IN VIAGGIO – NEL PALAZZO DELLE ILLUSIONI

di Rosalba Granata

Il Mago Atlante, per proteggere Ruggero e tenerlo lontano da Bradamante, ha creato un’immensa magia: un palazzo nel quale prendono forma le illusioni.
Chi arriva in questo luogo vede materializzarsi ciò che desidera maggiormente.

E allora Orlando, che ha cercato Angelica ovunque, in Francia, Italia, Germania, vede un cavaliere che rapisce una fanciulla, e gli pare proprio la sua amata.

L’ha cercata per Francia: or s’apparecchia
per Italia cercarla e per Lamagna,
per la nuova Castiglia e per la vecchia,
e poi passare in Libia il mar di Spagna.

Mentre pensa così, sente all’orecchia
una voce venir, che par che piagna:
si spinge inanzi; e sopra un gran destriero
trottar si vede innanzi un cavalliero,
che come mira alla giovane bella,
gli par colei, per cui la notte e il giorno
cercato Francia avea dentro e d’intorno.

La fanciulla sembra invocare proprio il nome di Orlando. Non dico, dice il narratore, che fosse proprio Angelica, ma a lui così «pare».

Non dico ch’ella fosse, ma parea
Angelica gentil ch’egli tant’ama.
Egli, che la sua donna e la sua dea
vede portar sì addolorata e grama,
spinto da l’ira e da la furia rea,
con voce orrenda il cavallier richiama;
richiama il cavalliero e gli minaccia,
e Brigliadoro a tutta briglia caccia.

Il cavaliere entra nel Castello e Orlando cerca Angelica in ogni stanza, ma sempre la sua voce gli pare arrivare da un altro luogo del Palazzo, oppure gli pare di vedere a una finestra il viso della donna amata che invoca il suo aiuto.

E nel palazzo vi sono molti altri cavalieri, tutti sono alla ricerca del loro oggetto del desiderio. E tutti rimangono giorni e mesi imprigionato in questo luogo di illusioni.

Tutti cercando il van, tutti gli dànno
colpa di furto alcun che lor fatt’abbia:
«destrier che gli ha tolto, altri è in affanno;
ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia;
altri d’altro l’accusa: e così stanno,
che non si san partir di quella gabbia;
e vi son molti, a questo inganno presi,
stati le settimane intiere e i mesi.

Sì perché «a tutti par che quella cosa sia, che più ciascun per sé brama e desia»

Il Palazzo di Atlante, come la selva del canto iniziale, è una metafora della vita umana intesa come eterna ricerca di qualcosa di irraggiungibile.

Non è facile raccontare l’Orlando Furioso. Non è facile concentrare in poche pagine l’ironia, il divertimento del poema. Ariosto è ironico quando interviene, quando avverte il lettore e lo sollecita a riflettere, vuole che manteniamo la mente lucida, che ci divertiamo con intelligenza.

Sfondamento Cronologico

Nel Palazzo d’Atlante si materializzano i sogni, le illusioni degli uomini.

Questo mi ha sempre fatto pensare al romanzo Solaris del polacco Stanislaw Lem del 1961(1).

Si tratta di un romanzo di fantascienza, ma piuttosto diverso dalla fantascienza più popolare, possiamo definirlo di fantascienza filosofica(2).

Solaris è un pianeta d’acqua, un pianeta vivente, un oceano intelligente capace di sondare la parte più segreta degli uomini, desideri e ossessioni, e ricreare, ridare vita a persone amate e perdute, tradite, abbandonate. Persone che ancora rimangono nella parte più segreta della memoria in cui si è sepolto quello di cui ci si vergogna. Quello che non si riesce ad accettare né a dimenticare.

Solaris è uno specchio. Riflette le anime di chi si trova sulla sua superficie, nella stazione spaziale provoca allucinazioni agli astronauti dando forma concreta, tangibile a desideri e incubi provenienti dall’inconscio.

Gli orrori dell’ignoto in questo mondo, a differenza di altri mondi immaginati, non arriva quindi da fuori ma dall’interno degli stessi uomini.

Protagonista e voce narrante del racconto è lo psicologo Chris Kelvin, che è stato mandato alla stazione per indagare sul mistero che ha portato ai suicidi dei componenti dell’equipaggio, morti inspiegabili attribuite a una forza aliena sconosciuta. Ad accoglierlo è un’atmosfera quasi horror, i suoi passi riecheggiano nella stazione apparentemente vuota.

Ma ben presto anche Kevin viene catturato dai fantasmi del suo passato. Anche per lui ritorna l’amata ossessione. La moglie che si è suicidata riemerge dal suo inconscio.

Stanislaw Lem ha scritto: «L’uomo è andato incontro ad altri mondi e ad altre civiltà senza conoscere fino in fondo i propri anfratti, i propri vicoli ciechi, le proprie voragini e le proprie nere porte sbarrate».

Note

  1. Dal romanzo sono stati tratti due film. Quello di Tarkovskij nel 1972 e la versione hollywoodiana di Sodemberg 2002 con George Clooney, più fedele ma più piatta. Lem, autore del romanzo, non ha apprezzato l’atmosfera eccessivamente onirica e con suggestioni verso il trascendente, del film di Tarkovskij. Ha avuto parole molto critiche anche per il film di Soderbergh.
  2. So bene che la fantascienza può generare in molti diffidenza, ma sicuramente Solaris è un testo affascinante, il più compiuto esempio di fantascienza filosofica. Per Oreste del Buono è la «tragedia di Orfeo ed Euridice dei nostri tempi, il testo per noi più alto dell’ultima letteratura polacca». Anche se non siete lettori del genere dategli una possibilità. A volte ne vale la pena.

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