LE RAGIONI DEL NO: INTERVISTA A UGO MAZZA

referendumMetro-Polis, nell’interpretare la sua funzione di servizio alla cittadinanza, ha dedicato tempo, spazio ed energie al tema del referendum confermativo che si svolgerà domenica 4 dicembre. Si è cercato, nei limiti delle nostre possibilità, di entrare nel merito della riforma costituzionale e di incentivare un dibattito equilibrato in cui assegnare dignità a ogni posizione. In questo senso è da leggersi l’articolo di Beatrice Collina dal titolo ‹‹La costituzione della repubblica italiana››: un invito a calarsi nell’affascinante mondo della nostra carta costituzionale e una presentazione delle modalità con cui Metro-Polis ha deciso di approcciarsi a queste tematiche.
Abbiamo dedicato a questo referendum uno dei nostri Aperitivi a Tema, mettendo a confronto le ragioni del SÌ e quelle del NO, grazie alla generosità e alla partecipazione dei nostri ospiti Ugo Mazza e Salvatore Vassallo. Troviamo una restituzione di questo incontro in ‹‹Editoriale: Referendum Costituzionale››.
Vogliamo compiere ancora un altro passo, in questo cammino di confronto e chiarezza, intervistando due autorevoli esponenti del panorama politico e culturale bolognese, nel tentativo di toccare alcuni dei nodi cruciali del dibattito sul referendum. Ugo Mazza, già nostro ospite, a sostegno delle ragioni del NO, e Alberto De Bernardi a sostegno delle ragioni del SÌ.

Pubblichiamo l’intervista a Ugo Mazza, figura pubblica di primo piano nel panorama della sinistra bolognese, il quale ha ricoperto diversi incarichi istituzionali, tra gli altri quello di assessore comunale e consigliere regionale.

Perché votare NO a questo Referendum?

Per più ragioni:

1. la legge Renzi-Boschi è stata approvata da un Parlamento che non era più legittimato a farlo: la Corte Costituzionale ha bocciato la legge con cui è stato eletto (il porcellum) riconoscendo la fase straordinaria di “continuità dello Stato” in attesa di nuove elezioni per cui non era, secondo noi, legittimato ad approvare modifiche alla Costituzione;
2. la coalizione di maggioranza che aveva comunque vinto le elezioni si è dissolta e quella che ha approvato tali modifiche non aveva raccolto la maggioranza degli elettori italiani;
3. oltre ad essere pasticciata e contradditoria esprime la volontà di accentrare e concentrare il potere nelle mani del Governo e del Presidente del Consiglio a danno del Parlamento, mentre contraddice il principio fondamentale dell’art.1 della Costituzione visto che riconosce al Senato senza elezione diretta un potere legislativo in materie rilevanti.

Quali funzioni spetteranno al nuovo Senato?

Invito tutti a leggere l’art.70 per comprenderlo: si potrebbe istituire un premio a i più capaci e in particolare si potrebbe chiedere a Benigni, libero di scegliere come tutti, di leggerlo alla televisione per spiegarlo agli italiani.

Quali differenze intercorrono tra l’attuale bicameralismo e quello emergente dalla riforma, qualora fosse approvata?

Mi pare che in quel pasticcio la questione sostanziale sia che il Senato non vota più la fiducia al Governo e che viene sostanzialmente modificata, ma non cancellata, la “navetta” tra Camera e Senato con un sistema così confuso che anche gli esperti non concordano sulle tante modalità legislative: si dice da 6 a 10.

L’articolo 2 della riforma (Composizione ed elezione del Senato della Repubblica) prevede che i senatori scelti in seno ai consigli regionali vengano sostituiti ogni qual volta muterà la composizione del consiglio regionale in cui sono stati eletti; questo meccanismo come influirà sulla continuità del lavoro dei senatori? 

Questo è un altro elemento di quel pasticcio ma non certo il prevalente. Si darà vita a un consesso formato da alcuni rappresentanti dei partiti di maggioranza e di opposizione di ogni regione che, come i sindaci che entreranno in questa partita, non rappresenteranno le Regioni e le Autonomie in quanto tali ma il parere dei singoli partiti locali. Inoltre le regioni a Statuto Speciale restano con tutte le loro prerogative e si rafforzano: Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna aumentano il loro potere di contrattazione con lo Stato mentre le altre vengono ridimensionate nel loro potere legislativo e di governo della loro realtà, e non per logiche di “merito”. Un Paese con simili contraddizioni come può essere un Paese equilibrato?  

Nell’articolo 6 della riforma (Modifiche all’articolo 64 della Costituzione) si legge dell’aggiunta del seguente comma:
‹‹I regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari.
Il regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni››.
Attualmente i regolamenti delle Camere non garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari? Cos’è lo statuto delle opposizioni?

È un problema molto delicato perché con i sistemi maggioritari la minoranza è del tutto mortificata nella definizione dell’agenda delle assemblee elettive e nello svolgimento dei loro lavori: basta guardare a cosa succede nei consigli comunali o nelle assemblee regionali: così capiterà anche alla camera se passerà la legge Renzi-Boschi.
Lo Statuto delle opposizioni è un possibile strumento di riequilibrio di tale potere che potrà anche essere utile alla maggioranza che per prima subisce l’arroganza del Governo, come delle giunte comunali o regionali, tra l’altro neppure elette dal popolo.

Come giudica la riorganizzazione di competenze tra Stato e Regioni?

Un accentramento non condivisibile che si accompagna alla concentrazione dei poteri nel Presidente del Consiglio (Italicum articolo 2 e ballottaggio). E questo al di là dei limiti e delle diversità tra regione e regione. Il problema è l’idea di Stato accentrato che ne esce, rafforzato dall’idea che su iniziativa del Governo (notare) possa essere usata la “clausola di supremazia” per richiamare al centro un potere tra i pochi che saranno riconosciuti alle regioni.

Cosa ne pensa delle accuse di incomprensibilità rivolte alla scrittura del testo di riforma costituzionale? Le condivide?

Certamente, e penso che non sia casuale.

Se la riforma dovesse essere approvata dalle italiane e dagli italiani, come muterà la partecipazione popolare alla vita democratica del Paese?

Nella sostanza nulla perché si elevano le firme da raccogliere, in cambio di promesse. Mentre si accentrano le scelte per le grandi opere sul territorio riducendo drasticamente, fino a togliere, il diritto delle comunità locali di tutelare il proprio territorio e di pretendere interventi che rispettino l’ambiente, l’assetto idrogeologico e la salute dei cittadini. Non si apre minimamente la strada a modalità partecipative avanzate come ad esempio quelle in atto in Francia (vedi il “Dibattito pubblico” su grandi opere) o le modalità di referendum presenti in Svizzera. Inoltre questo accentramento degli interessi lobbistici al solo tavolo del governo accentuerà il loro potere senza che si inserisca in Costituzione la necessità di una legge che garantisca la trasparenza e la parità di tutti gli interessi, sociali, economici, culturali e ambientali nel procedimento legislativo: norma quanto mai necessaria a tutti i livelli istituzionali.

Mattia Macchiavelli

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