LA PANZANELLA NELLA PANZA – PRIMAVERA

di © Danila Faenza

La primavera, come abbiamo visto, si prospetta abbastanza instabile: caldo, freddo, maniche corte e maglioni. Ma che fretta c’era, maledetta primavera?

Va beh, pazienza… adattiamo l’alimentazione al clima, alternando – per questo numero – ricette “comfort food” e piatti un po’ più freschi.

Cominciamo con una libidine gastronomica, almeno per chi ama la carne. Parliamo del goulash o gulasch, piatto ungherese diffuso anche nella zona di Trieste. Il nome deriva da gulyàs, il nome dei pastori a cavallo ungheresi; la pietanza, infatti, era un cibo tradizionale dei nomadi che, facendo cuocere la carne a lungo ed essiccandola al sole, potevano conservarla per lunghi periodi.

La ricetta che arriva a noi, tuttavia, è ovviamente diversa. Continue reading

LA PANZANELLA NELLA PANZA – RICICLARE IL NATALE A TAVOLA

di © Danila Faenza

Lo so che, a Natale, riciclate le fetenzìe che vi hanno regalato l’anno precedente. E fate bene, perché l’angioletto col pistolino che fa la pipì a voi fa schifo, ma la prozia Reginalda esulterà davanti a cotanta finezza. E che dire di quella stupenda vestaglia di ciniglia che sembra uscita (e lo è) dall’Upim del 1964? Il bisnonno (che durante gli ultimi decenni “si sente donna”) ne sarà entusiasta.

Quindi, se non vi fermate davanti a questo, potrete anche riciclare gli avanzi dei pranzi festivi, soprattutto se avete ricevuto in regalo diciassette panettoni, quindici pandori, sette confezioni di salmone affumicato, 15 quintali tra arance, mandarini, noci e datteri, 7 torroni e un buono da 1500 euro da usare presso i Centri Dentistici Malfamati.

A parte gli scherzi, le festività implicano – oltre a quei cinque chili in più – anche un grande spreco di cibo che non si consuma e si butta, oppure si lascia ad ammuffire. Non pensate alla dieta, tanto non la farete ora, ma solo quando vi troverete il colesterolo a 400 o dovrete andare al mare. Continue reading

LA PANZANELLA NELLA PANZA – SPECIALE: SAPORI D’AUTUNNO

di Danila Faenza

L’autunno offre una grande varietà di ortaggi, verdure e frutti. Le nostre tavole si colorano del rosso della melagrana, dell’arancio dei cachi, della zucca e dei mandarini, del verde della verza e dei carciofi, del marrone scuro delle castagne e di quello più sfumato dei funghi di vario tipo.

Questa puntata della Panzanella nella panza è quindi dedicata alle delizie culinarie tipiche di questa stagione. Buon appetito!

Pappardelle ai funghi porcini

Per 4 persone:

400 gr. di pappardelle

500 gr. di funghi porcini

prezzemolo fresco

aglio

olio evo

sale

Pulite i funghi con un pelapatate o, se sono troppo sporchi, passateli velocemente sotto l’acqua asciugandoli subito con carta da cucina, quindi riduceteli a fettine sottili.

Scaldate l’olio in un tegame insieme a uno spicchio d’aglio, quindi aggiungete i funghi e fateli cuocere a fuoco lento fino a che non saranno cotti.

Fate cuocere la pasta, scolatela e quindi saltatela insieme al sugo di funghi, aggiungendo un ciuffo di prezzemolo tritato. Servite subito.

Chi ama l’aglio può tritarlo invece di usare lo spicchio intero. Continue reading

LA PANZANELLA NELLA PANZA – GIOVEDÌ GNOCCHI, SABATO TRIPPA

di Danila Faenza

Con l’arrivo dell’autunno proponiamo qualche piatto un po’ più robusto dei precedenti. E, come appariva un tempo nelle insegne delle osterie, citiamo il famoso «giovedì gnocchi, sabato trippa». Cominciamo appunto con quest’ultima, un alimento molto nutriente, ricco di proteine, magro e ricco di calcio e fosforo, che è costituito dal prestomaco di bovini e ovini.

Come abbiamo detto, si tratta di una carne priva in sé di grassi e calorie ma che, cucinata, diventa una pietanza non leggerissima; al pari di molte frattaglie, ha un costo contenuto, tanto che in passato, oltre ad essere un alimento della cucina povera (fin dal tempo dell’Antica Grecia) , era il cibo che si usava dare ai gatti. Continue reading

LA PANZANELLA NELLA PANZA

di Danila Faenza

Pane e pomodoro

Un tempo (mica nel giurassico, eh? Basta andare indietro di cinquant’anni) le merendine industriali non esistevano e quindi noi bambini, per spezzare il digiuno tra pranzo e cena, mangiavamo ben altre cose, sicuramente più salutari. Per esempio, un classico era pane, burro e zucchero o, per una merenda salata, pane, pomodoro e sale (più al Sud, in linea di massima).

La cucina povera utilizza quasi sempre materie di recupero, volgarmente dette “avanzi” e, infatti, un tempo il pane non si buttava mai, sia per la scarsità di cibo che, in decenni meno austeri, per un senso del risparmio che, nel tempo, è andato perduto.

Il pomodoro, inoltre, era a portata di mano dei contadini e, per chi non lo era, costava comunque poco.

Questi due alimenti, sani e semplici, sono alla base di numerosissime ricette della cucina povera di quasi tutte le regioni, sia per piatti freddi che caldi. Ed è di questo che parleremo in questa puntata, cominciando dalla preparazione che dà il titolo a questa rubrica, la panzanella, piatto originario della Toscana. Continue reading

SPECIALE PRANZO DI FERRAGOSTO

di Danila Faenza

Forse il giorno di Ferragosto sarete in un atollo del Pacifico, in Sri Lanka, a Miami o a Ibiza e quindi, giustamente, vi dimenticherete anche del giorno festivo.

Ma, nel caso foste a Bologna come me o, per un colpo di vita, a Porretta Terme o in tanga al lido di Casalecchio, questo menù fa proprio per voi, a meno che non vogliate/possiate fare un mutuo per mangiare il pesce in città o dintorni.

Festeggiamo quindi la giornata con un’abbuffata insieme ad altri amici rimasti a casa, spendendo davvero poco e faticando pochissimo. Infatti, come vedrete, non è così difficile cucinare un pranzo con quello che gli anglosassoni chiamano seafood.

Cozze alla marinara (per 4 persone)

2 kg di cozze

aglio, prezzemolo, olio

mezzo bicchiere di vino bianco

Pulite le cozze eliminando la barbetta che esce dal guscio e spazzolandole con una spugnetta abrasiva o una spazzola da bucato.

Risciacquatele più volte sotto acqua corrente. Eliminate quelle rotte o aperte.

Versate qualche cucchiaio di olio d’oliva in una padella ampia; aggiungete qualche spicchio di aglio tagliato a metà.

Versate le cozze e alzate la fiamma al massimo; quando le cozze cominciano ad aprirsi, versate un mezzo bicchiere di vino bianco e fate sfumare. Mescolate le cozze e, quando saranno tutte aperte, aggiungete prezzemolo tritato (insieme ad aglio, se gradito).

Servite con fette di pane tostato e spicchi di limone.

Attenzione: eliminate i mitili che sono rimasti chiusi o che si sono solo socchiusi.

Costo medio: 6 euro Continue reading

LA PANZANELLA NELLA PANZA

di Danila Faenza

Sarde in saòr

Ormai le rubriche di cucina invadono la tv, i giornali, il web e anche le bacheche dei social network, su cui ognuno posta le foto del pranzo o della cena.

Insomma, siamo tutti un po’ chef. E infatti questa rubrica vorrebbe essere qualcosa di diverso, se ce la faremo… Vorremmo infatti fuggire dal delirio dell’impiattamento, della fogliolina di salmoriglio decorativa, dalla pozione di Assurancetourix per andare a riscoprire soprattutto la nostra cucina povera che, oltre ad essere economica e sana, ci racconta anche un po’ della nostra storia. Ovviamente ci sarà qualche eccezione, ma che confermerà la regola.

Cominciamo con una ricetta di pesce azzurro che arriva dal Veneto e, in particolare, da Venezia: le sarde al saòr, cioè “al sapore”. Continue reading

AMARCORD – IL CASO MORO

di Danila Faenza

Quando la redazione di Metro-Polis mi ha chiesto di scrivere un articolo sul quarantennale del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro ho accettato subito per empatia, per il piacere di scrivere e perché, frequentando giovani per lavoro, mi rendo conto di quanto le generazioni successive alla mia siano davvero povere di memoria storica. E, con questo termine, mi riferisco non solo alle negligenze della scuola (spesso chiamata in causa a sproposito), ma a quella “memoria” acquisita che si crea col dialogo in famiglia, attraverso il ricordo che scatta commentando un fatto di cronaca, guardando un film, chiacchierando col nonno o con la zia.

E allora mi sono resa conto di quanto sia difficile comunicare efficacemente un evento storico che, per molti di noi, fu traumatico nonostante – e sottolineo nonostante – il clima.

Ci provo, consapevole di entrare in una macchina del tempo che, per molti aspetti, ci riporta in un altro mondo: diciamo che a parte la nebbia in Val Padana, il gossip su Al Bano e Romina e le invettive contro il governo (qualsiasi esso sia) era tutto diverso. Continue reading

PAROLE COME DIAMANTI: ESSERE SENZA DESTINO DI IMRE KERTÉSZ

Se chiudete gli occhi e pensate ad un campo di concentramento, come lo vedete?

Personalmente, lo vedo in bianco e nero. Sarà per i filmati e le foto d’epoca, ma lo immagino così: in bianco e nero e innevato. Invece, nonostante la ferocia distruttiva degli uomini, la natura continuava il suo percorso, mostrando tramonti rossastri, prati verdi, nuvole basse e dense di pioggia, soli accecanti, foglie morte e fiori che sbocciavano.

Questo è, in parte, il senso di Essere senza destino (Feltrinelli, 2004), capolavoro dello scrittore ungherese Imre Kertész (1929), premio Nobel per la letteratura nel 2002 e scomparso il mese scorso, precisamente il 31 marzo, a 86 anni. Si tratta di un romanzo autobiografico che ricorda l’esperienza dei campi di concentramento in cui fu deportato, quindicenne, nel 1944, e da dove fu liberato, nel 1945. Continue reading

PAROLE COME PIETRE: DEE BROWN: SEPPELLITE IL MIO CUORE A WOUNDED KNEE

«Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zig-zag, chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno… il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro, e l’albero sacro è morto» (Alce Nero)

Questo è un libro storico, pubblicato originariamente nel 1970, che ricostruisce, attraverso varie ‘battaglie’ (o meglio, stragi), lo sterminio sistematico di 500 e più popoli formati da diverse tribù di Nativi Americani, cioè quell’insieme di persone che si sono viste derubate della loro terra, massacrate in caso di resistenza, chiuse in riserve se battute dall’alcol (che l’uomo bianco ha loro procurato) o dalla disperazione. L’elemento sconvolgente di questo testo è il paragone tra la mitezza, la disponibilità, l’accoglienza del popolo dei ‘pellerossa’ confrontato alla violenza, all’inganno, alla malafede, al desiderio di rapina dei ‘visi pallidi ’. Continue reading