AMARCORD: ANGELO FABBRI, UN COLD CASE BOLOGNESE

Quello di Angelo Fabbri fu il primo dei cosiddetti ‘delitti del Dams’ che, in realtà, non avevano nessun rapporto tra loro se non il filo, esilissimo, del ricondurre le tre persone assassinate, come docenti o studenti, a quel Dipartimento.

Ma chi era Angelo Fabbri? Un ragazzone (1 metro e novanta per quasi cento chili) di 26 anni nato a Cervia; era iscritto appunto al Dams, dove doveva laurearsi in Comunicazione con Umberto Eco. Non era uno studente come tanti: era, nella realtà, l’allievo più promettente del famoso semiologo che, infatti, partecipò ai suoi funerali. Proprio in virtù del suo impegno e della sua brillante intelligenza, Angelo voleva tentare la carriera di ricercatore all’Università, motivo per cui si era trasferito a Bologna con l’intenzione di restarci e, di conseguenza, aveva comprato un piccolo appartamento in via Mirasole), in cui viveva solo.

Erano anni in cui l’appartenenza politica (o certe frequentazioni) potevano essere un ‘movente’ per un omicidio, ma Angelo era uno studente molto serio, senza legami con organizzazioni politiche, lontano da vicende di droga, senza grilli per la testa.

Questa la ricostruzione dei fatti:

30 dicembre1982: Angelo si prepara a partire per Roma, dove festeggerà il Capodanno insieme ad amici. Intorno a mezzanotte sente un amico al telefono: parlano tanto, perché siamo negli anni ’80 e le persone, soprattutto i giovani, hanno tante cose da dirsi. Per fortuna ancora si comunicava, non si dicevano quattro parole per sms. La telefonata, infatti, dura un’ora e mezza, fino all’una e mezza circa di notte.

Dopodiché Angelo esce di casa.

Il giorno dopo il suo corpo viene ritrovato sull’Appennino, in Val di Zena, da due cercatori di tartufi: Angelo è stato ucciso da 11 o 12 (le versione sono diverse) coltellate alla schiena, sei delle quali mortali.

Appare subito evidente che il ragazzo non è stato ucciso lì: indossa l’impermeabile, che però risulta intatto. Chi lo ha ucciso quindi, glielo ha rimesso addosso quando già era morto. Inoltre sembra chiaro che, nel delitto, sono coinvolte almeno due persone: proprio per la mole di Angelo non sarebbe stato possibile, ad una sola persona, avere la meglio su di lui; le coltellate, poi, sembrano inferte da due mani diverse.

Perché Angelo è uscito, la notte tra il 30 e il 31 dicembre? Chi doveva incontrare? E perché? Sulla sua vita non ci sono ombre di nessun tipo. Eco, che lo conosceva molto bene, dichiarò:

Schermata 2015-10-16 alle 22.58.01“Escluso il movente politico perché […] era fuori da quell’ambiente; esclusa la droga, escluso il delitto omosessuale perché Angelo non lo era, ed esclusa la rapina, io comincio a pensare che Angelo abbia messo inavvertitamente piede in un ambiente malavitoso: magari una storia con una ragazza, ledendo il codice d’onore del gruppo. Un delitto motivato da una vendetta organizzata. Angelo […] era curioso, come d’altronde tutti questi studenti, e avrebbe avuto anche facilità, considerata la zona in cui abitava, a entrare in contatto, un contatto di curiosità, di rapporto umano, con certi ambienti notturni […]. Una volta gli offrirono da bere della birra, lui disse di no e si prese un sacco di botte. Ecco, forse Angelo ha varcato la soglia del gruppo e lo hanno ucciso.”

Dopo qualche giorno, il 6 gennaio, viene fermata una coppia amica del ragazzo. Nessun indizio su di loro: vengono sospettati solo a causa delle loro attività politiche e, infatti, vengono poi rilasciati anche grazie ad un alibi di ferro.

Dopo quel fermo, il nulla. E il silenzio più totale, fino a quando, a trent’anni dalla sua morte, un amico di Angelo, Enrico Gulminelli, decide di ricordarlo con un libro, Ero amico di Angelo Fabbri (Pendragon, 2012). L’autore, in alcune interviste, ha espresso l’amara opinione che, forse, non tutto quel che si poteva fare è stato fatto, per scoprire gli assassini di Angelo: nessuno, in tre decenni, aveva letto il dossier del caso. Nessuno ha rivisto, riletto quelle carte, per cercare di decifrarle meglio. E nessuno ha ancora pagato, per la promettente vita spezzata di quel bravo ragazzone.

© Danila Faenza (revisione di un articolo già pubblicato su oggibologna.it)

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