LA CURA DELLE PAROLE

PER SALVAGUARDARNE STORIA E SIGNIFICATO

di Angelo Errani

Come accade per le immagini, in cui le figure rappresentate acquisiscono significato nella relazione con lo sfondo che le accoglie, la stessa cosa succede con le parole.

Sullo sfondo di un campionario di sanitari – faccio ricorso a un esempio che fu considerato una provocazione – un orinatoio è un arredo da bagno, mentre, se esposto, come fece nel 1917 Duchamp al museo di arte moderna, diventa un’opera d’arte. E così avviene per qualsiasi rappresentazione, figurativa o verbale. Il significato è sempre veicolato dall’integrazione fra il soggetto rappresentato e lo sfondo che lo accoglie.

Che cosa sono le parole? Le parole sono costituite dalla modulazione di emissioni sonore, se emesse oralmente, o da segni, se proposte in forma scritta, cui convenzionalmente attribuiamo un significato. Ma il significato non è mai neutro e neppure congelato nel tempo. È lo sfondo in cui sono immerse a connotare le parole di senso. Se non vogliamo che le parole vengano devitalizzate, sottraendole alla storia che le ha generate o che venga stravolto il loro significato, occorrerà averne cura. 

È ciò che hanno fatto gli autori di Le parole e il consenso. Come battere la destra a partire dalle parole che usiamo ogni giorno chiedendosi, sullo sfondo della globalizzazione e del liberismo degli ultimi decenni, che cosa ci dicono le parole: Popolo, Comunità, Lavoratori, Patria, Sovranità, Identità, Riforme, Stato, Ordine, Sicurezza, Libertà, Equità, Periferia, Territorio, Tradizione, Nuovo.

La globalizzazione – si chiedono gli autori – assieme all’omologazione degli immaginari, delle aspirazioni, dei gusti e dei conseguenti comportamenti, ha cancellato anche il significato dell’essere di sinistra e di destra

Noi donne e uomini di sinistra in che cosa assomigliamo e in che cosa siamo diversi dal terzo stato che, agli Stati Generali convocati nel 1789 da Luigi XVI, si sedette a sinistra, dalle donne e uomini che animarono la resistenza al nazismo e al fascismo, dalle donne e uomini dei movimenti contadini e operai del dopoguerra, dei movimenti antimperialisti, dei movimenti operai e studenteschi per i diritti dei lavoratori, il diritto allo studio, il servizio sanitario pubblico, i diritti sociali e la difesa dell’ambiente che si sono avvicendati  a partire dal ‘67/68? 

Destra e sinistra sono categorie superate? 

Nella storia convivono sempre aspetti di continuità e cambiamenti.

Ritengo che in tutti i luoghi e in qualsiasi tempo la continuità dell’essere di sinistra sia costituita dall’impegno perché le differenze, tutte le differenze che caratterizzano la pluralità degli esseri umani, non si traducano in disuguaglianze.

Mentre in tutti i luoghi e in qualsiasi tempo la continuità dell’essere di destra è connotata dall’impegno alla conservazione delle disuguaglianze, ritenute un dato di natura, considerando sognatori coloro che aspirano alla loro riduzione e superamento.

Questo è ciò che va comunque portato in salvo dal naufragio provocato dall’imporsi della logica di un consumismo, che magari critichiamo a parole, ma che dobbiamo riconoscere che è penetrata con la sua tossicità anche nelle vite di ciascuno di noi.

I cambiamenti sono le nuove disuguaglianze create dalla precarizzazione del lavoro, dalla privatizzazione dei servizi e dalla logica della competitività in ogni aspetto della vita. I cambiamenti sono i nuovi cittadini che fuggono dalle guerre e dall’imporsi di un’economia liberista in grado di distruggere in poche decine d’anni il tessuto economico e sociale preesistente, provocando ciò che non era riuscito neppure alle decine di migliaia d’anni di guerre, tirannie, epidemie, alluvioni precedenti. I cambiamenti sono la cancellazione della memoria, il considerare superata la distinzione fra destra e sinistra e la banalizzazione delle parole.

Perché per noi donne e uomini di sinistra le parole sono tanto importanti?

Lorenzo Milani nella lettera inviata al direttore del Giornale del Mattino il 28 marzo 1956 scriveva:

Io sono sicuro che la differenza fra il mio figliolo e il vostro non è nella qualità del tesoro chiuso dentro la mente e il cuore, ma in qualcosa che è sulla soglia fra il dentro e il fuori, anzi è la soglia stessa: la Parola […]. Ciò che manca ai miei è dunque solo questo: il dominio della parola […]. La parola è la chiave che apre ogni porta […]. Quando il povero saprà dominare le parole la tirannia del farmacista, del comiziante, del fattore sarà spezzata […]. Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere […]. Ma questo non comporta affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio (chiamo uomo chi è padrone della lingua).

Il cardinal Carlo Maria Martini sottolineava che don Milani scriveva Parola con l’iniziale maiuscola. Possedere la parola stabilisce infatti la differenza fra chi possiede gli strumenti per capire e agire in merito ai problemi che incontra e chi invece non ha spesso neppure gli strumenti per riconoscerli. Possedere la parola è dunque la condizione indispensabile affinché una differenza economica, sociale o culturale non si traduca in una disuguaglianza.

La cura delle condizioni per possedere la parola definisce il percorso che accompagna l’umanizzazione della nostra specie. Ed è una cura che non si può limitare all’infanzia e deve poterci accompagnare nell’intero percorso di vita. Per diventare nostre, non essendo nate con noi e avendo attraversato tanti cambiamenti, le parole richiedono che ne venga interrogata l’etimologia e la storia vissuta per farle uscire dal buio e dall’inganno. Per renderle conoscibili occorre prender per mano gli argomenti, smontarli e rimontarli, farsi domande e imparare a scegliere, attraverso il confronto, le risposte. Non c’è conoscenza senza lavoro critico, cioè senza l’esercizio paziente del dubbio e del confronto. 

One thought on “LA CURA DELLE PAROLE

  1. Nel libro di Giaccardi e Magatti “Nella fine e’l’inizio”, si dice che e’ necessario mettersi in una posizione di apertura,contemplazione, avventura, essere disposti a modificare il nostro linguaggio, le nostre categorie, le nostre parole, cioe’ le “finestre” attraversocui noi entriamo in rapporto con la realta’. Questa e’ la nostra possibilita’ di “cambiamento”, per non lasciare che nel mondo delle diseguaglianze la situazione diventi esplosiva. Il corpo sociale e’ un organismo che ha bisogno di rigenerarsi in un mondo non definito e non definitivo in cui esiste la possibilita’ di operare, partendo dai linguaggi e sulla base di un desiderio che puo’ essere protagonista di un modo concreto di vedere, immaginare e vivere.. ” una vera e propria costruzione”, proprio per quella Umanizzazione della Specie di cui parla Angelo. Concludono gli autori che ci si avvia in un processo alla ricerca di “forme piu’ giuste e piu’ ospitali della vita”

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