Scritto nel 1988 da uno degli scrittori contemporanei più interessanti, Bambini nel tempo è uno di quei romanzi che entrano di diritto nelle antologie scolastiche, rappresentando un esempio di letteratura ‘classica’, cioè di quella destinata a rimanere nel tempo.
Il romanzo, dello scrittore inglese Ian McEwan, è ambientato a Londra e dintorni sullo sfondo di un’Inghilterra governata da Margaret Thatcher.
I protagonisti sono un uomo e una donna, marito e moglie: lui scrittore di libri per l’infanzia, lei musicista. La storia inizia in una giornata che, all’inizio, è una giornata qualsiasi e Stephen, il protagonista maschile, si trova in un supermercato a fare la spesa insieme alla sua bambina di tre anni, Kate.
Un momento di distrazione alla cassa, pochi secondi e la vita cambia: Kate è scomparsa. Per fortuna cose del genere accadono di rado, ma purtroppo succedono: pensiamo ad Angela Celentano e a Denise Pipitone, per citare due famosi casi nostrani.
Ovviamente la coppia precipita nella disperazione e nell’angoscia, ma ognuno dei due vive il dolore in modo diverso e, ad un certo punto, la separazione è inevitabile: Julie si isola in una casa di campagna, lontana da tutto e tutti; Stephen cerca conforto negli amici, ripercorre le fasi salienti della sua vita, si riavvicina agli anziani genitori.
E qui ci fermiamo nel raccontare.
Forse molti di voi l’avranno già letto, ma se qualcuno lo ha ‘perso’, vale la pena andare in libreria e comprarlo (anche perché, di romanzi memorabili, recentemente, ne vengono pubblicati davvero pochi).
Il romanzo affronta numerosi temi (la sofferenza, il lutto, l’amore di coppia, la follia di chi – pur adulto- vuol continuare a vivere nel mondo dell’infanzia) ma soprattutto mostra come un dolore, per quanto atroce, possa essere elaborato attivamente e non solo subito passivamente, di come la sofferenza – se attraversata in un certo modo – possa poi portare, appunto, ad una rinascita.
Danila Faenza