato.
Riuscirà Ranocchio a salvare Tokio? Quale strana malia ha intessuto la trama dei passi che portano Satsuki al cospetto di un’anziana sciamana quasi onnisciente? Come sempre l’inconscio scivola, intrinseco, dalla penna leggera dell’autore di La fine del mondo e il paese delle meraviglie, che sullo stesso binario pretende di far emergere quelle che sono le indefinite paure della nostra mente. «Il vero terrore» dopotutto «è quello che gli uomini provano per la loro immaginazione». Spalancato l’abisso della distruzione, l’uomo inerte e congelato assiste, rifugge, sogna le tremende ombre che ogni giorno reprime lontano, ma che l’ineluttabile e imprevedibile devastazione schiaccia contro l’occhio sempre vigile della mente. Nulla si ferma, eppure tutto è cambiato, lasciati indietro dal tempo, dalle macerie, risparmiati dalla fine per assistere alla rovina gli uomini tornano a ricostruire l’apparente stabilità delle loro vite. Non occorre essere stati direttamente colpiti, tanto è forte l’immagine stessa anche se appena sussurrata, perché qualcosa si incrini nella coscienza. Costretti a fermarci non rimane che riflettere sulle strade che percorreremo, da quel momento in poi…
Francesco Colombrita
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