LUSA – L’odissea del libro perduto: Il Ciclope

Riaprii gli occhi, svegliato dal dolore pulsante sul mio zigomo sinistro. Mi sollevai, lamentandomi e portando la mano alla zona colpita. Avvertii un leggero gonfiore, ma sembrava non esserci sangue.
Appena mi accertai delle mie condizioni, mi guardai attorno.

«Ben svegliato» mi salutò un uomo con una benda sull’occhio.

«Chi…? Dove sono?» domandai, confuso.

A mani giunte, gomiti sul tavolo, l’energumeno seduto dietro la scrivania mi osservava. Era pelato, decisamente muscoloso, tanto che, attraverso il vestito era possibile seguire le forme di quel corpo scolpito.

«Qui le domande le faccio io» mi disse con grande freddezza.

Deglutii a fatica, incerto sul da farsi.

«Ti ricordi cosa è successo?».

Ripensai a quanto successo e immediatamente pensai a Lusa. «Dov’è il mio amico?» chiesi, in preda al panico.

«È lì» rispose, indicandomi un divanetto su cui giaceva il mio compagno di disavventure. «Sta bene, anche se ha bevuto un po’ troppo».

Trassi un respiro di sollievo e tentai di concentrarmi sull’uomo con la benda.

«Allora?» riprese il ciclope. «Ti ricordi cos’è successo?».
«Ecco… il mio amico ha bevuto ed è svenuto… poi ho urtato qualcuno che mi ha colpito. Dopo… dopo non ricordo nulla».
«Hai dimenticato un particolare. E vedi di non fare il furbo».

Chiusi gli occhi, nel tentativo di rievocare le immagini di quel momento, ma nessun nuovo particolare mi venne in mente.

«Mi dispiace… non ricordo».
«Vorresti fare il furbo, eh? Ma non scappi».
«Non capisco… a cosa ti riferisci?».
«Il whisky bevuto dal tuo amico ti dice niente?».

D’improvviso ricordai. «Oh, il whisky! Sì… sì! Ora ricordo».
«E quindi ricorderai che abbiamo un conto in sospeso, non è vero?».
«Io… sì, certo, ora mi ricordo, ma… ho finito i soldi pagando l’ingresso. Adesso non posso pagare…».
«E quindi? Credi forse di potertene andare via con questa scusa?».
«No, certo che no. Pagherò. Tornerò a casa a prendere altri soldi poi tornerò a…».
«Mi credi un idiota?».
«No, io non…».
«Secondo te ti lascio andare a casa a “prendere i soldi”?» mi chiede facendo il segno delle virgolette con le dita.
«Vado e torno…» provo a dire, sperando di ispirare fiducia.
«Allora mi prendi davvero per un idiota!».
«Senti… ti prego, non è mia intenzione fuggire… voglio saldare il debito, ma al momento non ho soldi. Ho solo un portafogli vuoto e una macchina…». Poi, illuminato da un pensiero aggiungo: «E una fetta di torta».
«Mi prendi in giro? Una fetta di torta? Scommetto, poi, che è una classica torta al cioccolato» commenta, storcendo il naso.
«No. Veramente è una torta al limone…».
«L-limone?» balbetta di colpo il ciclope, cambiando espressione, smettendo di tendere i muscoli.
«Sì» confermo, timoroso, non riuscendo a prevedere cosa sta per succedere.
«Ma… ma è una ciambella al limone oppure con crema al limone?».
«Crema al limone».

Il volto dell’energumeno diventa quasi infantile: gli occhi si dilatano mentre vagano tra chissà quali ricordi, un lieve sorriso sembra stendersi, mentre un filo di bava spunta ai lati della bocca, segno dell’acquolina.

Il ciclope, poi, forse accorgendosi della sua reazione, si schiarisce la voce, ricomponendosi. Poi, col tono più serio possibile, mi dice: «Vai subito a prelevare la torta».

Incredulo, resto alcuni secondi sulla sedia, prima di alzarmi lentamente, sempre tenendo d’occhio i movimenti dell’uomo. Esco, scortato da un’altra guardia del corpo, raggiungo la macchina e poi torno dentro con la fetta di torta.

Mentre la porgo all’uomo, i suoi occhi brillano di gioia autentica.

7 - Lusa

«Senti…» inizia, mentre divora con gli occhi quella prelibatezza. «Mettiamola così. Se dovessi dire chi ha ordinato quel whisky io risponderei il signor Nessuno. Siamo d’accordo?».
«S-sì…» rispondo esitante.
«Chi ha ordinato quel whisky?» mi chiede, per mettermi alla prova.
«Nessuno ha ordinato quel whisky».
«Quindi chi lo deve pagare?».
«Sempre Nessuno» rispondo acquisendo sicurezza.
«Molto bene, molto bene» commenta, passandosi la lingua sulle labbra, mentre non stacca gli occhi da quella torta.
«Ora fuori di qui. E non vi voglio rivedere più!».

Ringraziando, afferro Lusa, lo sollevo di peso ed esco dall’ufficio, mentre il ciclope solleva la torta e se la ingoia, boccone dopo boccone.

Sorrido pensando come a volte un po’ di dolcezza sciolga anche i cuori più duri.

Francesco Tarud

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