L’UOMO CHE DÀ DI BIANCO IN NERO

di Ottorino Tonelli

Non ricordo il nome del paese in cui parcheggio per necessità, per caso o per sbaglio come capita nei lunghi viaggi di trasferimento su strade secondarie, nella speranza di vedere e forse scoprire qualcosa di bello.

L’uomo che incontro, e a cui chiedo dove si trovi un bar, con l’intento di fugare ogni dubbio e ogni equivoco, afferma categoricamente che il suo paese è il più bello d’Italia, se non del mondo, aggiunge. Senza un minimo di ritegno, ben sapendo che i turisti, avvezzi a vedere e giudicare frettolosamente, vanno messi sull’avviso, quasi gridasse attenzione!… ci troviamo di fronte a… unico!… eccezionale!… meraviglioso!…

No. Il bar non c’è in questo paese.

Lo gestiva proprio lui il bar, ma l’ha chiuso da quando il paese è rimasto abitato da sole trenta persone. Oltre a lui hanno chiuso la macelleria e il forno.

Cinquantanove anni di età, tutti vissuti lì in quel paese, tiene a precisare. Un gran mazzo di chiavi in mano, telefonino, accendino e pacchetto di sigarette, canottiera bianca, qualche schizzo di tempera bianca anch’essa, anche sull’occhialetto di plastica poggiato sulla punta del naso. Non ancora pensionato. Dichiara, papale-papale di imbiancare stanze, persiane e finestre, tutto in nero.

L’uomo che dà di bianco in nero ama il suo paese. Ci vive da cinquantanove anni, torna a dire ripetutamente, ed è anche per questo che il suo paese gli piace. Gli piace perché è posto all’apice di tre province e quindi è vicino a tutto. Per giustificare il suo particolare accento dice: queste sono le Marche sporche. Lo dice con un orgoglio di cui è impossibile capacitarsi del senso. Non disdegna di allontanarsi dal suo paese per qualche gita, dice, anche se l’unica trasferta internazionale della squadra di calcio che l’appassiona se l’è persa, ma è andato a tutte le altre. Se l’è persa per ragioni economiche: ho voluto risparmiare per mantenere la figlia all’università.

L’arte e la cultura lo interessano, è anche amico di un pittore. Si propone e si impone come cicerone del paese anche se, tiene a precisare, quando va in gita o in vacanza, inesorabilmente, è sempre il primo a dire: abbiamo camminato, abbiamo visto, tutto è bello e tutto va bene, ma quando si mangia? dove si mangia? cosa si mangia?

Si, perché se po’ annà dappertutto, va bè, ma lì, al ristorante, tocca arrivà.

24 giugno 2007

NOTA: nei meandri del mio ordinateur è riaffiorato questo scritto. L’ho trovato attuale e d’auspicio, data la situazione di… confinamento? distanziamento? segregazione?

Che c’entra? Quando fra amici, parenti e conoscenti ci si dice «vediamoci», scatta l’interrogativo: la mia regione è… e la tua di che colore è?

Insomma, i colori delle regioni, siano esse gialle o rosse, hanno creato fra tutti noi un fossato. Allora ben venga un imbianchino (sia pure in nero) che dia una bella mano di bianco alle nostre regioni, perché anche noi vogliamo arrivà al ristorante in un bel fuori porta con gli amici.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.