IL CARCERE PER ME

In occasione del prossimo Aperitivo a Tema di Metro-Polis, che si terrà il 19 Aprile p.v. e che avrà come oggetto IL CARCERE,  Paola Ziccone, ex direttrice del carcere minorile del Pratello di Bologna, regala al nostro Blog un articolo in cui ci racconta il suo punto di vista sugli IPM (Istituti Penali per i minorenni). Dall’esterno pensiamo spesso a queste strutture come “gattabuie”, ma se diamo uno sguardo all’interno ci accorgiamo che non è così. Gli IPM sono anche e soprattutto possibilità, opportunità, per i ragazzi che vi trascorrono un certo periodo della loro vita, di guardare avanti e capire che al di fuori c’è un orizzonte di socialità diverso da quello che, purtroppo, hanno conosciuto. Far vedere loro questo orizzonte, è un compito che spetta anche a noi.

Laura Comitogianni

 L’ ISTITUTO PENALE PER I MINORENNI

Quali sono le Finalità di un istituto penale per i minorenni (IPM)?
A cosa serve e cosa si fa all’ interno?
Sono domande che, credo, ognuno dovrebbe e potrebbe farsi perché come ogni istituzione, anche questa è al servizio di ogni cittadino, il quale contribuisce, anche economicamente, a disegnarne il volto.
Un Istituto penale per i minorenni accoglie minori tra i 14 e i 25 anni, sottoposti ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria; nasce per realizzare le finalità che, nel suo complesso normativo, il legislatore ha inteso dare, e le cui fonti, molto sinteticamente, possono essere così citate:

  • Convenzione sui Diritti del Fanciullo cd. ”Regole di Pechino”; 
  • dpr 448\88 “Disposizioni sul processo penale a carico di minorenni”, Ordinamento Penitenziario legge 354/75; 
  • Regolamento di esecuzione Dpr 230/2000; 
  • Circolare ministeriale di febbraio 2006 su “Organizzazione e gestione tecnica degli Istituti penali           minorenni”; 
  • Regolamento interno IPM Bologna.

In particolare le norme citate fanno riferimento al fatto che un IPM deve essenzialmente garantire:

  • L’ esecuzione dei provvedimenti dell’ autorità giudiziaria;
  • La garanzia del rispetto e della promozione dei diritti soggettivi (salute, istruzione, socializzazione, libertà di culto, assistenza affettiva e psicologica, usufruire di ambienti rispettosi della dignità umana e igienicamente sicuri);
  • L’ Attivazione di processi di responsabilizzazione e di promozione umana, anche attraverso l’ordinato svolgimento della vita comunitaria dei minori;
  • La Promozione del processo di cambiamento delle condizioni e degli stili di vita personali dei ragazzi ospiti

Per fare tutto questo, sarebbero necessarie molte risorse economiche ed umane, in assenza delle quali, invece, aumenta l’impegno e la dedizione ma talvolta anche la disperazione di chi si trova a lavorare nei servizi minorili.
Le professionalità impegnate direttamente e stabilmente all’interno di un IPM, con il compito di disegnare e ridisegnare progettualità per i minori, sono: educatori, agenti di Polizia Penitenziaria, assistenti sociali, psicologi.
La realizzazione delle singole progettualità, è invece affidata a operatori esterni: insegnanti, artigiani, associazioni, cooperative, volontari e, più in generale, qualunque figura e risorsa del territorio circostante sia indispensabile attivare, poiché dall’esterno questi ragazzi entrano in Istituto Penale, e all’esterno dovranno ritornare, per poter vivere in pienezza la loro vita.
D’altronde è questo un principio cardine che la legge ha stabilito, quando ha previsto la cosiddetta territorializzazione della pena: il carcere non è, né deve essere, un mondo a parte. È un luogo dove ragazzi come tutti gli altri, si trovano a passare per un certo tratto della loro vita, per circostanze spesso molteplici e complesse, e dove devono sostare: una “sosta” e un “devono” che possono diventare un’ occasione educativa, per rifare il punto della propria vita e correggere alcuni errori.

Se accompagnati, dentro e fuori dal carcere nel loro cammino, da adulti di riferimento e da persone responsabili, potranno poi riprendere la loro vita una volta usciti, con maggiore consapevolezza e pienezza.
NEWS_79660Sembra un paradosso considerare un carcere minorile una risorsa per un territorio urbano e per un centro storico. Nella prospettiva che si nutre di termini quali “sicurezza”, “ronde”, “tolleranza zero”, eccetera: un carcere, minorile o no, è un luogo che chiude dentro qualcuno, esclude dalla circolazione chi costituisce una minaccia per tante brave persone. La stragrande maggioranza delle persone, infatti, vuole e pensa esclusivamente un carcere che tenga in gatta buia, e qualche volta il bravo cittadino auspicherebbe che le chiavi fossero buttate via…

Ma chi lavora dentro il carcere e chi sta fuori, per poter produrre dei cambiamenti utili alla società è necessario che provi a “leggere” il carcere minorile come una risorsa diversa. E questa prova, che facciamo come esercizio di pensiero, è fatta, nonostante tutto e tutti, da chi opera “dentro” quotidianamente.
Il carcere minorile può essere un laboratorio civile, dove persone più deboli, e che a volte si sono inventate o sono state investite di un ruolo minaccioso per tentare di non essere deboli, hanno la possibilità di pensarsi diversamente.
Non è, la nostra, la visione permissiva e compassionevole. Tutt’altro. È esigente. Perché quella possibilità non venga considerata un’idea astratta collegata ad un atteggiamento di condiscendenza complice nei confronti di minori che hanno sbagliato seriamente, proviamo a metterne in luce le componenti:

• un contorno sociale chiaro per ciò che riguarda la legalità e che interrompa il flusso di quella che non a caso è chiamata “illegalità diffusa”;
• una credibilità, che deriva anche dal punto precedente;
• una domanda esigente e non giudicante: occorre esigere che un o una minore capisca che ci si aspetta da lui o da lei un cambiamento, e che “senta” che lo o la si considera una valore.

Ciascuno di noi ha bisogno di una “rete sociale”. Un o una minore non deve guardare indietro, dove non trova – nella sua vita – una rete sociale, o la trova ma fatta di illegalità, o la trova ma debole e rotta; deve poter guardare avanti: e vedere un contorno sociale giusto, credibile, esigente.

In questo senso, il carcere minorile è risorsa. Non lo è automaticamente.

Dipende da noi.

Paola Ziccone

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