Cristo si è fermato a Eboli: fantasmi dell’emigrazione italiana nel mondo

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Introduzione

Ancora oggi, la letteratura viene erroneamente percepita come una dimensione astratta, distante, difficilmente assimilabile alla complessità del presente, forse poiché troppo ancorata al proprio passato o forse perché troppo appartenente alla sfera referenziale del suo autore. Questa rubrica vuole ricordare come una macrocategoria ampissima e multidimensionale quale la letteratura possa essere nuovamente rivisitata come chiave del contemporaneo, come strumento privilegiato per creare molteplici ponti tra passato e presente, generando riflessioni utili per muoversi con dimestichezza e con maggiore consapevolezza nella complessità della società contemporanea.

Un romanzo un pò antiquato come Cristo si è fermato ad Eboli, pietra miliare di Carlo Levi, pubblicato da Einaudi nel 1945 e ormai dimenticato nelle antologie scolastiche o in fondo ai ripiani delle nostre librerie, rappresenta un chiaro esempio di come esista ancora oggi moltissimo di attuale nella letteratura, tracciando vecchi e nuovi universali riconducibili alle problematiche odierne.

I nuclei tematici di questo libro sono numerosi tra cui l’interdizione della libertà di parola e pensiero, le stupefacenti differenze tra nord e sud, la scoperta di culture incomprensibili e l’oscura presenza (o meglio assenza) dell’emigrazione italiana nel mondo. Ecco che il punto di partenza sarà proprio il fenomeno migratorio; come sfondo del villaggio fantasma di Gagliano, arroccato sui colli argillosi della Lucania del 1934, letteralmente svuotato dei suoi uomini emigrati all’estero, in parallelo con un’Italia contemporanea in crisi e che perde sempre più giovani, proprio come il secolo precedente.

Emigrazione: un pò di numeri

Tradizionalmente, l’Italia è considerata il prototipo di “terra di emigranti” per eccellenza. Milioni di italiani, infatti, hanno abbandonato il proprio paese, specialmente tra la fine del XIX secolo alla Prima guerra mondiale, per poi riprendere a partire nel Secondo dopoguerra fino agli anni ‘70 e ricominciare alle soglie degli anni 2000.

Oggigiorno, gli italiani nel mondo costituiscono un gruppo etnico significativamente importante, non solo da una prospettiva strettamente numerica ma soprattutto da un punto di vista socioculturale, economico e politico. A metà dello scorso anno, i cittadini italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) risultano 4.408.640, ripartiti prevalentemente tra Europa (54,3%), America settentrionale (9,1%) e meridionale (30,9%), e Oceania (5,4%). Il numero complessivo di cittadini italiani residenti all’estero, che rappresenta oggi quasi il 7% della popolazione italiana residente in Italia, è aumentato di oltre 2.000.000 unità rispetto a soli dieci anni fa; un dato che sembra essere correlato a fenomeni storici quali trasformazioni sociali e culturali precisi di cui quello più rilevante sembra essere la crisi economica degli anni Duemila.

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Le nuove ondate migratorie italiane degli ultimi decenni rappresentano dinamiche molto diverse rispetto al passato; la nuova emigrazione italiana, infatti, si sovrappone quasi interamente alla cosiddetta “fuga dei cervelli”, ovvero l’espatrio di giovani altamente istruiti e professionalmente qualificati.

Secondo i dati dell’ISTAT, all’inizio degli anni 2000 il numero dei laureati italiani emigrati nel mondo erano circa 3.800; nel 2005 erano quasi 5.000 e alla fine del decennio oltre 6.200, più del doppio di dieci anni prima. Nel corso di un solo decennio sono stati quindi oltre 51.000 i laureati italiani che hanno abbandonato il nostro paese. Le statistiche confermano la tendenza delle migrazioni verso le grandi economie internazionali, così che progressivamente, molti paesi meno economicamente vincenti si stanno svuotando di moltissime menti brillanti e l’Italia sembra essere uno dei maggiori protagonisti (forse inconsapevole) di questo processo.

Secondo l’AIRE, sono più di 4 milioni i cittadini italiani distribuiti su tutto il mondo; una cifra cospicua alla quale si devono aggiungere anche gli oriundi italiani, ovvero coloro che si riconoscono etnicamente italiani per discendenza, arrivando così (secondo le stime del CEI) addirittura a 58 milioni; considerando che la popolazione italiana conta circa 60 milioni di persone possiamo affermare che tra i nostri connazionali che vivono all’estero e i loro discendenti esiste un’altra Italia al di fuori dell’Italia stessa. Continue reading