di Federica Stagni
Notifica di WhatsApp. Blog Metro-Polis. @Laura: «Fede, Altri Ponti è pronta, puoi darle un’occhiata?». Altri Ponti è la mailing list della nostra associazione Metro-Polis. Ora scommetto che vi è tutto chiaro. Leggo la mail attentamente, non mi piace particolarmente correggere bozze, ma sempre meglio di dover scrivere l’e-mail di sana pianta, quindi mi concentro il più possibile per trovare refusi o cogliere qualsiasi incrinatura del testo. Nulla, Laura è perfetta come al solito. Cade l’occhio su una segnalazione di una nostra socia: Laboratorio di scrittura creativa organizzato dal Collettivo Amalia; il titolo del laboratorio è: Voglio Stare Bene. Wow! Che richiamo potente! Eccome se voglio stare bene, ma più di tutto io voglio scrivere, probabilmente le due cose camminano allo stesso passo. Scrivere qualcosa che non siano noiosi testi accademici, ma testi in grado di parlare a chiunque. Scrivo l’e-mail al Collettivo Amalia: «Carissime, mi piacerebbe iscrivermi al vostro laboratorio di scrittura creativa, mi chiedevo se ci fossero ancora posti disponibili»
Poi ci ripenso e non premo invia. I prossimi mesi saranno mesi di fuoco, devo revisionare due articoli accademici e scriverne altri due dal nulla. Ho una marea di interviste, tre conferenze a cui partecipare e un seminario da organizzare. Esattamente Federica, dove pensi di trovare il tempo per un laboratorio di scrittura creativa?!? La salvo nelle bozze, prendo tempo e rispondo a qualche e-mail di lavoro. Sono passate un paio d’ore, finalmente sono le 19, da adesso bere birra da soli è socialmente accettato. Mi sposto in balcone con Nella Casa dei Tuoi Sogni di Carmen Maria Machado. Leggo qualche riga.
E tu ti senti come una bambina che compra qualcosa coi suoi soldi per la prima volta. Quando è arrivata lei, ti sei chiesta se era quello che quasi tutti hanno la fortuna di provare una volta nella vita: una linea retta tra la voglia e la soddisfazione, il desiderio che si manifesta e viene soddisfatto in ragionevole successione.
Era da un po’ che non leggevo un libro scritto così bene… Ripenso all’e-mail. Machado racconta di una violenza terribile, quella perpetrata da una persona che sostiene di amarti. Per di più una persona che condivide la tua stessa identità di genere e che come te ha sofferto la discriminazione e le umiliazioni che questo mondo riserva alle persone queer. Ma lei ha voluto ugualmente raccontare questa storia. Probabilmente per stare bene.
Riaccendo il computer e il post-it giallo sul desktop mi ricorda l’infinità dei miei impegni. Lo ignoro. Gmail. Bozze. Invia.
La presentazione del corso è il lunedì successivo, non ho troppe aspettative, ma mi presento puntuale. La maggior parte delle persone odia questi corsi/incontri/riunioni online. Io sono pronta ad affermare che mi hanno salvato la vita, e forse anche il futuro della mia (spero) carriera accademica. Nessuno può vedere che mi tremano le mani quando devo parlare, o che sto facendo a pezzettini lo scontrino dell’ultima spesa alla Conad. Posso scrivere sul mio fedele Documento 1 – Word tutto quello che voglio dire, prima di dirlo e tutte queste piccole strategie, questo schermo che mi protegge dal giudizio dello schermo opposto, mi regalano una calma indescrivibile. Il primo incontro è molto bello.
Donatella Allegro sembra la persona stupenda che si rivelerà. Ha una voce bellissima, potrei ascoltarla leggere anche le istruzioni del microonde, peccato che Diego Banchi non l’abbia ancora chiamata a fare dei monologhi perché secondo me farebbe più share di Da Milano.
Al secondo incontro sono gasatissima e mi vergogno molto, sono tutte persone che scrivono da tanto tempo e hanno cose importanti da dire, io scrivo solo e-mail e non particolarmente creative. Siamo tutte donne e una persona in transizione che ci salva subito dicendo che accetta qualsiasi tipo di pronome – che la Dea della Zanichelli ti benedica dolce anima. Escono tanti temi, ci sono tante cose di cui si potrebbe parlare, e sono tutte cose importanti, io vorrei parlare degli imprevisti del quotidiano. Tutte quelle piccole cose che prima mi avrebbero fatto sorridere, ma che adesso mi provocano ansia e non mi fanno dormire la notte. Ma mi sembra stupido e non lo dico. Ci incontriamo altre volte, scrivo un paio di pezzi, ma ne mando solo uno. Donatella ci introduce diversi stili letterari, e ci dà ottimi consigli di lettura. Stilo una lunga lista per la prossima estate. Perdo due incontri e mi dispiace molto, ma il post-it giallo sullo schermo del desktop ha fatto la voce grossa. Mannaggia a chi ha detto «prima il dovere e poi il piacere». Ha traviato la società occidentale. E fanculo anche a chi ha detto che «Il lavoro nobilita l’uomo». I nobili mica lavoravano, eppure mi pare non si siano mai lamentati più di tanto.
Mi piace molto leggere le altre. E anche sentirle leggere, Pina e Alessandra hanno delle voci che sono davvero una carezza, non capisco perché non tengano un programma radio o un podcast. Noha ha una simpatia travolgente, vorrei che mi insegnasse a truccarmi come lui. Alessia e la sua scoperta della maternità mi fanno impazzire. È una gioia a cui non siamo più abituate. Chiara ha un lutto pesante che si porta con sé, Valeria si sta ricostruendo, pezzo dopo pezzo cerca di rimettersi insieme. È faticoso, ma sta facendo un ottimo lavoro. Maria e la sua determinazione sono disarmanti. Il suo pezzo di saluto al laboratorio mi commuove tanto. Barbara è davvero simpatica e anche lei legge benissimo, vorrei mi leggesse le Favole Italiane di Calvino. Enrica sembra proprio stanca quando ci incontriamo, ma viene lo stesso, questo è molto bello. Adoro il suo accento, vorrei tanto berci una birra insieme in Piazza San Francesco. Proprio lei ha proposto di incontrarci nella vita reale. Miriam è gentile, si vede dallo schermo. Ambra ha la mia routine, e tutti hanno riso per la cosa del tappetino dello Yoga, ma io per cinque secondi, prima di capire, ho pensato fosse musulmana e che lo tenesse accanto al tavolo per fare le preghiere giornaliere. Incredibile deformazione professionale. Giulia è molto attenta, ma non si sbilancia, e non lo farò neanche io. Jacqueline ci ha regalato la sua esperienza di migrazione e di questo le sono grata. Kamelia si ribella alla descrizione della foto come me, ma la sua idea è più originale, l’importante è essere in due a fingere di non aver capito la consegna per non dover fare il compito. Grazie compagna. Camilla fa cose incredibili in Grecia e ci regala una delle sue poesie preferite. Josianne la poesia ce l’ha dentro. Mara ha gli occhi tristi, vorrei abbracciarla. Infine c’è Federica, non io l’altra, la mia amica, che conosco da anni e con cui ne ho passate di cotte e di crude. Le ho detto io del laboratorio di scrittura creativa perché pensavo potesse farle bene. Di lei so troppo quindi non posso scrivere niente.
All’ultimo incontro ci salutiamo, io dico cose senza senso perché non voglio ammettere che è stato molto bello anche se breve, e che mi ha lasciato molto più di altre esperienze. E che si, mi ha fatto stare bene. Donatella è riuscita a costruire quello che nella teoria femminista è considerato un safer space. Nessuna si sente giudicata e tutte sono libere di esprimersi apertamente portando sé stesse nella scrittura. Ma la cosa davvero sorprendente è che questo non abbiamo mai bisogno di dircelo, succede e basta. Per me trovarmi in questo spazio sicuro, venendo da un ambiente, quello universitario, dove troppo spesso il giudizio sulla produzione letteraria di una persona si sovrappone al giudizio sulla persona stessa, è stato davvero spiazzante.
Leggere le mie compagne è stato bellissimo e spero, un giorno, di entrare alla libreria Ulisse e trovare, nelle pile di libri disordinate ma accatastate per casa editrice, una copertina col vostro nome.