DISABILITÀ E STEREOTIPI

di Angelo Errani

Parte I – Normalità e Differenze: ma che cos’è la normalità?

Parte II – Disabili, handicappati, portatori di handicap, in situazione di handicap, diversamente abili. Che cosa stiamo dicendo?

È importante interrogare le parole, siamo infatti portati a pensare che un nome sia la cosa stessa che esso indica, come se una mappa fosse realmente il territorio che essa rappresenta, dimenticando che: «Prive di contesto le parole, come le azioni, non hanno alcun significato». (Bateson, 1972)

Le parole che inconsapevolmente utilizziamo per indicare le persone possono ampliare la distanza che le separa da noi oppure possono sottolinearne l’appartenenza e, quindi, la vicinanza. La lontananza disimpegna: avremo molta più disinvoltura infatti nel trattare le persone che percepiamo come lontane da noi.

Ed anche le parole che sono animate dalle migliori intenzioni possono nascondere dei tranelli.

Il termine “diversabilità”, ad esempio, anche se esprime il desiderio di un riconoscimento del valore che ogni persona rappresenta, può tuttalpiù indicare una sfida, un progetto. Non è realistico infatti attribuire una abilità a priori, anzi, potrebbe addirittura apparire come una presa in giro:  «Chiamare una persona diversabile è come dire ad un povero che è diversamente ricco». (Chade, 2008) 

È importante capire i rischi che possono nascondersi anche dietro le migliori intenzioni e in proposte che rivelano atteggiamenti di gentile concessione e di generosità compassionevole. Le abilità non sono un dato per nessuno, sono, per tutti, apprendimenti da conquistare, con più fatica ovviamente per chi, incontrando degli svantaggi, dovrà cercare le strategie ed i mediatori necessari per un loro superamento. Abbiamo bisogno di dignità, cioè di diritti e doveri, non di regali.

Anche i termini “handicappati”, “portatori di handicap”, “in situazione di handicap” sono sbagliati. Veniamo da una storia di categorizzazioni che imprigiona le persone in categorie e non è facile abbandonarne la logica. Riguardo alla disabilità, occorre distinguere i deficit, che indicano una anomalia di una struttura anatomica, di una funzione sensoriale, mentale o psicologica, dagli handicap, che indicano uno o più svantaggi che chi ha un deficit può incontrare. Il deficit è un dato, cioè una caratteristica non modificabile, e, per le conoscenze attualmente a nostra disposizione, irreversibile, da considerare quindi come un aspetto permanente di un soggetto. L’handicap invece è lo svantaggio determinato dall’incontro fra un soggetto, con le sue caratteristiche, che possono comprendere anche un deficit, con il contesto ambientale, sociale e culturale della realtà in cui egli ha l’avventura di vivere.

Prendiamo come esempio una persona sorda: il deficit sensoriale che determina la diminuzione o l’impossibilità di percepire suoni rappresenterà una caratteristica permanente di quella persona. L’utilizzo di una protesi, che sostituisca o riduca la funzione mancante dell’organo di senso, non elimina il deficit, la disfunzione dell’apparato uditivo rimarrà invariata. A partire dalla presenza di un certo grado di deficit uditivo, si può però sviluppare una ricerca di adattamenti nei diversi contesti in cui quella persona si trova a vivere. Gli handicap non sono una caratteristica della persona, ma sono determinati dalle diverse variabili familiari, scolastiche, ambientali, organizzative, culturali, storiche dei contesti in cui quella persona è immersa, e, di conseguenza, gli handicap possono venire ridotti o annullati.

La distinzione, solo apparentemente terminologica fra deficit ed handicap, comporta poi importanti conseguenze operative, perché distinguere ciò che è modificabile da ciò che non lo è orienta l’attenzione verso gli aspetti dei contesti che determinano gli ostacoli e gli svantaggi e stimola la ricerca delle risorse da utilizzare per introdurre i cambiamenti necessari alla loro riduzione e superamento. Cancellare il deficit è impossibile, mentre è possibile ridurre e cancellare gli handicap, cioè cercare di eliminare gli svantaggi creati dagli ostacoli ambientali, organizzativi, sociali e culturali.

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