UN LIBRO PER TE: LEONE – IL DANDY DELLA REGGENZA DI GEORGETTE HEYER

di Rosalba Granata

«Il tiro a quattro aveva ormai attraversato Newart e si inoltrava lungo una piatta campagna che non offriva grandi attrattive né si prestava a molte osservazioni. La signorina Tavernier distolse lo sguardo dal panorama e si rivolse al compagno di viaggio, un giovane seduto […]. Era una giovane donna attraente la signorina Taverner, di statura superiore alla media,  […] intelligenza dello sguardo e la piega risoluta delle labbra» (Il dandy della reggenza, Incipit) 

Judith Taverner, da poco rimasta orfana, si reca a Londra con il fratello per andare a conoscere il loro tutore. Ma quando si trovano davanti al conte di Worth non è l’anziano amico del padre che avevano immaginato, ma suo figlio, dandy affascinante, orgoglioso e insopportabile. Questi acconsente a introdurre in società i due giovani: apre loro il bel mondo. Tra i fratelli Taverner e il conte di Worth non riesce inizialmente a svilupparsi simpatia, anzi il loro rapporto si snoda tra continue incomprensioni, baruffe ed equivoci con addirittura una sfumatura gialla. Ma infine tutto si risolve e l’arrogante conte ha finalmente trovato la donna che lo conquista proprio perché riesce a tenergli testa. 

La vicenda è ambientata nella Londra dell’alta società, affascinata dalla bellezza e dal romantico mistero di Lord Byron e che ha come modello Lord Brummel, elegante ispiratore del principe reggente, il futuro Giorgio IV.  

Il personaggio femminile sembra richiamare la bella e indipendente Elizabeth Bennet di Orgoglio e pregiudizio e quello maschile, l’ironico e insopportabile conte di Worth, Mr Darcy. 

È stato un articolo di Natalia Aspesi(1) che mi ha fatto scoprire i romanzi di Georgette Heyer che possono essere annoverati, come dice appunto Aspesi, tra le famose «letture sotto l’ ombrellone». Rinfrescanti, riposanti, leggere.

Heyer, nata nei primi anni del Novecento, ambienta gran parte dei suoi numerosi romanzi negli anni Regency del primo Ottocento e, oltre a documentarsi su vita sociale, abbigliamento, arredamenti del periodo, prende come modello, per le trame, i romanzi di Jane Austen. 

«Dell’ epoca Regency e della sua alta società che non aveva alcun contatto con la misera realtà di Londra, la pignola signora Heyer sa far rivivere gli arredamenti e gli abiti e la controdanza (il valzer una pericolosa novità), le passeggiate con l’ombrellino e le cavalcate ad Hyde Park, unico passatempo femminile per attirare l’attenzione dei possibili spasimanti. […]. Le giornate passate a fare inchini, a scrivere lettere e a conversare sul nulla […]».

Appassionanti banalità.

Naturalmente i critici relegano la Heyer in modo sprezzante nel genere rosa più romantico, quindi la giudicano indegna della loro attenzione. Eppure, dice Aspesi, parlando di uno di questi romanzi: «Non esiste alcuna puzza letteraria sotto il naso che possa impedire di lasciarsi andare, anche di nascosto, a Sophy la Grande, in cui nulla ci può sorprendere se non il fatto che lo stiamo divorando proprio perché ovvio»

Sua ammiratrice è la Sovrana Lettrice, la regina Elisabetta, che si dice acquistasse personalmente da Harrods i suoi romanzi a dozzine alla volta e, per conoscerla, l’aveva anche invitata a una cena a corte.  

L’ammira molto anche la raffinata romanziera A.S. Byatt che le dedicò un lungo articolo intitolato «Georgette Heyer è una scrittrice più brava di quanto pensiate» e la apprezza l’altra popolare scrittrice inglese, Margaret Drabble, che dice di lei «La mia scrittrice preferita di romanzi storici: elegante, romantica, acuta e divertente […] le sue eroine intraprendenti, i suoi eroi affascinanti. Le sono debitrice di molte ore felici».  

Ma occorre sottolineare che più che alla meravigliosa e inimitabile scrittura di Jane Austen, possiamo paragonare le sensazioni che comunicano i libri della Heyer a quelle dei numerosi film ispirati ai suoi romanzi. 

La Heyer è Leone e delle donne del Leone le sue protagoniste hanno molte caratteristiche. Sono donne indipendenti, appassionate e non accettano di essere dominate dagli uomini né di sottostare alla «rigida etichetta dell’alta società che impediva alle donne parole e gesti ritenuti “inappropriati”, “sconvenienti” o addirittura scandalosi come comprare personalmente una pariglia di cavalli o guidare un faethon a timone alto, cavalcare nella strada dei club ovviamente riservati ai gentiluomini o non essere sempre accompagnate da una chaperon».(2) 

Abbiamo già visto Judith Taverner che dimostra di essere la donna che riesce a tenere testa all’orgoglioso conte di Worth tanto da guadagnare la sua ammirazione e il suo amore. 

Ma gli esempi sono tanti. 

La protagonista di Sophy la grande è un’eccentrica ventenne affascinante, gaia, spiritosa. Simile a Emma di Austen, ama ficcare il naso nelle vite altrui, non certo per curiosità, bensì «perché ci sono talmente tanti guai che qualcuno dovrà pur risolverli […]». 

Annis Wychwood, una donna di classe, ventinove anni, è bella ed essendo ricca può permettersi di vivere a Bath. Non aspira al matrimonio ma all’indipendenza e rifiuta uno dopo l’altro pretendenti che le sembrano noiosissimi. Poi incontra Oliver Carleton, che è, come quasi tutti gli eroi della Eyer, scortese, brusco, sincero. Gli scontri verbali tra i due sono tra gli aspetti più divertenti del romanzo. I battibecchi continuano fino al prevedibile innamoramento e matrimonio finale.  

Frederica, del romanzo che prende da lei il nome, affascinante e risoluta, è generosa e protettiva nei confronti della più giovane sorella e dei fratelli adolescenti. Si rivolge a un lontano parente, il burbero e libertino marchese di Alverstoke, perché l’aiuti a lanciare nella buona società di Londra la sua bellissima sorella. Ben presto Alverstoke, che non si è mai occupato degli altri, si ritrova coinvolto nelle vicissitudini dei bizzarri fratelli Merriville (e del loro cane) e le situazioni che si creano sono spesso spassose. Naturalmente il marchese si rende progressivamente conto di non poter fare a meno di questa vulcanica famiglia e soprattutto di Frederica. Inevitabile il lieto fine. 

Note  

    1. lezioni di leggerezza su Repubblica

    2. Natalia Aspesi 

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