BISTON BETULARIASospira leggero il canto della rugiada
è lacrima di cigno lo splendore di Orione
si srotolano le gole della Macaronesia
penelopi artropodi arredano il tempo immoto
superba la cenere dell’impertinente fenice
barattare carcasse di pupa con linfa di suono
cullano i vermi la danza primordiale
ogni alito di vento mi scompiglia i colori
concerto di limiti confusi la dolce armonia di tinte adirate
sciocca e tenera la folgore dell’eternità
divampa il fiume in fragranze veloci
un Io di crepuscolo morde il moto perpetuo
carezze d’incendio del petalo di velluto
seduzione cromatica è il remoto d’un soffio
consumo il mio dipinto al mutar della mia betulla
notti purpuree le ali d’un demiurgo
gode l’ardere del secondo nell’eco del nulla
avide trasfigurazioni di clessidra le attese gustose
si dischiude il battito in passeggiate d’acqua
non v’è ritorno nella fagocitosi d’Uroboro
Mattia Macchiavelli
CHE LO SI VOGLIA O NO
Che lo si voglia o no, il 1900 è stato anche il secolo della New Synthesis néo-darwiniana. E quando uno dice New synthesis, dice evoluzione, lotta per la vita e corsa agli armamenti. Ma soprattutto, dice selezione naturale. Ve la ricordate la falena bianca, rimpiazzata dalla cugina nera a causa della fuliggine sulle betulle? Beh, questa è la selezione naturale: un meccanismo cieco, senza scopi, senza ragione. È un tal meccanismo che scandisce le fasi di Biston Betularia: il tempo si dilata e si fa Natura; e la Natura – si sa – “procede per sì lungo cammino, che sembra star”. Tuttavia, la natura di Macchiavelli non è una natura alla Leopardi: non è Matrigna ; non è nemmeno “qualcuno”. È una concrezione polarizzata in istanti di vita biologica. È la rugiada vista da una farfalla; una crisalide abbandonata; la bocca di un predatore. Pura, trasparente inerzia? Un mistero sussiste: poichè in tutto questo “impersonale”, in tutto questo “pre-tetico”, qualcuno c’è. Una voce parla, in Biston Betularia; e non ha niente dell’umano, nè del divino. Questa voce, è la polifonia della vita stessa, del βίος in noi. Noi – i viventi – siamo ciò: uno sforzo di sopravvivenza mai cristalizzato, sempre corale, sempre differentemente istanziato. E sempre in grado di rinnovarsi.
Luca Ballandi