APPETIZER BOOKS: LA RUOTA DENTATA – RYŪNOSUKE AKUTAGAWA

di Francesco Colombrita


Una signora che stritola con forza un fazzoletto bianco, probabilmente intriso di lacrime, mantenendo una compostezza scultorea, dei modi di ghiaccio. Solo quel gesto, fuori posto, rivela ciò che prova. Sono dettagli e particolari a mettere in moto ingranaggi sospesi nell’aria che, intravisti dalla coscienza dello scrittore, divengono opprimenti e rivelatori. I racconti di questa raccolta trovano spazio nel luogo che si crea tra l’osservatore e l’osservato, oscillando costantemente tra lo sguardo personale che influenza il mondo e il mondo stesso che opprime, schiacciandolo, l’autore. 

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APPETIZER BOOKS: LA RAGAZZA DEL CONVENIENCE STORE – MURATA SAYAKA

di Francesco Colombrita

Edito E/O, 2018, pp. 168

La vita in un konbini è meravigliosamente persistente, ripetitiva, ordinata. Le giornate si susseguono con affidabile monotonia, donando il calore del nido agli avventori abituali. La maggior parte sono aperti ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette. Vendono merendine, dolcetti, bevande, tramezzini, ramen, caffè, cioccolatini. E acqua, nei giorni molto caldi bisogna sapere che bisogna sistemare più bottigliette sugli scaffali e nei frigoriferi. 

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APPETIZER BOOKS: LA FORESTA IN FIORE – YUKIO MISHIMA

Edito da Feltrinelli, 1941, pp 182

Edito da Feltrinelli, 1941, pp 182

In un bosco di ciliegi, non lontano da qui, dove la luce dirada nubi cariche di pioggia per poi precipitare su petali infiniti; alle pendici di un monte, antico custode di un villaggio segreto, una maschera dalle maniche intrise di pianto sfoglia le pagine colorate dall’inchiostro più nero che, come un labirinto la cui mappa è nota agli uomini, rivela i più profondi significati. Racconti di pioggia distante emergono e si propagano; vocii di tempesta agitano i cuori mai aridi dei protagonisti; tratti di pennello accesi dal sole infiammano i desideri più nascosti. Continue reading

LA SCELTA: TRADIZIONE O LIBERTÀ?

Ho scritto la seguente storia grazie alle testimonianze che raccolgo ogni giorno dai miei studenti. I personaggi sono fittizzi ma tutto proviene da fatti realmente accaduti.

Il mio nome è Lin Shi Ping. Vengo da una piccola citta’ della Cina (definiamo piccola una citta’ di 1 milione di abitanti) e vivo con i miei genitori, una sorella più grande, i miei nonni, mia zia, mio zio e il mio cuginetto di 3 anni e mezzo. La nostra famiglia è davvero grande e viviamo tutti insieme. Io, in realtà, li vedo soltanto durante i finesettimana perché dal lunedì al venerdì rimango nel dormitorio della scuola. Frequento le scuole superiori e non mi piace molto studiare. In Cina il sistema educativo è diverso da quello di tutto il resto del mondo, ne sono sicura. Le mie giornate sono abbastanza monotone. Sveglia alle 6 del mattino, mi lavo il viso e mi vesto in fretta e furia. Esco e mi faccio trovare nel campo dove con tutti gli insegnanti e gli studenti della scuola cantiamo l’inno nazionale, marciamo e corriamo per 15 minuti. Alle 7.20 iniza la prima lezione. Ogni giorno studiamo le stesse materie. In storia parliamo della guerra contro il Giappone e l’insegnante ci insegna ad odiare il Giappone e i giapponesi. Il professore di geografia ci parla della Cina, mostrandoci tutti i “suoi” territori, compresi Taiwan, Hong Kong e il Tibet. Siamo costretti a studiare tutto a memoria per passare gli esami, ma la maggior parte delle volte nessuno si ricorda più nulla una volta passati. A volte vorrei tanto intervenire in classe per poter esprimere le mie idee o per imparare di più, ma in ogni classe ci sono almeno 50 studenti e nessuno deve interrompe l’insegnante, nessuno può intervenire in classe. Bisogna fare silenzio ed ascoltare quello che ci viene spiegato, prendendo appunti.

Il pomeriggio ho una pausa di circa due ore per mangiare e una mezz’ora per dormire. Mi piace leggere durante la pausa. Adoro storie fantastiche che parlano di magia, creature immaginarie, ma tutti i miei compagni di classe mi prendono in giro chiamandomi guaidan. Dopo la pausa ho lezione fino alle 5 del pomeriggio. La nostra insegnante di inglese continua a raccontarci storie orribili sull’America e sull’Europa. Dice che non abbiamo bisogno di uscire dalla Cina perché tutto quello che possiamo volere è qui. Dice che il comunismo è la miglior cosa che ci è capitata e che siamo fortunati ad essere cinesi. Che la Cina è il paese più forte, che siamo la potenza più grande al mondo e tutto è sicuro e controllato. Ci racconta dei crimini commessi all’estero e dice che tutti i paesi al di fuori dalla Cina sono pericolosi. In realtà non credo la mia insegnate possa davvero giudicare, non è mai stata all’estero. Continue reading

Il lato oscuro della scienza: parte II. Gli abomini del ‘900.

– “Ciao, sono Martina.”

– “Ciao Martina.”

– “E sono dipendente dai telefilm”.

Ebbene sì, sono affetta da una grave forma di telefilm-dipendenza. O almeno lo ero. Già, perché ora la mia vita da pendolare-dottoranda colpita da stanchezza cronica e stakanovismo ossessivo-compulsivo limita la mia telefilm-dipendenza. Perciò, come nelle peggiori dipendenze, non ho fatto altro che sostituire l’oggetto del desiderio: dai telefilm alla scienza. E da lì a una rubrica scientifica a puntate il passo è breve. Da qui l’idea di iniziare un viaggio all’interno del lato più angosciante, eticamente inammissibile e riprovevole della scienza. Tra omicidi e ibridi antropomorfi del mese passato, questo mese ci muoviamo tra i deplorevoli ed aberranti esperimenti di massa dell’ultimo secolo, per il secondo e ultimo appuntamento sui retroscena più agghiaccianti del mondo scientifico.
Tutti conosciamo la sorte sventurata della famiglia Kennedy: gli attentati, gli incidenti aerei, le droghe e l’alcohol hanno lasciato non poche macchie nella genealogia della famiglia più amata d’America. Scomparse premature, casuali o premeditate; in un caso una scomparsa voluta dallo stesso patriarca Joseph Kennedy. Tra i tanti rami spezzati della famiglia, uno è ai più sconosciuto. Una scoria da nascondere sotto il tappeto insieme alla polvere: Rosemary Kennedy, sorella del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, e figlia di Joseph. Rimossa dalla storia con un taglio di bisturi. Creativa, esuberante, libertina. O meglio, troppo libertina per il padre. Che per non minare la carriera dei fratelli, le troncò ogni appetito sessuale ed esuberanza con una lobotomia. Rosemary è solo un’esponente di spicco delle tante vittime di questa pratica, barbaramente messa in atto tra gli anni ’40 e la fine degli anni ’70 in tutti i paesi “civilizzati”: spacciata come cura per ogni malattia e disagio psicologico, in realtà operata per spezzare la voce di chiunque lottasse per una diversità. Di pensiero. Di sessualità. Di concezione della vita. Non solo oltreoceano, ma anche più vicino a noi: la maggior parte dei manicomi lobotomizzava i pazienti, spesso appositamente dimenticati dalle famiglie. E tra i lobotomizzatori di spicco, il Dott. Walter Freeman Jr. era certamente il più conosciuto. Di tale pratica fece un’attività economica redditizia, viaggiando per gli Stati Uniti e lobotomizzando, per una lauta ricompensa, chiunque fosse condotto al suo cospetto.

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