INTERVISTA A LUCA PASTORE

Metro-Polis nasce con l’intento di aggregare, di mettere insieme, di far dialogare persone, realtà e istanze diverse; di più, questa manifesta volontà viene assunta dalla nostra associazione quale pilastro fondatore delle proprie attività, tanto che abbiamo voluto in un qualche modo istituzionalizzarlo all’interno del nostro statuto, annoverando tra gli scopi del nostro agire quanto segue: ‹‹Costruire una reale Rete di Relazioni umane, facendo di Metro-Polis un ponte tra persone, generazioni, generi, sessi, cittadini, etc…››.
Costruire una simile rete non sempre è risultato semplice: c’è molto sospetto nei confronti di un’associazione neonata come la nostra, vi sono idoli burocratici a cui pagare ingenerosi tributi e, molto più semplicemente, non tutte le realtà associative condividono la nostra voglia di incontro e confronto. Ma Metro-Polis è incontro, è rete ed è ponte. In poco più di due fecondi anni di attività abbiamo ospitato (e siamo stati ospitati da) diverse persone, associazioni e realtà a noi affini ma portatrici di un’inesauribile e bella diversità. Essere una rete, farsi centro decentrato di relazioni, non sarà semplice ma nel momento in cui avviene si dischiudono veri e propri scrigni di meraviglia: vedersi, toccarsi e ascoltarsi sono gli impulsi propulsivi di ogni tipo di crescita.

Volendo testimoniare una volta di più quanto Metro-Polis creda in questa sua architrave associativa, abbiamo voluto ripercorrere i nostri Aperitivi a Tema, intervistando gli ospiti che hanno deciso di donarci il loro tempo e le loro energie. Le interviste sono frutto di un vero e proprio lavoro collettivo svolto dai membri della redazione del blog di Metro-Polis.
Questo mese abbiamo intervistato Luca Pastore, autore de La vetrina infranta. La violenza politica a Bologna negli anni del terrorismo rosso, 1974-1979 nostro primo ospite per l’omonimo Aperitivo a Tema del 24/07/2013: un incontro incentrato sulla presentazione di questo testo ma soprattutto un momento di importante riflessione storica e consapevolezza civica.
Ringrazio Luca Pastore per la sempre rinnovata disponibilità a dialogare con Metro-Polis e auguro a tutti voi buona lettura!

Mattia Macchiavelli

Intervista a Luca Pastore autore de La vetrina infranta. La violenza politica a Bologna negli anni del terrorismo rosso, 1974-1979, Bologna, Pendragon, 2013. 

Cover Pastore prove:Layout 1Come è nata l’idea per questo libro e come nasce la tua ricerca?

Ogni anno l’Ordine dei giornalisti e l’Associazione stampa dell’Emilia Romagna ricordano la figura di Graziella Fava, domestica rimasta uccisa il 13 marzo 1979 a causa di un attentato incendiario contro la sede dell’Associazione stampa, allora collocata in via San Giorgio a Bologna. Graziella Fava lavorava nell’appartamento al piano superiore e, allarmata dall’incendio, uscì sul pianerottolo, morendo soffocata a causa del fumo dopo aver fatto pochi metri. Per approfondire il contesto storico e la dinamica di quell’episodio, l’Ordine dei giornalisti istituì una borsa di studio e tramite il Dipartimento di Storia dell’Università di Bologna mi venne affidato l’incarico di svolgere la ricerca, avendo già trattato temi quali la violenza di matrice politica. Ho ritenuto che non fosse sufficiente limitare il mio lavoro all’azione specifica che portò alla morte di Graziella Fava, ma che occorresse allargare il campo di indagine ricostruendo l’escalation di azioni riferibili all’estremismo politico a partire dal 1974, anno dell’uccisione ad Argelato del brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini ad opera di alcuni giovani autonomi, fino al 1979, anno in cui la violenza politica in Italia e a Bologna tocca uno dei suoi apici.

Perché hai deciso di intitolare il libro La vetrina infranta?

All’epoca Bologna era considerata il modello del buon governo del Partito comunista italiano, una vera e propria “città vetrina” dal punto di vista della coesione sociale, delle opportunità culturali e della partecipazione democratica. La violenza politica della seconda metà degli anni Settanta contribuì a incrinare quell’immagine sia tra i bolognesi sia a livello nazionale. Soprattutto l’uccisione dello studente Francesco Lorusso, ad opera di un uomo delle forze dell’ordine l’11 marzo 1977, causò una profonda frattura non solo tra la sinistra extra-parlamentare bolognese (di cui Lorusso faceva parte) e il Pci, ma anche nella coscienza civile di una città che fino a quel momento aveva assistito con un certo distacco ai fermenti che attraversavano larga parte del mondo giovanile e delle università italiane. In seguito, i giovani decisi a contestare la “Bologna borghese” e le istituzioni spesso diedero forma alla loro protesta distruggendo le vetrine dei negozi nelle vie del centro. Per tanti osservatori, quelle distruzioni materiali rappresentarono anche il declino di un modello di governo e di partecipazione.

Quanto tempo hai impiegato per trovare tutto il materiale necessario? Hai avuto difficoltà nella fase di reperimento dei documenti? Se sì, quali?

Ricerca e stesura del testo hanno richiesto un anno di lavoro. Le difficoltà principali hanno riguardato il reperimento della documentazione giudiziaria relativa ai casi trattati nel testo. Occorreva inoltre maneggiare con cautela il contenuto relativo alle vicende giudiziarie di privati cittadini. Al contrario, una grande agevolazione è stata quella di poter consultare periodici e quotidiani presso l’Istituto Parri di Bologna dove lavoro.

Oltre alla ricerca documentaria per scrivere il libro, hai anche avuto la possibilità di intervistare alcuni dei protagonisti delle vicende di quegli anni?

La parte delle interviste è stata seguita da Claudio Santini, ex giornalista de Il Resto del Carlino in rappresentanza dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna. Santini ha riportato le ricostruzioni offerte da esponenti politici, uomini delle forze dell’ordine, testimoni e di Maurice Bignami, membro bolognese di primo piano della formazione terroristica Prima linea.

Quali sono i punti di forza del libro secondo te?

Nella fase di ricerca ho notato la mancanza di un lavoro organico sulla violenza politica a Bologna negli anni Settanta. Il volume offre un contributo in tal senso, rafforzato dalla presenza di una dettagliata cronologia degli eventi, anche di quelli che non hanno lasciato tracce profonde nella memoria collettiva.

Quale accoglienza ha avuto il tuo libro? 

L’accoglienza è stata variegata: agli attestati di stima si sono affiancati anche pareri critici e letture condizionate dalle appartenenze politiche dell’epoca. Nelle presentazioni pubbliche il libro ha comunque suscitato interesse e dibattito tra i presenti: la materia divide ancora e stimola prese di posizioni anche radicali.

Come storico, pensi siano necessari ulteriori approfondimenti su quella stagione?

Indubbiamente sì. Molto è stato scritto su protagonisti e promotori della violenza politica, sulle vittime e sulla classe dirigente che si trovò a gestire la stagione degli anni di piombo. Tuttavia occorre ancora prendere di petto la questione della cosiddetta “zona grigia”, ossia quegli strati della società che appoggiarono silenziosamente e in vario modo il percorso dei terroristi. Il caso di Graziella Fava è emblematico: i terroristi che appiccarono l’incendio che causò la sua morte non sono mai stati individuati, protetti da una impenetrabile omertà.

Luca, tu chi sei?

Mi guida la curiosità per le vicende del passato, alcune sono ormai dimenticate, altre continuano a condizionare la nostra identità collettiva. Cerco di ricostruire episodi e dinamiche che possono contribuire alla comprensione del nostro presente.

La Redazione

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