Terzo appuntamento: AGRICANTUS
di Gaetano Barchitta
Salve, pregiatissima gente di Metro Polis, scusate il lungo silenzio ma c’è stata una battuta d’arresto a causa della grave perdita di un caro amico e, vi assicuro, non è stato facile riemergere e rimettersi in carreggiata.
Veniamo a noi e alla musica ritrovata: in questo terzo appuntamento cercherò di guidarvi attraverso esperienze musicali della mia terra; vi presenterò una band siciliana di Palermo, Agricantus.
Gli Agricantus si formano a Palermo nel 1979 e si dedicano nei primi anni di vita alla riscoperta delle culture sud-americane e della fascia andina, con particolare attenzione alla Nueva Cancion Chilena da cui il gruppo erediterà l’approccio alla cultura popolare. Questa esperienza infatti induce i componenti ad occuparsi, qualche anno dopo, delle tradizioni etniche dell’Italia meridionale, riproposte, scomposte e reinventate, utilizzando tecniche esecutive e strumenti arcaici in ambientazioni moderne (soprattutto trance e ambient-music). Nascon così lavori sperimentali come Nachitabumma (1989), Agàve: Maavro (1989), Gnanzù! (1993 Spunta lu suli), Viaggiari (1995 Qanat).
Il gruppo s’impone soprattutto a partire dai primi anni Novanta, con l’arrivo della cantante svizzera Rosie Wiederkerhr, dando vita a un ensemble che comprende anche Tony Acquaviva (voci maschili, percussioni, strumenti tradizionali, tastiere, campionatori), Giuseppe Panzeca (mandolino, sitar, voce), Mario Crispi (strumenti a fiato etnici e tradizionali) e Mario Rivera (basso, voce, programmazione). Questa formazione dà vita all’ambizioso Tuareg (Comu lu ventu) e Calura (Jamila) registrati nel deserto del Mali con strumenti e musicisti nomadi (parte dei proventi del disco serviranno a finanziare innovativi programmi di scolarizzazione “nomade”). L’album, raffinato insieme di sonorità trasversali ed esotiche, si aggiudica il Premio Tenco e raggiunge il 6° posto della classifica di World Music Charts Europe. A contribuire alla magia degli Agricantus è l’incantevole canto di Rosie Wiederkehr, che trasmette alle melodie la sensualità ipnotica della passione, con vocalizzi straordinari, rubati alle donne berbere e a una tradizione musicale antichissima delle donne del Mediterraneo.
Nel 1999 viene realizzato Best of Agricantus, in licenza con l’etichetta World Class, che lo distribuisce oltre che negli Usa, anche in Canada, America del Sud, Australia e Giappone. In poche settimane il disco raggiunge la vetta delle classifiche radiofoniche americane e australiane. Merito di brani trascinanti e raffinati, da Com’u ventu (contenuto in origine anche nella compilation Canti sudati, edita da Il Manifesto) a Carizzi d’amuri, da Hala hala a Amatevi, da Occhi chi nascinu alla splendida e conclusiva Loosin.
Sempre nel 1999 esce Faiddi, una raccolta dei loro brani migliori riarrangiati e reinterpretati dal vivo, che diventa anche la colonna sonora della mostra fotografica On Their side organizzata dall’Unicef, in occasione del decimo anniversario dell’approvazione, da parte dell’Onu, della Convenzione sui diritti dell’infanzia. Intensa anche l’attività per il cinema che frutta colonne sonore di successo, da quella eccellente per Il Bagno Turco di Ferzan Ozpetek (insieme a Pivio e Aldo de Scalzi dei Trascendental), fino a I Giardini dell’Eden e Placido Rizzotto (Turnari, Spiranza, Ritornu, Tornu a casa)
Nel febbraio 2001, è la volta di Ethnosphere, ovvero due dischi distinti per due diverse visioni della vita, la spiritualità e la fisicità terrena, raccontate attraverso un viaggio, che stavolta è nelle eteree atmosfere del Tibet buddista. I sedici brani del disco, realizzati in un anno di lavoro, sono ispirati da alcuni testi composti da Tonj Acquaviva e Rosie Wiederkehr nell’ambito del progetto multimediale “Welt Labyrinth”, promosso a sostegno della battaglia per l’indipendenza del Tibet. Il primo dei due cd è composto da una serie di brani cantati in siciliano, tedesco, inglese, latino oltre a mantra tibetani imperniati in modo particolare sulla mistica e su temi spirituali. Più vicino alla consuete sonorità degli Agricantus il secondo cd, dove compaiono anche testi in spagnolo, francese, oltre al magrebino di Mellit dove l’ospite di turno è il cantante Nour Eddine.
Un’opera a 360 gradi, insomma, che arricchisce ulteriormente il repertorio degli Agricantus, integrato dal vivo anche con originali cover di Franco Battiato, Patti Smith, Sinéad O’Connor.
La nostra musica è in costante evoluzione – raccontano – è una ricerca continua di esperienze musicali che noi riusciamo a fondere in una musica senza confini e senza bandiere ma la matrice rimane ancora nella musica etnica in senso stretto, in quella dimensione trance che abbiamo trovato nelle culture nomadi e in elementi provenienti dal nostro meridione.