PROGETTARE IL FUTURO. LA CULTURA COME AZIONE POLITICA

di Beatrice Collina

L’espressione “politica culturale” è molto evocativa, ma di difficile definizione. Le parole che la compongono ci forniscono tuttavia indizi importanti. Si potrebbe sostenere che l’obiettivo di una seria politica culturale consista nel delineare un progetto a medio-lungo termine, costruendo insieme una visione futura della comunità di cui facciamo parte (aspetto politico), ponendo al centro di questo processo le risorse culturali (nelle loro diverse forme) del nostro Paese e valorizzando le competenze e le eccellenze che in questo ambito operano. Un progetto dunque che resista ai frequenti cambiamenti politici e che crei opportunità di lavoro e di ricchezza diffusa (economica e non). Parole d’ordine: partecipazione, inclusione, futuro, opportunità.

Bologna è da sempre un luogo culturalmente ricco sia in termini di offerta sia in termini di domanda: pensiamo al patrimonio storico e artistico, all’associazionismo, all’università. La questione che tuttavia si pone è questa: c’è, a monte, una visione che guida le singole azioni culturali della città con un fine consapevolmente condiviso? La domanda è forse molto generale e, in quanto tale, difficile. Possiamo però provare a declinarla in sotto-domande più puntuali, le  cui risposte saranno altrettanto puntuali. Tuttavia, a prescindere da quali siano le nostre idee a riguardo, saremmo costretti a chiederci in che direzione vogliamo andare e come vogliamo procedere.

Sono tante le questioni rilevanti.

Un tema importante negli ultimi anni è senza dubbio quello del turismo, oramai diventato una voce economica importante della città. Ma come gestire questi flussi? Che tipo di turismo vogliamo e cosa siamo disposti a proporre a coloro che decidono di passare del tempo nella nostra città? Vogliamo una città vetrina o una città reale che permetta la convivenza tra chi questo luogo lo vive tutti i giorni e chi lo visita?

Strettamente connessa all’aspetto turistico è la gestione del nostro patrimonio. Negli ultimi anni sono stati frequenti i “grandi eventi”, che hanno attirato un numero sempre crescente di visitatori. Questo sarebbe un dato totalmente positivo di per sé, se non rischiasse di andare a discapito della ricchezza culturale già posseduta dalla nostra città. Le mostre con nomi di richiamo hanno esercitato un fascino notevole su tutti noi. Ci troviamo però di fronte molto spesso a prodotti già confezionati, itineranti, che non hanno alcun tipo di legame con la nostra storia e la nostra arte. E se per queste mostre si creano file interminabili fuori dai portoni, abbiamo come contraltare musei cittadini che non riescono ad attirare altrettanta attenzione. Perché? Come si può ovviare a questa disparità? E come si può intervenire su ciò che già abbiamo, creando magari opportunità di lavoro (si pensi all’articolazione delle fasi progettuali) all’interno della nostra comunità invece di acquisire “pacchetti” già pronti dall’esterno? Non si tratta di alternative che si devono vicendevolmente escludere, ma che possono trovare una modalità di dialogo e integrazione. Un esempio (non bolognese) che mi ha molto colpito a riguardo è stata la mostra “Orlando Furioso, 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi” organizzata a Ferrara a cavallo tra il 2016 e il 2017: in quel caso l’evento aveva dialogato con il suo contesto, con la sua storia, con la sua arte, pur avendo usato anche materiale esterno. Quella mostra non avrebbe avuto lo stesso significato in altre città.

E ancora, l’enorme questione della cultura in periferia, come occasione di recupero e riscatto. Si può offrire cultura ad alti livelli una volta lontani dai palazzi storici da fotografare? Si possono attirare cittadini e turisti nelle diverse periferie bolognesi? Si può (e si vuole) superare, attraverso progetti culturali, questa dicotomia che ancora sussiste?

Quelli accennati sono solo alcuni dei temi di cui si può parlare all’interno di un più ampio discorso sulla politica culturale, a Bologna come altrove. Ma è evidente che c’è bisogno di lavorare prima di tutto a un’idea di città.

Come vorremmo che fosse Bologna tra 10, 20, 30, 50 anni? Solo dopo aver riflettuto su questo, forse, potremmo passare a ragionare sui singoli progetti, a metterli in relazione tra loro, in modo che non siano esperienze (magari straordinarie) destinate a restare isolate e a concludersi precocemente. In tutto questo, è importante superare anche un pregiudizio ancora diffuso: che chiunque possa occuparsi di cultura. Non è così. La cultura è un ambito strategico, complesso, che richiede grande professionalità e un set articolato di competenze.

Avremo la bella opportunità di discutere di tutto questo, e molto altro, con Roberto Grandi, presidente dell’Istituzione Bologna Musei, e già nostro ospite in passato. Vi aspettiamo perciò domenica 20 maggio presso il Centro Socio Ricreativo Culturale Stella a partire dalle 19.00. Vi aspettiamo numerosi per questo appuntamento che ci tocca da molto vicino!

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