Breve riflessione sul concetto di ‘Storia’

Se definissimo la storiografia come narrazione-descrizione della storia e poi la storia come l’insieme delle imprese compiute dagli uomini nel corso del tempo, commetteremmo un’imperdonabile errore, quello di ritenere che possa esistere una storia indipendentemente dal suo racconto, vale a dire che la storia si dia oggettivamente anche senza nessuno a testimoniarla e a narrarla. E’ questa tuttavia una tendenza comune, trasmessaci dalla presunta oggettività grigia e apatica di molte opere storiche degli ultimi duecento anni, peggio ancora quando si tratta di manuali scolastici, cui siamo abituati: la storia come un macigno alle nostre spalle, concreto e pesante, con una sua verità ormai già data per assodata, inconfutabile e indubitabile di questi tempi.

History-of-the-World

E’ questa una delle pesanti quanto pericolose eredità della cultura positivista, che fra i molti meriti ha anche il pesante vizio della classificazione, scordandosi che non a tutte le discipline sono dati oggetti di studio quantificabili, dunque inquadrabili una volta per tutte. 

Niente, infatti, potrebbe essere più lontano di questo da ciò che, fin dal suo sorgere, si è inteso e ancora, fra chi se ne occupa con coscienza, si intende con storia.
Il termine storia, infatti, viene direttamente dalla lingua greca, in cui si espresse la prima riflessione occidentale sul passato dell’uomo, e in essa historìe significa in prima istanza ‘ricerca’, più precisamente una ricerca per la conoscenza, essendo la medesima radice del verbo oida, ‘conoscere’; historìe è infatti lo stesso termine utilizzato da Talete e dagli altri filosofi ionici per designare quei loro primi sforzi di pensare autonomamente e criticamente in contrasto con il patrimonio mitologico e tradizionale con cui si erano sempre spiegati i fenomeni naturali. In questo senso la storia si costituisce come un’indagine volta a riflettere il passato dell’uomo, sondando cause e conseguenze, ripercorrendo controcorrente il corso del tempo e sfondando l’incontestabile trasmissione, spesso confusa e contrastante, degli eventi da parte della tradizione. E’ così che nei primi storici greci – che è la stessa cosa di storiografi – assistiamo a una ricerca sul passato che è una indagine razionale sui rapporti di causa-effetto, dunque una contestazione della tradizione, e che allo stesso tempo si dà – cosa non meno importante – nella forma di racconto. La dimensione dell’esposizione è infatti fondamentale laddove si devono testimoniare fatti storici (divenuti tali da semplici eventi che erano proprio grazie alla ricerca) attraverso un’argomentazione che ne ripercorra le cause e, così facendo, ne ri-vivifichi l’immagine. Ecco un altro punto importante cui adempie la narrazione storica: la visualizzazione davanti agli occhi del lettore. Le parole dello storico devono infatti essere capaci di tratteggiare nella mente di chi vi si accosta, come il pennello di un pittore, i contorni della battaglia, le armature dei soldati, il riflesso delle spade, in una parola l’immagine – in movimento, come quella di un film – dell’oggetto del suo racconto. Per questo la storia non può fare a meno della parola, non può fare a meno del racconto: perché è solo attraverso essa che si ricostruisce nel lettore/uditore l’indagine che egli, lo storico, ha condotto, nelle forme di una narrazione che visivamente mostri il susseguirsi dei rapporti causa-effetto, dunque dell’argomentazione, frutto dell’indagine alla ricerca della verità. Questo non sfugge agli storici greci, da Ecateo di Mileto, fino a Polibio, passando per Erodoto, Tucidide e i meno noti Eforo e Teopompo. Prendiamo a esempio quello che è forse il più celebre, o quantomeno il più caro a chi scrive, cioè il proemio alle Storie di Erodoto:

 

Questa è l’esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci che dai barbari, non diventino prive di gloria; in particolare egli ricerca per quale ragione essi combatterono fra loro.

(Erodoto, Storie, I 1.)

 

L’esposizione di una ricerca, per l’appunto, ma di chi? Di Erodoto. La parole che leggiamo sono la sua voce che racconta, ben diverso dalla monolitica, quanto inesistente e pretestuosa, oggettività cui siamo, ahimè, abituati a affidarci. Con il proprio nome e l’indicazione del proprio lavoro, con la prima persona, che Erodoto, come gli altri storici greci, userà per tutta l’opera, c’è una presa di responsabilità umana nei confronti degli altri uomini cui ci si appresta a raccontare la propria indagine, la propria conquista del vero, al di là di ciò che indistintamente ci consegna la memoria comune, la tradizione indiscussa.. Questo non è questione di relativizzazione, è questione di metodo. La storia è sempre de voce. La separazione fra il ‘racconto storico’ e il suo contenuto di ‘fatti storici’ è del tutto indebita.

 

Diego Baroncini

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