Nello statuto di Metro-Polis vediamo come sia possibile leggere il nome della nostra associazione nella sua interezza, inquadrandola come città madre, generosa ospite di tutte le nostre diversità. Scopriamo anche che è possibile scomporre questo nostro nome, in un’operazione creativa ed eccentrica, analizzandone le due componenti distinte: «Metro» e «Polis». A proposito di «Metro» leggiamo che essa «è traducibile con la parola “misura”: un monito atto a rammentarci sempre che ogni azione politico-civica, sia essa locale o nazionale, e ogni progetto da essa scaturente, debbono essere necessariamente “a misura d’uomo”».
Riportare all’umanità, ricondurre tutto a una giusta misura, che è esattamente quella di tutte e tutti noi; fare della prossimità un valore politico imprescindibile: questo è uno degli obiettivi che ci siamo dati come associazione, uno scopo talmente importante da avere uno spazio proprio all’interno del nostro stesso nome. Parliamo qui di un’operazione fisica, in cui gesti e azioni vengono strappati al virtuale per ritornare al reale; costruiamo così uno spazio in cui sia possibile guardarsi, toccarsi, interagire nelle nostre umanità attraverso cibo e cultura.
In virtù di questi principi, abbiamo voluto abitare alcuni luoghi significativi della nostra città ed esplorare le sedi delle realtà che ci sono affini. Siamo stati ospiti della comunità Arca L’Arcobaleno, abbiamo svolto uno dei nostri Aperitivi a tema presso la sede de Il Calicanto, o, ancora, abbiamo avuto l’opportunità di vivere in prima persona la realtà della Casa dei Risvegli Luca De Nigris. Per l’appuntamento di giugno, invece, abbiamo aperto le porte della nostra associazione, accogliendo tre differenti esperienze in merito al tema della mobilità sostenibile: sono stati infatti nostri ospiti Andrea Colombo, consigliere comunale e già assessore alla mobilità presso il Comune di Bologna; Donatella Allegro, attrice, regista e scrittrice; e Bruno di Iorio dell’associazione Pedalalenta.
Abbiamo così raccolto tre sguardi sulla mobilità e sui modi in cui è possibile attraversare luoghi e spazi: una visione più politica, una più associativa e una più squisitamente culturale, in dialogo tra loro grazie dalla conduzione generosa e brillante di Francesco Errani, consigliere comunale e socio fondatore di Metro-Polis.
Impossibile restituire la ricchezza degli interventi ma interessante è tracciarne l’identikit valoriale, seguendo la suggestione di tre parole cardine, tre termini che veicolano altrettanti immaginari.
Innanzitutto la dimensione della lentezza. Contenuta già nel nome stesso dell’associazione presentataci da Bruno di Iorio – Pedalalenta –, la lentezza diventa una chiave di lettura del mondo: il modo per assaporare il paesaggio, il tempo per respirare, lo spazio in cui poter condividere un’esperienza. Viaggiare lenti, in questo caso pedalando, significa darsi la possibilità di ascoltare i luoghi e le persone, in un dialogo profondo che si fa esplorazione tanto del territorio quanto delle relazioni.
Abbiamo poi l’emancipazione, gettata sul tavolo della mobilità sostenibile dalla suggestiva arte di Donatella Allegro. La bicicletta come mezzo di autodeterminazione delle donne, capace di conquistare indipendenza, di rivendicare politicamente, di farsi mezzo non solo di trasporto ma anche, e soprattutto, di resistenza e definizione delle proprie identità. Ne è un esempio Alfonsa Rosa Maria “Alfonsina” Morini, passata alla storia come Alfonsina Strada e nota per essere stata la prima donna a correre il Giro d’Italia nel 1924. Per la sua storia, per quella delle donne che hanno fatto la Resistenza, fino ad arrivare alle protagoniste dei giorni nostri, si rimanda al libro E io pedalo. Donne che hanno voluto la bicicletta scritto proprio da Allegro per Edizioni del Loggione.
Infine, grazie ad Andrea Colombo, torniamo proprio al concetto della misura, della città costruita nel rispetto del ciclista e del pedone, capace d’interpretarne i bisogni e tanto forte da riuscire a garantirne i diritti. Una città a misura d’uomo e di donna, appunto, che non esita a inventarsi e a re-inventarsi pur di non cedere il passo al colonialismo urbano di automobili e cemento. Incalzato dalle domande del pubblico, Colombo ha restituito l’idea di un viaggio intrapreso ma non concluso, la fotografia di una città che ha fatto notevoli passi avanti in questa direzione, conquiste che debbono essere salvaguardate se si vuole continuare su questo cammino.
Nel ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questa serata, non si può non notare come il protagonista assoluto di quanto andiamo scrivendo sia lo spazio, nel suo senso fisico e in quello simbolico.
Noi, come Metro-Polis, lavoriamo costantemente sullo spazio e sugli spazi, tanto su quelli esterni, quanto su quelli interni. Ci adoperiamo per l’abitabilità di luoghi e situazioni, in cui tutti siamo stranieri ma nessuno è apolide. Agiamo ininterrottamente per la creazione di una nuova e autentica dimensione di agire culturale e politico.
Mattia Macchiavelli
Foto a cura di Filippo Costa
Riprese a cura di Vincenzo Comitogianni
Time-lapse a cura di Laura Comitogianni