A HONFLEUR

di Ottorino Tonelli

«La ridente cittadina di Honfleur vicino alla foce della Senna è un vero gioiello rimasto quasi immutato nel tempo e che conserva tutto il fascino dei porti di mare. Lasciatevi sedurre da Honfleur, città di pittori…», recita la pubblicità.

Come non condividere il suadente invito e rimanere sedotti da quella luce atlantica che vivifica i colori delle case, del mare, delle barche, di tutto. E perché non visitare qualche galleria d’arte, anche se purtroppo non espongono che quadri raffiguranti sempre il solito paesaggio marino, nient’altro che “cartoline” tradotte in pittura a olio, sia pure con qualche schematizzazione formale e qualche esaltazione coloristica che dicono essere “creatività”.

Una galleria, invece, ha in mostra una collettiva di quadri più che interessanti. Galleria in un edificio storico, vicino al porticciolo, con un parquet di quercia, quel legno incapace di consumarsi ma che acquisisce la stupefacente patina del tempo. Anche la scala a chiocciola, a pianta più ellittica che circolare, è di quercia; il corrimano quasi un’opera scultorea. Il piano terra ha però il pavimento in lieve pendenza. La scala che porta al primo piano ricorda la torre di Pisa per la pendenza ora da un lato, ora dell’altro. Il pavimento del primo piano è ancora più inclinato.

Al secondo piano, più inclinato ancora, vi è la personale del pittore Bernard Buffet, un artista pressoché sconosciuto in Italia ma molto noto in Francia. Nei suoi quadri non è rilevante il colore quanto il disegno, sempre evidenziato da linee nere molto marcate. Vi predominano rette orizzontali e verticali di cartesiana applicazione, a dispetto del pavimento ora in discesa, ora in salita a seconda di come lo si percorra.

In pittura raramente si evidenzia il disegno perché sono i margini dei colori a determinare la forma; il disegno è lo stadio preliminare di un quadro (o un genere a sé stante) che normalmente viene fagocitato dal colore (gli Espressionisti del disegno marcato ne hanno fatto largo uso per esprimere drammaticità: ma Bernard Buffet è tutt’altro che Espressionista).

Insomma, muoversi sul pavimento fortemente inclinato e osservare tutte quelle linee rette, perfettamente orizzontali e perfettamente verticali… l’equilibrio e la mente tentennano. Suscita una sensazione di vacua estraniazione, anche perché, a poche centinaia di metri, nella casa natìa di Erik Satie, in una stanza vuota, un pianoforte bianco muove i suoi tasti senza che nessuno li sfiori e suona «Trois morceaux en forme de poire». Tre brani in forma di pera!

Satie scrisse:

«La vecchia casa, rintanata in un angolo del bosco è mal dipinta, mal disegnata, e, soprattutto, molto scomoda. Vi son riposti dei rastrelli, alcune vanghe, degli annaffiatoi e un vecchio giardiniere.

I nostri paesaggisti si rifiutano di riprodurre le caratteristiche della vecchia casa, dei suoi rastrelli, delle sue vanghe, del suo annaffiatoio e del suo vecchio giardiniere.

Roba da imbrattatele».

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