MARLENE DUMAS, LA PITTURA PERTURBANTE
di Rosalba Granata
Marlene Dumas è una pittrice del nostro tempo che ha raggiunto il successo internazionale, rappresentando, secondo la critica, una delle potenze femminili più forti nel mondo artistico.
Può essere collocata all’interno delle nuove tendenze affermatesi alla fine del Novecento con artisti e artiste che sperimentano nuove forme e mettono in primo piano temi politici quali disuguaglianza, migrazioni, multiculturalismo.
Il suo debutto artistico avviene negli anni ottanta e la mostra del 2001-2002 a New York la consacra come protagonista della ricerca femminista e post-femminista.
Quella di Dumas è una pittura forte, scuote, non è certamente consolatoria o decorativa. Con energia dissacrante mette in discussione svariati stereotipi della società contemporanea. Le sue opere affrontano temi impegnati. Il razzismo e le differenze di genere, la violenza, la morte, la follia.
Non la conoscevo, non sono abituata ad una pittura di questo tipo. È nella mia ricerca di un’artista che rappresentasse il Leone che l’ho incontrata. La trovo inquietante ma poco a poco mi sto abituando al suo fascino perturbante.
I suoi lavori sfidano e provocano intellettualmente ed emotivamente lo spettatore per la loro brutalità e crudezza. Già i titoli sono un pugno nello stomaco come per esempio Straitjacket (Camicia di forza) o Blindfolded (Bendato). Sono spesso quadri scuri e macabri. Vi sono rappresentazioni di violenza e di morte, ed anche di sessualità molto esplicita, tanto che la Tate Modern ha deciso di censurare una sua tela del 1999 che raffigura un uomo nell’atto dell’eiaculazione. In altri casi è proprio l’ambiguità a rendere inquietante il dipinto; in Struck, per esempio, ciò che avviene (o non avviene) lascia nel dubbio: si tratta di un gioco erotico, di un’aggressione violenta o di entrambe? Tra le molte immagini di morte forse il dipinto più famoso è Dead Girl del 2002 nel quale è rappresentato il cadavere insanguinato di una giovane donna che ha tentato di dirottare un aereo negli anni ’70.
Marlene Dumas è nata nel 1953 a Kuilsrivier in Sudafrica, paese nel quale ha passato l’infanzia e la giovinezza durante l’epoca dell’apartheid. Ha studiato Belle Arti all’Università di Città del Capo. Nel 1976 si è trasferita in Europa per continuare gli studi ed è rimasta a vivere ad Amsterdam.
Le sue pitture sono totalmente incentrate sulla figura umana. Non c’è sfondo, non c’è paesaggio, tutto è focalizzato sull’espressione dei volti o sul corpo umano. Il suo punto di partenza è quasi sempre una fotografia, che poi trasforma in un quadro aggiungendo un forte carico emotivo e interpretativo. Da un’artista vissuta a lungo in Sudafrica a contatto con la natura ci aspetteremmo forse che rappresentasse i paesaggi della sua giovinezza, invece Dumas vuole indagare il paesaggio emotivo e psicologico.
Tra i suoi lavori più famosi viene solitamente indicato Black drawings del 1992 che comprende più di cento ritratti di persone nere. Con quest’opera Dumas intende denunciare il periodo dell’apartheid, del quale è stata testimone, pur non essendone vittima in quanto bianca.
I volti sono presi da vecchie foto dell’era coloniale, l’artista mette in evidenza la dignità e particolarità dell’espressione di ognuno sottolineando così l’individualità di questi uomini in contrasto con lo stereotipo razzista che ne fa una massa monolitica.
“Il nero è un colore bellissimo, essere neri è uno stato positivo,” spiega Dumas.
Molto intenso è anche Blindfolded (Bendato) del 2002, basato sull’immagine di un palestinese arrestato da un soldato israeliano e bendato in un campo profughi.
Mi pare significativo e chiarificatore quanto afferma Dumas in riferimento alla sua pittura:
«Ho riflettuto molto su ciò che lega tra loro le mie opere e per trovare un titolo che riflettesse anche il mio stato d’animo e la mia percezione del mondo che mi circonda. Poi ho pensato alla parola “open”, aperto, e al modo in cui le mie pitture sono aperte a diverse interpretazioni. Nelle mie opere lo spettatore vede immediatamente ciò che ho dipinto, ma non ne conosce ancora il significato. Dove comincia l’opera non è dove termina. Il titolo “open-end”, che nel contesto della pandemia ha le proprie implicazioni, è al contempo fluido e melancolico».1
The Painter è forse il suo dipinto più famoso e, a mio avviso, il più suggestivo.
È un quadro verticale di grandi dimensioni, alto due metri, e appare quasi minaccioso.
È ritratta una bambina nuda, immobile, isolata su uno sfondo di colori freddi. La sua espressione è imbronciata. Ci fissa. Com’è il suo sguardo? Forse di sfida e di ostilità. È pallida. I suoi occhi sono due pozzi scuri, la pancia è azzurra, i radi capelli sono di un pallido biondo tendente al verde. I colori sono liquidi, fluidi, solo le mani spiccano per il colore carico e intenso, una blu, l’altra rossa, come se si fosse sporcata dipingendo.
Il quadro, come ci fa notare Melania Mazzucco2 , è tutto giocato sulle ambiguità. Ambiguo è già il titolo, non abbiamo un nome proprio, come solitamente avviene nei ritratti, ma un sostantivo inglese, painter, che non specifica il genere. La modella è la figlia Helena, ritratta da una fotografia, all’età di cinque anni. La domanda al centro dell’analisi della Mazzucco è: chi è la pittrice? La bambina ritratta o chi la sta ritraendo? la scrittrice suggerisce che si tratta in realtà di un “autoritratto traslato”. The Painter è un’opera straordinaria, è certamente un’allegoria della pratica artistica, una profonda meditazione sull’atto stesso di creare e spinge il pubblico a porsi domande sull’arte stessa.
Per Dumas «L’Arte non è uno Specchio. L’Arte è la traduzione di ciò che non conosciamo».
Marlene Dumas mi pare adatta per rappresentare il Leone.
È ambiziosa e aspira al successo, come solitamente gli appartenenti al segno. Guardando poi il tema natale vediamo come tali caratteristiche vengano sottolineate dal Sole congiunto al MC (Medio Cielo). Lei stessa ironicamente afferma «Vorrei essere una star, così bella, artificiale e lucente».
Il suo stesso aspetto potrebbe richiamare la regalità del Leone per la criniera di capelli biondi vaporosi e gli occhi azzurri e pungenti.
Le sue opere, caratterizzate da una potente energia erotica e provocatoria, mi sembra si addicano bene al suo tema caratterizzato dal Sole in Leone e dall’Ascendente Scorpione. La luce e le tenebre. Una miscela che può essere esplosiva.
La Luna in Toro è legata ad una sessualità vigorosa. Ma è anche una Luna solida e materna. Il suo rapporto con la figlia Helena infatti è intenso, non solo affettivo ma anche di profonda condivisione. “Direi che la figlia Helena… è soprattutto una fonte permanente di ispirazione, il suo alter ego”, dice Caroline Bourgeois, curatrice della mostra tenuta a Venezia dedicata a Dumas. “In mostra ci sono opere che hanno addirittura creato insieme, a dimostrazione del legame indissolubile tra loro”.
Alleggerisce il tema natale Mercurio nel creativo Cancro e Venere in Gemelli che può indicare una affettività libera dalle convenzioni e collabora con l’ascendente Scorpione per una intelligenza brillante ed ironica.