Emily Carr – Pioniera dell’Arte Moderna
di Rosalba Granata
Emily Carr, nata il 13 dicembre 1871 a Victoria, nella Columbia Britannica, è riconosciuta come una delle artiste più importanti del Canada. Innovativi per lo stile post-impressionista sono i suoi dipinti su paesaggi della sua terra e sulla cultura dei nativi.
L’ho incontrata per la prima volta anni fa leggendo il bel romanzo di Susan Vreeland “L’amante del bosco” e ho scoperto una donna straordinaria che sfida le convenzioni dell’ambiente sociale al quale appartiene. Si pone infatti con determinazione l’obiettivo di rappresentare, prima che scomparisse, la cultura degli indigeni. Gli indiani canadesi erano emarginati e incutevano alla buona società disprezzo misto a paura. Emily viene indicata con disprezzo come l’amica degli indiani e per la sorella maggiore Dede “la disgrazia della famiglia”.
È il 1898 ed ha ventisette anni quando cominciano i suoi viaggi alla scoperta dei luoghi abitati dagli indigeni. Qui trova il paesaggio ideale per la sua arte.
Susan Vreeland ci fa vivere le emozioni che prova in queste sue esplorazioni nei più lontani villaggi e nelle foreste cupe e ghiacciate del gelido nord dove risuonano i tamburi delle feste per le elevazioni dei totem. È affascinata da questi pali altissimi con figure dai colori smaglianti intagliate nel legno: corvo, lupo, volti umani mostruosi che urlano con rabbia e disperazione lo strazio di un popolo.
Ma come ritrarre tutto questo?
“Immaginiamo il fascino terribile dei totem ma poi quando vai a dipingerli cosa rimane? Come dare il senso della loro forza, della loro drammaticità? E allora occorre vedere in altro modo”1
Lo stile tradizionale inglese che ha appreso non riesce infatti a rendere lo spirito di quel mondo. Per fare questo Emily deve imparare un nuovo modo di guardare, deve imparare un nuovo modo di dipingere.
E solo Parigi può servire al suo scopo. Parigi è in quegli anni il centro della pittura rivoluzionaria dei post impressionisti, è la Parigi dei fauves che dipingono immagini distorte dai colori squillanti.
Ed è da loro che Emily vuole imparare.
Ammira i loro quadri. Prende lezioni. Apprende nuove tecniche.
Passa dal delicato acquarello alla luminosa pittura ad olio, impara a comunicare con i colori le emozioni più intense.
Gli schizzi, i disegni che ha realizzato in passato nei suoi viaggi diventano solo un canovaccio su cui lavorare.
È consapevole che, finalmente, può rappresentare la forza del paesaggio canadese e l’autenticità delle culture indigene.
Dopo due anni, nel 1912, torna in Canada.
Espone nel suo studio a Vancouver le opere realizzate in Francia. I suoi lavori sono decisamente rivoluzionari e non viene apprezzata dalla società conservatrice dell’epoca.
Cerca ancora nuove ispirazioni tornando a viaggiare nel nord del Canada e dipinge alcune delle sue opere più emblematiche: Big Raven, il grande corvo scolpito e Tanoo, tre totem davanti alle case dell’omonimo villaggio.
Parallelamente alla esposizione dei nuovi dipinti tiene una conferenza per spiegare al pubblico cosa ha voluto realizzare:
«Mi glorio nel nostro meraviglioso occidente e spero di lasciare alle mie spalle alcune delle reliquie della sua primitiva grandezza. Queste cose dovrebbero essere per noi canadesi ciò che le antiche reliquie del britanno sono per gli inglesi. Ancora pochi anni e se ne andranno per sempre nel nulla silenzioso … »
È solo nel 1927 che esce dall’isolamento artistico.
Eric Brown, direttore della National Gallery del Canada espone alcuni suoi lavori in una mostra collettiva sull’arte indigena.
In questa occasione conosce il “Gruppo dei Sette”, importanti artisti che, in anni in cui il Canada passava da colonia a Paese indipendente, si ponevano l’intento di creare qualcosa di nuovo che caratterizzasse lo spirito della loro terra.
La Carr subisce l’influenza del pensiero Teosofico di Lawren Harris, uno dei fondatori del gruppo, e accoglie la sua visione di Dio inteso come natura. Realizza quindi paesaggi selvaggi, di una intensità straordinaria. Dipingendo “i grandi ritmi delle foreste occidentali, spiagge sballottate dai ciottoli e cieli estesi” 2 intende catturare il vero spirito del Canada.
È questa la fase della sua pittura che riscuote maggiori successi.
Nella sua ultima opera Odds and Ends del 1939 mostra invece gli effetti devastanti del disboscamento industriale. Con il paesaggio che si fa più desolato vuole esprimere una forte denuncia per le conseguenze ecologiche e soprattutto quelle per la vita delle popolazioni indigene.
La donna del Sagittario apre nuove frontiere. E’ una viaggiatrice, una esploratrice continuamente proiettata verso il lontano, è questo il modo in cui concepisce la vita.
Questa descrizione è sicuramente calzante per Emily Carr “Pioniera dell’arte moderna.”
Simbolo del Sagittario è la freccia scagliata verso l’alto per raggiungere una nobile meta. E, come abbiamo visto, Emily si sente investita di una missione nella difesa delle popolazioni native, verso questo scopo canalizza la sua straordinaria forza e vitalità.
Il suo non è solo un interesse etnografico e intellettuale ma è unito ad un profondo rispetto per la loro cultura, per la loro vita, per i loro costumi.
Emily è donna indipendente, dotata di perseveranza e determinazione. Questo ci rimanda all’altra componente essenziale del suo tema natale, quella del Capricorno, nel quale si trovano la Luna (congiunta a Saturno) Mercurio e Marte. Probabilmente si difende indossando una dura corazza che le impedisce di rivelare gli aspetti più femminili e quelli più passionali, Venere è in Scorpione, della sua personalità.
In rete3 ho trovato un bellissimo ritratto di Emily Carr “una donna troppo avanti per il suo tempo”. Nel sito viene riportata una testimonianza nella quale è descritta nel periodo in cui viveva a Victoria ed era ancora una artista sconosciuta. La si vedeva passare per la strada ogni giorno alla stessa ora per andare a fare la spesa. Anche coloro che non avevano sentimenti negativi nei suoi confronti la ritenevano una donna di mezza età molto eccentrica.
“Spingeva davanti a sé una carrozzina vecchio stile in cui era seduto il suo animale domestico preferito, Woo, una piccola scimmia giavanese agghindata in un costume a tinte sgargianti nere, rosse e marroni che Emily le aveva cucito. Mentre camminava, le saltavano intorno sei o otto bobtail dal pelo arruffato, appartenenti alla cucciolata che allevava per poi vendere”4
Ho già fatto riferimento al romanzo “L’amante del bosco” di Susan Vreeland. L’autrice, come sempre, è avvincente nella narrazione e scrupolosa nella documentazione. Nella nota avverte che è opera di finzione scaturita da molti anni di ricerche e di studio delle opere della pittrice. Il suo intento, dice, è “offrire lo spirito della sua vita coraggiosa e straordinaria”.
Emily Carr ha scritto lei stessa diversi testi con un’impronta fortemente autobiografica, anzi dal 1940, con il peggioramento delle condizioni di salute, si è dedicata quasi esclusivamente alla scrittura.
Nel 1941 il suo libro di memorie “Klee Wyck”, ha ottenuto il premio Atward per la Saggistica.
I racconti delle sue esperienze con le comunità delle Prime Nazioni sono considerati importanti documenti storici e culturali.
In italiano si trova in Formato Kindle I dolori della crescita. Autobiografia sofferta di Emily Carr, con la traduzione di M. Paola Carnevali Noli.
- Da L’amante del bosco di Susan Vreeland ↩︎
- Emily Carr ↩︎
- In https://wordswonderland.wordpress.com/2017/05/01/sulle-orme-di-emily-carr/ ↩︎
- Ila Dilworth, Foreword to Klee Wyck, D&M Publishers, 2009 Trad. della autrice del sito ↩︎