PAROLE COME PIETRE: DEE BROWN: SEPPELLITE IL MIO CUORE A WOUNDED KNEE

«Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zig-zag, chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno… il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro, e l’albero sacro è morto» (Alce Nero)

Questo è un libro storico, pubblicato originariamente nel 1970, che ricostruisce, attraverso varie ‘battaglie’ (o meglio, stragi), lo sterminio sistematico di 500 e più popoli formati da diverse tribù di Nativi Americani, cioè quell’insieme di persone che si sono viste derubate della loro terra, massacrate in caso di resistenza, chiuse in riserve se battute dall’alcol (che l’uomo bianco ha loro procurato) o dalla disperazione. L’elemento sconvolgente di questo testo è il paragone tra la mitezza, la disponibilità, l’accoglienza del popolo dei ‘pellerossa’ confrontato alla violenza, all’inganno, alla malafede, al desiderio di rapina dei ‘visi pallidi ’.

La filosofia degli Indiani d’America si fondava su un ordine di armonia universale: la terra non è di nessuno, possiamo condividerla se ci permettete di avere il necessario per vivere; gli animali non vanno uccisi inutilmente, ma solo per scopi di alimentazione o vestiario; la fratellanza universale, contraddetta solo da pochissime eccezioni nei confronti di tribù estremamente aggressive per tradizione. Davanti a questa pacifica concezione della vita, gli invasori bianchi mostrarono un atteggiamento di razzismo e svalutazione, trattando i nativi come bambini deficienti; li imbottirono di alcol, per diminuirne le forze; li aggredirono, spesso vigliaccamente, dopo averli rassicurati. Insomma, l’uomo bianco non fa mai una bella figura, nei confronti delle altre ‘razze’, che cerca sempre di sfruttare e piegare ai propri bisogni ed alla propria avidità.

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Alce Nero

Il titolo prende il nome dal luogo in cui si è svolto uno dei più feroci massacri della storia della cosiddetta ‘conquista del West’, insieme ad un altro, efferato episodio, quello del Sand Creek, cantato da Fabrizio De André in Fiume Sand Creek, pubblicato nel 1981 nell’album Fabrizio De Andrè, meglio conosciuto come “L’indiano” a causa della copertina che riproduce un dipinto di Frederic Remington, The Outlier, che riproduce un nativo americano a cavallo.

Un saggio molto illuminante, che scardina completamente e radicalmente la visione dei ‘pellerossa’ aggressivi dei film western anni’60, ribaltandone la logica: il dominatore del mondo, l’uomo bianco, vuole diventare ‘padrone’ di territori sempre più ampi per allargare il proprio dominio e soddisfare la propria sete di denaro; per far questo, parte dall’ assunto di ‘civilizzare’ altri uomini ed  imporre loro la sua cultura, il suo modo di vivere, la sua religione, la sua visione della vita, la sua attitudine ad essere predone. Se non riesce a convincere ‘il nemico ’ a piegarsi con le parole, lo spazza via con l’inganno e la violenza, spesso ‘in nome di Dio’. Ciò che accadde negli ultimi trent’anni del 1800 in America non è molto diverso da ciò che accadde durante il nazismo: un popolo composto da più di 500 diverse tribù venne vissuto come ostacolo all’espansione dell’uomo bianco e, di conseguenza, sterminato in maniera capillare.

Ormai un classico che bisognerebbe divulgare nelle scuole, per educare i giovani alla convivenza ed al rispetto per l’altro, chiunque esso sia.

©Danila Faenza, già pubblicato su oggibologna.it

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