ASTRI E ARTE – LEONE. ANDY WARHOL: DIVO TRA I DIVI

Andy Warhol “divo tra i divi”1

Nel Leone L’io si erge possente e regale alla luce, a fronte alta, sicuro di sé e della propria forza.”

Apro con questa efficacissima definizione di Marco Pesatori che richiama le caratteristiche essenziali del Leone: la potenza dell’io, la luce calda del sole al culmine dell’estate, il potere regale del magnifico re della foresta.

Nelle puntate precedenti di Astri Arte sono stata decisamente soddisfatta delle scelte: la passione dei colori intensi di Van Gogh per l’Ariete, la visione del reale di Courbet per il Toro e quella fiabesca di Chagall per il Cancro, la deliziosa leggerezza di Daufy per i Gemelli.

Per il Leone ho faticato molto per trovare un pittore che richiamasse le caratteristiche del segno. La scelta si è poi fermata, pur con qualche perplessità, su Andy Warhol.

Ancora una volta mi faccio aiutare da Marco Pesatori: che lo definisce rivoluzionario, innovatore delle arti visive” e ne traccia questo ritratto In Warhol, come in Jagger e Madonna, l’immagine di sé è tutto e dilaga nella società dello spettacolo… Le opere più note ritraggono personalità ammantate di un divismo da cui il leone, inconsciamente o meno, è attratto. (Pesatori)(2) 

Andy Warhol è una personalità poliedrica, pittore, scultore, regista e sceneggiatore cinematografico. E soprattutto è il Re della Pop Art.

Figlio di un minatore cecoslovacco emigrato negli Stati Uniti, è uno dei rappresentanti più tipici della cultura nord-americana. Lui stesso affermava: “Adoro l’America e le mie immagini rappresentano i prodotti brutalmente impersonali e gli oggetti chiassosamente materialistici che sono le fondamenta dell’America di oggi. È una materializzazione di tutto ciò che si può comprare e vendere, dei simboli concreti, ma effimeri che ci fanno vivere.”

Attorno agli anni Sessanta comincia a realizzare le prime opere prendendo spunto dal cinema, dai fumetti, dalla pubblicità, dai prodotti commerciali e dalle icone simbolo del suo tempo. Superman, le bottiglie di Coca Cola e le lattine di zuppa possono essere tra gli esempi più significativi. Le immagini attinte dalla cultura di massa americana vengono poi elaborate in serie in modo da portare alle estreme conseguenze il concetto di un’arte che doveva essere consumata, esattamente come tutti i prodotti commerciali.

La Zuppa Campbell’s. Non c’è alcun tipo di filtro, quello che vede viene riprodotto. Non c’è più implicazione estetica o percezione soggettiva dell’artista. È un barattolo di zuppa. Lo stesso che si poteva acquistare al supermercato dietro l’angolo. Nel 1961 la prima serie, successivamente alle scatolette Campbell ha dedicato una quantità enorme di quadri.

Nel 1962 fondò Factory, uno studio in cui i collaboratori producevano le serigrafie e che fu anche un punto di ritrovo per artisti e superstar.

Ed è in questi anni che prende vita Marylin, la più famosa opera di Andy Warhol, che sarà poi, negli anni successivi, prodotta in molte altre versioni. Le serigrafie hanno sempre colori brillanti e diverse colorazioni cromatiche.

La ripetizione era il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori.

Marilyn. 1967. Dieci serigrafie su carta raffiguranti il volto della diva americana. La cartella dedicata a Marilyn è una delle più famose e citate dell’artista americano e si caratterizza per una ricchezza cromatica che cambia da serigrafia a serigrafia, giocando sui contrasti complementari di colori quali il blu, il rosso, il verde, l’azzurro e il rosa

Warhol, oltre a Marylin, ritrae diversi personaggi famosi dell’epoca, tra cui possiamo ricordare Mao Tse-Tung, Che Guevara, Jacqueline Kennedy, Elvis, Liz Taylor.

Alcune delle celebrità rappresentate da Andy Warhol.

I grandi personaggi del resto facevano a gara per farsi fare un ritratto da lui. Divo fra i divi lo definisce Klaus Honnef.(3)

Tra il 1985 e il 1987 Andy Warhol realizzò un ciclo di opere (circa un centinaio) di grande formato dedicato al tema de L’Ultima Cena di Da Vinci, rivisitato secondo la tipologia artistica della Pop Art.

Il titolo originale in lingua inglese, The Last Supper, è emblematicamente ambiguo in quanto può rappresentare sia un riferimento forte alla scena evangelica sia l’ultima zuppa dipinta da Andy Warhol.

Il fenomeno Warhol ha suscitato focosi dibattiti. Spesso era considerato negativamente e criticato perché si riteneva che i suoi lavori comunicassero un’immagine trionfale del consumismo americano, c’era invece chi vi coglieva soprattutto un intento provocatorio. Le sue opere avevano comunque un grande successo di mercato e venivano esposte nelle mostre di tutto il mondo.

The Last Supper. Tra il 1985 e il 1987 Andy Warhol, su invito del gallerista Alexandre Jolas, realizzò un ciclo di opere di grande formato dedicato al tema de L’Ultima Cena di Da Vinci, rivisitato secondo la tipologia artistica della Pop Art.

È o non è arte?

È questa la domanda che si è spesso posta la critica ed anche la gente comune.

Per molti Warhol è esclusivamente uno dei più grandi pubblicitari di ogni tempo. Per altri non fu altro che un intellettuale piuttosto eccentrico, anzi uno degli intellettuali più influenti del secolo scorso. Per altri, invece, solo un vero artista poteva dare vita a opere di una tale forza.

Per Koch non ci sono dubbi e alla domanda dà una risposta molto decisa. Sì, le opere di Warhol sono arte. Anzi sono arte a livelli altissimi. Hanno una potenza visiva senza precedenti, per certi versi parlano a chi le guarda.

Mi pare molto efficace il giudizio di Daverio che definisce Warhol “Virtuoso della banalità”, ma aggiunge: “Seppe inventare un nuovo modo di comunicare tramite un’arte di facile comprensione alla portata di tutti. Ma è un grande artista, l’arte è laboratorio in cui si inventano virus che cambiano la nostra percezione e Warhol con le sue icone ci ha cambiati.”

Rosalba Granata

Note

  1. Klaus Honnef lo definisce così nel suo saggio Warhol. L’arte come commercio Bebdikt Taschen, il cui primo capitolo si intitola “Il primo divo dell’arte”.
  2. Pesatori in Astrologia per intellettuali, p. 189.
  3. Klaus Honnef, Warhol. L’arte come commercio.

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