di Rosalba Granata
«Sulla ghiaia crescono le peonie. Spuntano in mezzo ai sassolini grigi, i boccioli esplorano l’aria come antenne di lumaca, poi si gonfiano e si aprono, grossi fiori rosso scuro lucidi e brillanti come seta. Infine scoppiano e cadono a terra.
Nell’esatto momento prima di disfarsi sono come le peonie nel giardino del signor Kinnear, il primo giorno, solo che quelle erano bianche. Nancy stava tagliando le ultime. Portava un vestitino chiaro a roselline rosa e una gonna con tre balze, e un cappello di paglia che le nascondeva la faccia. Aveva un cestino per dentro i fiori, si chinava piegando il bacino, come una vera signora, senza incurvare il busto. Quando ci sentì arrivare e si voltò a guardarci, si portò le mani alla gola, trasalendo».
Nell’incipit di L’altra Grace, di Margharet Atwood, la delicata fragilità delle peonie è accostata al momento dell’omicidio della giovane Nancy. Il punto di vista è quello di Grace Marks, ragazza di sedici anni, accusata di averla uccisa. Il romanzo prende spunto da un drammatico fatto di cronaca nera avvenuto in Canada alla metà dell’Ottocento, un omicidio efferato e in gran parte inspiegabile.
Il processo fece scalpore. Grace venne inizialmente condannata a morte poi la sentenza venne cambiata in prigione a vita. Atwood afferma di essere rimasta avvinta dalla vicenda leggendo quasi per caso il libro di Susanna Moodie scritto nel 1853 e successivamente di aver compiuto un approfondito lavoro di ricerca negli archivi canadesi.
Durante il processo Grace ammise il crimine, poi disse di aver dimenticato tutto, e quindi ne raccontò tre versioni differenti. Come rendere un personaggio così sfuggente e complesso? Sicuramente un ruolo importante per ottenere questo risultato è l’introduzione di un personaggio di fantasia, il giovane medico Simon Jordan ispirato da molti alienisti – questo era uno dei modi di chiamare i medici della mente prima della nascita della psicologia – dell’ epoca. Il suo compito è quello di appurare la verità.
Il giovane psichiatra utilizza un metodo allora insolito, le libere associazioni. Viene data così la possibilità a Grace di parlare liberamente della propria vita. Jordan resta immediatamente affascinato dalla sua bellezza(1) e dalla sua personalità complessa e inafferrabile. E, come Jordan, anche noi aspettiamo con trepidazione la nuova versione di Grace, quella che ci possa fare avvicinare alla verità. Ma ben presto ci rendiamo conto che non è la rivelazione della verità a interessare Atwood, ma il meccanismo della mente di Grace. La sua doppia identità, le sue menzogne.
E infatti quando è stato chiesto alla scrittrice se Grace secondo lei fosse colpevole o innocente ha risposto «Non lo sapremo mai. Io posso risponderle che è proprio questa ambiguità l’aspetto che mi ha affascinato. Me lo auguro ma a me interessa in particolare l’ alone di pregiudizio e di mistero che avvolgeva Grace […] L’ unica certezza che ho dopo aver studiato a lungo il caso è che nei suoi confronti c’ era un pregiudizio classista e sessista che sconfinava nell’odio».
E infatti sicuramente per Atwood Grace è paradossalmente una vittima. Povera, in una famiglia numerosa, già da bambina ha dovuto guadagnare per mantenere le sorelle minori e i vizi del padre. Una vittima in famiglia e nella società. Il libro quindi propone anche una riflessione dolorosa sulla condizione femminile dell’epoca.
Margaret Atwood è una scrittrice canadese nota anche per le sue convinzioni e attività femministe. Ha Sole in Scorpione. Credo che possa ben rappresentare l’affascinante complessità della donna scorpione, perenne guerriera, coraggiosa, temeraria e ribelle. Sempre acuta e ironica. Fortemente attirata dal mistero e dall’ignoto. E soprattutto in sintonia con il romanzo di cui abbiamo parlato è da sottolineare la componente plutonica che nel segno si esprime nello scavo sotterraneo, e, come dice Pesatori, scivola verso l’interno, si assesta nei cunicoli più inaccessibili della mente.
È necessario infatti per lo Scorpione non rimanere solo alla superficie delle cose, deve andare a fondo. Deve capire, scavare, portare luce nei luoghi dell’oscurità.
- Il testo sottolinea ripetutamente la bellezza di questa sedicenne «Era un elemento che ossessionava tutti coloro che seguivano il processo».