ASTRI E ARTE – TORO, GUSTAVE COURBET: LA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTÀ

1. AUTORITRATTO CON CANE NERO (1842), Museo del Petit-Palais, París. Le sue prime opere, tra cui annoveriamo il celebre Autoritratto con il cane nero del 1842, manifestano ancora qualche connessione con il mondo Romantico. Questo legame, però, si spezzerà del tutto dopo il 1848.

Venere è il pianeta di questo segno primaverile, è Venere-Astarte che qui  mostra il suo aspetto carnale e sensuale: il desiderio dei piaceri, cibo e sesso, è intenso.
È un segno di Terra caratterizzato da forza, calma e stabilità. Il legame con la Natura è essenziale e tale sintonia si esprime spesso nel saperla vedere e nel saperla rappresentare, molti sono quindi i pittori, i fotografi, i critici d’arte e i registi cinematografici del Toro.
Già nella Rubrica Astrologica ho fatto riferimento a MIRÒ e nel Gioco delle Coppie ho parlato di DALÌ. Ma quello che, a mio avviso, esprime in modo più netto le caratteristiche del segno è COURBET: nel suo OROSCOPO il Sole, Mercurio, Venere e Marte si trovano in Toro.

2. FANCIULLE DEL VILLAGGIO 1852 New York , Metropolitan Museo. Le donne del villaggio fanno elemosine a una pastorella nella valle di Ornans

La metà dell’Ottocento in Francia è epoca di sviluppo industriale e di forti conflitti sociali, emergono nuove ideologie che pongono al centro le classi popolari. Courbet aderì alle idee socialiste e partecipò attivamente alle esperienze rivoluzionarie del ’48 e della Comune di Parigi.
Fu quindi un artista impegnato e cercò la coerenza tra pittura e fede politica sia nel contenuto delle sue opere, che hanno per oggetto la vita del popolo, sia nell’orientamento stilistico, infatti la svolta realista avvenne proprio intorno al 1848 e lui stesso affermava “Senza la rivoluzione del ’48 non ci sarebbe stata la mia pittura”.
In quegli anni quindi abbandona qualsiasi riferimento storicistico e si concentra consapevolmente su piccoli fenomeni del quotidiano, che vuole  registrare con l’impersonale distacco di un osservatore oggettivo.

“Ho studiato l’arte degli antichi e quella dei moderni. Non ho voluto né imitare gli uni, né copiare gli altri. Ho voluto essere capace di rappresentare i costumi, le idee, l’aspetto della mia epoca secondo il mio modo di vedere; fare dell’arte viva, questo è il mio scopo”.

Queste sue affermazioni possono sintetizzare il pensiero di Courbet sull’arte.

Nel 1855 intitolò la sua Mostra “Le Realisme”. Gombrich afferma che il suo realismo segna una rivoluzione nell’arte, “non voleva essere allievo di nessuno se non della natura. Non voleva grazia ma verità.”

In lui appaiono molto evidenti i caratteri del Toro.

Ama la natura e la rappresenta nella sua realtà. La campagna, che spesso fa da sfondo al lavoro umano, è sicuramente il suo paesaggio preferito.

3. SPACCAPIETRE (1849) Questa tela, già esposta al museo di Dresda, è andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. Ce ne resta solo una documentazione fotografica. Essa, tuttavia, è una delle opere che meglio sintetizza la scelta sia poetica sia stilistica di Courbet.

La novità della sua opera lo portò in aperto conflitto con le istituzioni artistiche ufficiali. La sua pittura suscitò infatti notevole scandalo tanto che i suoi quadri furono sempre rifiutati dai Salon.
In particolare Lo spaccapietre del 1849 sollevò violente polemiche per il suo contenuto sociale. Il dipinto apparve infatti come sfida alla tradizione per la scelta dei soggetti, i due personaggi raffigurati sono infatti due lavoratori dediti ad un lavoro rude e pesante e, anche per il modo in cui sono rappresentate, le figure non sono in posa, ma quasi colte di sorpresa nella loro vita quotidiana. Il pittore non dà alla scena alcuna intonazione lirica o sentimentale, ma proprio la modalità di rappresentazione con un linguaggio duro e obiettivo costituisce una forte denuncia della reale situazione sociale dei lavoratori.
Questi aspetti fanno sì che la pittura di Courbet possa essere accostata alle poetiche della narrativa naturalista che si afferma in quegli stessi anni in Francia. Zola, che ne fu il maggior interprete, apprezzò molto i suoi quadri che definiva “Energici, […] reali come la vita e belli come la verità”.

Altro aspetto tipico del Toro è quello della sensualità corposa e naturale tipica delle sue opere,La terra grassa del Toro si esprime nella densità sensuale della sua pittura.” (Barbault)

E quindi, oltre ai temi sociali, erano scandalosi per i benpensanti del tempo i quadri che rappresentavano con estremo realismo potenti nudi femminili. È il caso della Bagnante, forte e aggraziata pur nell’abbondanza delle sue forme, ed ancor più dell’Origine del mondo il famoso dipinto del 1866 che raffigura i genitali femminili con uno stile pittorico decisamente esplicito.

Ma scandaloso apparve anche uno dei quadri più famosi e più emblematici della sua poetica: Le signorine della Senna.

4. SIGNORINE IN RIVA ALLA SENNA (1857) Museo del Petit Palais di Parigi. 1857 174×200

In questo quadro, accusato di volgarità e di cattivo gusto, si percepisce molto bene la novità della sua pittura. I personaggi sono due signorine borghesi, che si riposano in un prato lungo la Senna. Non sono in posa e appaiono un po’ sgraziate nella loro stanca rilassatezza, colte  con i volti assonnati in un momento di abbandono. È quindi da sottolineare che sono figure non idealizzate ben lontane quindi dalla rappresentazione femminile tradizionale.
Vorrei chiudere con il dipinto La riva del mare a Palavas  che  mostra pienamente il profondo amore per la natura di Courbet.

LA RIVA DEL MARE A PALAVAS 1854. Olio su tela. 39 – 46. Musée Fabre Montpellier

Per Courbet, uomo nato in un paese di montagna, la scoperta del mare fu un’autentica rivelazione. Nel 1854 era andato a Montpellier ed era stato affascinato dagli scenari della costa del Languedoc. In questo quadro dipinge se stesso come un puntino nell’immensità, nel momento in cui si ritrova davanti al mare e, togliendosi con ampio gesto il berretto, lo saluta, lo ammira e gli rende omaggio.
È quasi un invito a guardare e ammirare la natura nella sua realtà, a rispettarla e a godere della sua vastità e bellezza.
Non ci stupisce che questo dipinto sia stato utilizzato come manifesto della mostra1 “Mediterraneo. Da Courbet a Monet a Matisse”, perché  davanti al mare è giusto togliersi il cappello e averlo caro2.

Ricordiamo che negli stessi anni Baudelaire scriveva:

“Uomo libero, sempre ti sarà caro il mare.
Il mare è uno specchio. Tu contempli
la tua anima nello svolgersi infinito
della sua lama”3

E non ci stupisce che quest’opera appaia tra quelle proposte nel libro di Christophe André: Dell’Arte della Felicità. L’Arte ha il grande potere di illuminare la nostra vita, anche le nostre giornate più grigie, con immagini di felicità. Essa è, come afferma l’autore “un’emozione viva, che nasce, cresce, si espande, declina e si dilegua”4.

Rosalba Granata

Note:

  1. Tenuta a Genova nel 2010/2011
  2. Articolo di Repubblica
  3. Beaudelaire: l’uomo e il mare. Da I fiori del male.
  4. http://coscienzeinrete.net/arte/item/2431-l-arte-come-ponte-per-la-felicita

 

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