ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO – TERRA DEI FEACI

Ogni giorno andai a trovare Lusa.

E ogni giorno, Lusa si sorprendeva della mia visita, guadagnandone in umore e di conseguenza in salute. La sua ripresa, infatti, fu rapida, rallentata solo da Claudia, l’infermiera.

Nonostante i medici fossero dell’idea di poter dimettere il paziente, la donna si oppose con tutte le sue forze. Disse che c’era bisogno di riposo, che era necessario tenere sotto osservazione Lusa, finché non avessero avuto la certezza della sua guarigione.

Ovviamente, capimmo tutti, tranne Lusa stesso, che il vero malato non era lui, ormai, ma Claudia, malata d’amore per il mio amico.

Ogni volta che arrivavo al reparto, venivo aggiornato dai medici e dagli altri infermieri sulle condizioni della donna, piuttosto che sulla situazione di Lusa! Continue reading

ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO – CALIPSO

L’ambulanza arrivò in pochi minuti. Le strade deserte, nel cuore della notte, favorirono il suo arrivo.

Lusa piangeva, lo sguardo annebbiato, tremante. Cercava di fissarmi, di ricevere una risposta. Nei suoi occhi lessi la sua domanda, il suo “perché?”. E lui dovette leggere la mia ignoranza: non avevo una risposta, non sapevo per quale motivo un essere umano doveva arrivare a compiere un gesto simile, solo per aver perso la pazienza.

Piangevo insieme a lui, disperato, incapace di reagire. Tenevo il cellulare ancora in mano, incurante del sangue che l’aveva sporcato. E aspettavo. Aspettavo il peggio, temevo il peggio, prefiguravo la fine di tutto!

E anche all’arrivo dell’ambulanza provai terrore. Temevo fosse troppo tardi. I film, le storie e i racconti mi facevano immaginare lo scenario peggiore. Continue reading

L’ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO – SCILLA E CARIDDI

Eravamo ormai a pochi isolati dal B&B, quando da un vicolo spuntarono due figure. Il primo era alto, magro, capelli lunghi, con un gilet di pelle e dita lunghe e scheletriche, con unghie affilate. L’altro, invece, era il suo opposto, basso, grasso, quasi rotondo – praticamente una circonferenza perfetta – con un giubbotto verde militare e una pelata lucida come una palla da biliardo.

Sarei scoppiato a ridere pensando a una strana coppia, a Stanlio e Ollio notturni, se non fosse stato per il passo minaccioso con cui si stavano avvicinando. Non erano, infatti, come i due comici, ma sembravano più due mostri, come Scilla, colei che dilania, e Cariddi, colei che risucchia.

Il più alto, Scilla, digrignava i denti, mordendosi il labbro, staccandosi pellicine dalle dita. Alla cintura aveva un coltello decisamente affilato. Continue reading

L’ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO – LE SIRENE

Io, Lusa e i quattro ragazzi stavamo spingendo l’auto nel cuore della notte.

Gli altri ridevano, scherzavano e cantavano nel cuore della notte, mentre io ero l’unico a vedere la situazione per come stava: eravamo senza macchina, alle quattro e mezza del mattino a più di un’ora a piedi dalla nostra meta, senza nemmeno un soldo per un taxi.

«Potete fare un po’ di silenzio!» sbottai a un certo punto, seccato.

Tutti mi guardarono stupiti.
Il ragazzo tedesco mi guardò con un sorriso sornione. Poi intonò una nuova canzone nella sua lingua. Dal rossore sempre più acceso delle sue guance e dalla risata facile che lo scuoteva, intuii che le parole del suo canto non dovevano essere adatte alle orecchie di tutti.

Rassegnato all’idea, domandai a Roberto, l’amico di Lusa: «Quanto manca per questo meccanico?» Continue reading

L’ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO – REGNO DEI MORTI

«Siamo finalmente in macchina. Ora mi dici dove dobbiamo andare?»
«Santa Maria del Soccorso!» rispose Lusa con tono trionfale.
«Così mi fai cascare le braccia.»
«Con una frase posso far cadere le braccia?»
«No, no, è solo un modo di dire, lascia perdere…» intervenni, vedendo la sua solita espressione di incomprensione.
«Partiamo?»
«Puoi darmi un’indicazione più precisa? Che strada devo prendere? In che direzione devo andare?»
«Qui» rispose, mostrandomi un foglietto.

Sul pezzo di carta era disegnata un’orribile cartina, tracciata a biro, con mano incerta. Le rette, che indicavano le diverse strade, avanzavano tremolanti sul foglio. Accanto a ogni riga, poi, una scrittura nervosa aveva indicato i nomi delle strade. Infine, una grossa freccia indicava un punto ben preciso. Continue reading

L’ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO: LESTRIGONI

«Allora?» domandai subito a Lusa, appena rientrati in macchina. «Cosa c’è scritto nel biglietto?».
«S. Maria del soccorso».
«Come?».
«C’è scritto “S. Maria del soccorso” tutto in stampatello».
«Sì, ok, non volevo sapere com’è scritto, volevo solo che lo ripetessi».
«S. Maria del soccorso» ripeté Lusa, diligentemente.
Sospirai. «D’accordo, grazie».
«Prego». Mi sorrise, prima di chiedere: «Andiamo?».
«Dove?».
«S. Maria del soccorso». Continue reading

LUSA – L’ODISSEA DEL LIBRO PERDUTO: EOLO

Lusa era ancora svenuto. L’avevo sdraiato nei sedili posteriori dell’auto, mentre pensavo a un luogo in cui andare per farlo riprendere. Ipotizzai di andare al pronto soccorso, ma, in fondo, non stava così male: era solo una sbronza.
Potevo portarlo a casa mia, ma farlo avrebbe significato interrompere la ricerca della misteriosa ragazza, Annalisa. Anche io – dovetti ammetterlo a me stesso – mi ero ormai lasciato andare alla curiosità di scoprire e ritrovare questo libro perduto.
Mentre pensavo, una conversazione tra due dipendenti del locale, a pochi metri dalla mia macchina, mi colpì.

«Certo che tua sorella è proprio carina» commentò il primo, aspirando a fondo dalla propria sigaretta.
«Non è il tuo tipo» sentenziò il secondo, un ragazzo alto e robusto, con un tatuaggio sul collo.
«Che ne sai? Sembra una ragazza acqua e sapone, davvero semplice».
«Senti, attento a quello che dici, è pur sempre mia sorella». Continue reading

LUSA – L’odissea del libro perduto: laguna blu

Io e Lusa ci dirigemmo verso il locale Laguna Blu. Me ne avevano parlato bene. Una sorta di disco-pub: musica, cocktails, un’ampia pista da ballo e, d’estate, un giardino fornito anche di piscina.

Non sapevo cosa aspettarmi dalla visita al locale. Innanzitutto mi chiedevo come avremmo fatto a riconoscere Annalisa. Io non l’avevo mai vista e per quanto provassi a chiedere a Lusa che faccia avesse, continuavo a non ricevere risposta. Infatti liquidava le mie domande con una semplice parola: «Privacy».
Era inutile insistere, per cui mi arresi, concentrandomi sulla guida. Non avendo un navigatore, ci volle più tempo del previsto per raggiungere la Laguna Blu. Era già buio ed era ormai passata l’ora di cena quando arrivammo all’esterno del locale.

Già dall’interno della macchina il suono della musica filtrava oltre i finestrini. E già mi immaginavo un bel mal di testa.
Lusa, però, non si fece minimamente intimorire. Sempre sorridente, uscì dalla macchina e si diresse verso l’ingresso. Dovetti inseguirlo per raggiungerlo e fermarlo.

«Aspetta! Mettiamoci d’accordo».
«Su cosa?» mi chiese, perplesso.
«Là dentro ci sarà moltissima gente e una gran confusione. Con la musica, poi, sarà difficile parlare».
«Come fai a saperlo?».
«Lo so e basta» risposi, non avendo la pazienza di spiegare a Lusa che in un locale di quel genere, visto anche il gran numero di auto parcheggiate, ci sarebbe stata una vera e propria folla di gente! «Mi raccomando, cerchiamo di restare vicini, così da non perderci».
«Va bene» rispose Lusa, tranquillo.

Mentre varcavamo la soglia avevo un brutto presentimento. Già immaginavo che quella avventura appena iniziata non sarebbe finita in fretta. Ma Lusa era così, non pensava certo alle conseguenze.

Il locale aveva luci soffuse, interrotte da brevi momenti in cui una luce blu elettrico, accesa e spenta a ritmo di musica, illuminava l’intera pista da ballo. Quest’ultima stava al centro, coperta da centinaia di coppie di piedi, pronte a pestarsi a vicenda. Intorno, numerosi tavoli rotondi, con sedie e divanetti, accoglievano fin troppi cocktail per essere solo l’inizio della serata. Nel lato destro, infine, il bar, assaltato da uomini e donne.

Lusa mi sorrise, quasi eccitato da quel mondo per lui sconosciuto. Aprì la bocca per dirmi qualcosa, ma la sua voce si perse nel frastuono.

«Cosa?» urlai. Inutilmente.

Stavamo avanzando verso la folla, quando una bodyguard ci fermò. Dopo averci squadrato con aria di sufficienza e mostrando una smorfia quasi disgustata di fronte ai nostri vestiti, ci disse, riuscendo a superare la musica: «L’ingresso costa 30 euro». E la sua mano aperta e in attesa sottolineò la sua frase.

Controvoglia, tirai fuori il portafoglio, sborsando sessanta euro. Già conoscevo, infatti, l’abitudine di Lusa di non portare soldi per le emergenze.
«Mi devi 30 euro!» gli gridai nell’orecchio.
Lusa sorrise, lasciandomi il dubbio se avesse capito oppure no.
«Andiamo a vedere se la troviamo!» mi disse, indicando la folla di gente.
Come trovare un ago in un pagliaio!, pensai, mentre seguivo Lusa in quel bagno di folla.

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LUSA – L’odissea del libro perduto: il palazzo

Io e Lusa raggiungemmo l’indirizzo in poco tempo.
«Come si chiama la persona che stiamo cercando?» domandai, mentre guardavo il citofono.
«Posso dirti solo il nome, mentre il cognome deve restare segreto, per motivi di privacy».
«Ehi, ma sono qui per aiutarti!».
«Lo so, ma la regola è questa» sentenziò Lusa.
«D’accordo, non discuto. Dimmi almeno il suo nome».
«Annalisa».
«Molto bene» dissi, immaginandomi chissà quale tipo di donna.

Nel frattempo, Lusa aveva trovato il nome sul citofono e subito, con grande insistenza, cominciò a suonare. Ovviamente non gli ho mai detto che con quel gesto mi aveva rivelato il cognome della donna!

5 - Lusa

In ogni caso, come immaginavo, nessuno rispose. D’altronde, se non rispondeva al telefono, perché avrebbe dovuto rispondere a casa?

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