Vi voglio raccontare di quella che ormai ricordo come l’Odissea del libro perduto.
Da quando avevo conosciuto Lusa, passavo puntualmente a salutarlo in biblioteca. A volte perché riportavo un libro preso in prestito, altre perché avevo voglia di fare due chiacchiere. In fondo, non conoscevo quasi nessuno, e lui, lentamente, stava diventando il mio primo e migliore amico.
Ma torniamo al libro perduto. Era un mercoledì d’autunno. La prima settimana di novembre, per l’esattezza. Fuori era già buio e io uscii dal lavoro verso le 17. Entrai in biblioteca un’oretta dopo, non molto prima dell’orario di chiusura.
«Ciao carissimo!» lo salutai.
«Ciao!» ricambiò, mostrando tutta la sua gioia nel vedermi.
«Ti ho riportato il libro e stavolta non puoi dire che sono in ritardo!».
«Dallo al mio collega» mi disse, concentrando nuovamente la sua attenzione sullo schermo del computer che aveva davanti. «Ora ho da fare».
Appoggiai il libro sulla scrivania accanto, poi tornai da Lusa. La sua concentrazione mi aveva incuriosito.
«Che succede?».
«Sto lavorando al computer» rispose, descrivendo le sue azioni.
«Sì, lo vedo… intendo dire, qual è il problema? Perché sei così concentrato?».
«Tu con poche parole intendi tutto questo? Certo che sei strano!» commentò Lusa.
“Sarei io quello strano?”, pensai fra me e me, sorridendo.
«Sto controllando i libri presi in prestito il mese scorso e qui c’è una persona che non l’ha ancora consegnato. Mi è sfuggito. Ora le telefono».
«Dai, ma fallo domani! Ormai la biblioteca chiude, cosa vuoi che sia un giorno di ritardo?».
«No!» si scaldò subito Lusa. «La regola dice trenta giorni e così devono essere. Se vuole prorogare, allora deve telefonare ed informare».
E mentre mi spiegava, stava già componendo il numero della persona ritardataria.
Lo osservai divertito dalla sua rigidità e mi chiesi come sarebbe stata la sua vita senza nessuna regola. Libera? Non credo, perché non avrebbe avuto nessun limite, nessun confine con cui percepire la sua stessa realtà. Senza regole, come avrebbe saputo a che ora alzarsi, a che ora mangiare o come comportarsi? Probabilmente sarebbe diventato come un animale, guidato solo da istinti e sensazioni.
«Non risponde!» sbuffò Lusa, seccato, dopo aver provato almeno cinque volte. «Ci riprovo».
«È inutile» gli dissi.
«Come fai a saperlo?».
«Se non c’è allora non sarà in casa, oppure non può rispondere».
Lusa non capì. Lui, infatti non si aspettava nulla dalla mancata risposta. Per lui era un semplice dato di fatto, ed ogni nuova telefonata che faceva poteva portare un esito diverso, perché ogni attimo era nuovo e vero quanto il precedente.
«Fidati, non c’è nessuno in casa. Richiama domani».
Lusa si illuminò in volto. Quando qualcuno gli diceva di fidarsi, allora lui si fidava. I sentimenti e le emozioni che provava le viveva sempre all’ennesima potenza, con grande intensità, siccome non aveva la possibilità di dubitarne.
«Ok, mi fido. Non c’è nessuno in casa. Ma non richiamerò domani» dichiarò.
«Come? Non richiami più?».
«Non ho detto questo».
«Allora cosa farai?».
«Andrò a cercare questa persona fino a che non la trovo. La scadenza è oggi. Significa che da domani mattina il libro è disponibile al prestito».
Era la prima volta che vedevo Lusa così deciso. Mi colpì immensamente, per questo scelsi di dargli fiducia.
«Non ho niente da fare, se vuoi ti accompagno» gli proposi, ignaro di quanto stavamo per affrontare.
«Sì, lo voglio» mi rispose, prendendo sempre alla lettera le mie frasi.
Poi si alzò dalla sedia e subito si avviò all’uscita.
«Ehi, aspetta! Ma non avverti che vai via prima?».
«Non vado via prima! Piuttosto sto per fare degli straordinari» mi rispose, tranquillo.
«Spiegati meglio».
«Andare a recuperare questo libro è lavoro. E visto che vado in trasferta è uno straordinario».
La sua spiegazione, pur nella sua assurdità, aveva una logica impeccabile. Mi limitai quindi a sorridergli e a seguirlo.
Giunti all’esterno, domandai: «Dove dobbiamo andare?».
«Ho l’indirizzo, andiamo lì».
«Ma se telefonando non c’era nessuno, credi forse che cambi qualcosa andandoci di persona?».
«Sì» rispose Lusa, semplicemente.
La sua schiettezza mi mise a tacere, così mi continuai a seguirlo, curioso e divertito.
Prendemmo la mia macchina e raggiungemmo in fretta l’indirizzo. L’andata era stata rapida, ma ancora non sapevo che al ritorno ci avrebbe atteso una vera e propria Odissea!
Francesco Tarud