– “Ciao, sono Martina.”
– “Ciao Martina.”
– “E sono dipendente dai telefilm”.
Ebbene sì, sono affetta da una grave forma di telefilm-dipendenza. O almeno lo ero. Già, perché ora la mia vita da pendolare-dottoranda colpita da stanchezza cronica e stakanovismo ossessivo-compulsivo limita la mia telefilm-dipendenza. Perciò, come nelle peggiori dipendenze, non ho fatto altro che sostituire l’oggetto del desiderio: dai telefilm alla scienza. E da lì a una rubrica scientifica a puntate il passo è breve. Da qui l’idea di iniziare un viaggio all’interno del lato più angosciante, eticamente inammissibile e riprovevole della scienza. Tra omicidi e ibridi antropomorfi del mese passato, questo mese ci muoviamo tra i deplorevoli ed aberranti esperimenti di massa dell’ultimo secolo, per il secondo e ultimo appuntamento sui retroscena più agghiaccianti del mondo scientifico.
Tutti conosciamo la sorte sventurata della famiglia Kennedy: gli attentati, gli incidenti aerei, le droghe e l’alcohol hanno lasciato non poche macchie nella genealogia della famiglia più amata d’America. Scomparse premature, casuali o premeditate; in un caso una scomparsa voluta dallo stesso patriarca Joseph Kennedy. Tra i tanti rami spezzati della famiglia, uno è ai più sconosciuto. Una scoria da nascondere sotto il tappeto insieme alla polvere: Rosemary Kennedy, sorella del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, e figlia di Joseph. Rimossa dalla storia con un taglio di bisturi. Creativa, esuberante, libertina. O meglio, troppo libertina per il padre. Che per non minare la carriera dei fratelli, le troncò ogni appetito sessuale ed esuberanza con una lobotomia. Rosemary è solo un’esponente di spicco delle tante vittime di questa pratica, barbaramente messa in atto tra gli anni ’40 e la fine degli anni ’70 in tutti i paesi “civilizzati”: spacciata come cura per ogni malattia e disagio psicologico, in realtà operata per spezzare la voce di chiunque lottasse per una diversità. Di pensiero. Di sessualità. Di concezione della vita. Non solo oltreoceano, ma anche più vicino a noi: la maggior parte dei manicomi lobotomizzava i pazienti, spesso appositamente dimenticati dalle famiglie. E tra i lobotomizzatori di spicco, il Dott. Walter Freeman Jr. era certamente il più conosciuto. Di tale pratica fece un’attività economica redditizia, viaggiando per gli Stati Uniti e lobotomizzando, per una lauta ricompensa, chiunque fosse condotto al suo cospetto.