LUSA – Il primo incontro

Vi racconterò innanzitutto del mio primo incontro con Lusa. Era un imprecisato giorno di primavera. Le giornate si stavano facendo più calde, gli alberi più verdi e i prati più fioriti. Mi ero appena trasferito in città per lavoro e, dopo giorni dedicati a sistemarmi, avevo finalmente un giorno a disposizione per fare un giro in città.
Da appassionato lettore, mi diressi subito verso la biblioteca del quartiere. Avevo finito i libri da leggere e, volendo risparmiare (il trasloco costa!), decisi di prenderne a prestito un paio.
Entrai in quell’edificio così grigio e quadrato, del tutto impersonale, domandandomi chi vi entrasse, se non lettori incalliti come me o studenti alla ricerca di qualche introvabile libro da studiare. Raggiunsi rapidamente gli scaffali e cominciai a scorrere le copertine, i titoli, alla ricerca di qualcosa che catturasse la mia attenzione. Ne sfogliai almeno tre prima di incontrarlo.
«L’hai riposto male».
La voce che mi parlò, limpida e squillante (da tenore, senza ombra di dubbio), mi fece sobbalzare. Mi voltai, e per la prima volta incontrai il suo sguardo.
Provando un leggero fastidio per l’interruzione dalla mia ricerca e per lo spavento che mi aveva fatto prendere, decisi di ignorarlo. Alzai le spalle e continuai a sfogliare il libro che tenevo in mano.
Con estrema tranquillità, Lusa ripeté: «Hai riposto male il libro».
Seccato, feci un passo a destra, per allontanarmi.
Una terza volta, Lusa mi disse: «Hai riposto male il libro».
Dalla sua voce non traspariva nessuna impazienza, nemmeno una punta di nervosismo. Allora non lo sapevo, ma avrei poi scoperto che la sua insistenza non era dovuta alla speranza o all’attesa di una mia reazione, ma, semplicemente, dal suo volere una mia risposta. Risposta che, alla terza volta, arrivò.
«Senti, sistemalo tu, se proprio ci tieni!» gli risposi alzando leggermente la voce, superando il tono da sussurro usato in biblioteca.
«Non si parla ad alta voce» mi ammonì.
Poi, prima ancora che potessi reagire, si voltò a sistemare quel libro spostato di due spazi dalla sua corretta posizione.
Cominciando ad innervosirmi, però, chiusi il volume che avevo tra le mani e dedicai tutta la mia attenzione a Lusa. «Senti, come ti permetti di trattarmi come un bambino?».
Non capendo, mi mostrò la sua faccia più buffa, contraendo il naso e allargando le narici. A quell’espressione non riuscii a trattenermi e gli risi in faccia. Fu una di quelle risate di pancia, spontanee e naturali.
E, senza accorgermene, il mio dito indice si alzò a indicare, come a sottolineare quanto fosse buffa la sua faccia.
«Non si ride e non si parla ad alta voce» subito mi riprese, mostrandosi estremamente serio e ligio al suo ruolo.
La mia risata aveva attirato un secondo bibliotecario. Vedendolo, tornai improvvisamente serio. “Ecco”, pensai, “vedrai che sarò bandito dalla biblioteca”.
L’uomo che si avvicinò mi sorrise e nella maniera più cordiale possibile mi chiese: «Tutto bene?».
Ricambiando il tono cordiale risposi: «Sì, direi di sì. Mi scusi per il rumore, ma sa…».
«La sua faccia?» mi chiese quel secondo bibliotecario, indicando il volto di Lusa.
Interdetto da tanta schiettezza, rimasi fermo, senza sapere cosa rispondere.
«Non si preoccupi, non è il primo. Se andiamo nell’altra stanza, le spiego con calma» propose, mostrando col braccio la porta verso un ufficio.
A metà tra il curioso e il sospettoso, avanzai verso la stanza adiacente, mentre il bibliotecario sussurrava qualcosa a Lusa.
«Eccomi, e mi scusi per il disagio. È la prima volta nella nostra biblioteca?».
Feci segno di sì.
«Beh, si è imbattuto nella nostra celebrità!» dichiarò sorridente l’uomo.
«Chi?» domandai, sorpreso.
«Lusa» mi rispose. «O almeno è soprannominato così».
«Lu-cosa?».
«Lusa: L’Uomo Senza Aspettative».
«Mi prende in giro?».
«Assolutamente no» rispose serissimo il bibliotecario.
«Non ha aspettative?».
«Di nessun tipo».
«Ma… e… come…?».
«Com’è possibile?» chiese l’uomo al mio posto, togliendomi le parole di bocca. «In realtà non lo sappiamo. Se anche provi a chiederglielo, Lusa ti risponderà solo con quella faccia che ha già fatto ridere molte persone oltre a lei».
«Ma…» iniziai, come a voler obiettare.
«Ci sono mille “ma” su Lusa, ma nessuno è mai riuscito a trovare spiegazioni esaurienti. È così, e basta. È innocuo e fa un buon lavoro. Forse un po’ troppo pignolo, ma che ci vuole fare… nessuno è perfetto!».
Rimasi immobile e in silenzio, osservando Lusa nell’altra stanza, intento a controllare la corretta disposizione dei libri, talvolta spostandone uno o raddrizzandone un altro.

illustrazione di Sebastian Tarud

illustrazione di Sebastian Tarud

«Se vuole fargli delle domande, vada pure. Se poi dovesse avere bisogno di qualcos’altro, mi faccia sapere».
L’uomo mi lasciò solo, sorpreso, stupito e incredulo. Era probabilmente la storia più assurda che mi avessero mai raccontato, ma qualcosa nel tono dell’uomo mi aveva spinto a credere che ci fosse del vero nelle sue parole. Per fugare ogni dubbio, comunque, non mi restava che una cosa da fare: parlare con il diretto interessato.

 

Francesco Tarud

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