Un piccolo e anonimo college, immerso nel nevoso Vermont; uno strano ed enigmatico professore di greco, arroccato nel suo studio; paesaggi sconfinati diluiti nel whiskey; una voce che emerge dalla narrazione per raccontare qualcosa. L’omicidio, la depravazione, la morale e il non avere scelta: Dioniso è facile artefice di illusioni e parossismi, questo libro di Donna Tartt ne è un chiaro esempio. Un romanzo che parla di ragazzi, senza essere di formazione, alle prese con una vita che sfugge di mano e si presenta poi a chiedere il conto. “… non si deve sottovalutare il richiamo primordiale – perdersi, perdersi completamente. E perdendosi, rinascere al principio della vita ininterrotta, fuori della prigione del tempo e della morte”. Recatevi nel bosco, uscendo dalla villa di Francis non occorrono che pochi passi, indossate i chitoni e cantate; osannate la vite che emerge dalle stive delle navi, l’annullarsi del tempo e della coscienza. Danzate, danzate e danzate, fino a dimenticare voi stessi e, riavendovi in seguito, capire fin dove potete spingervi. “Nihil sub sole novum” ci ricorda Richard “qualsiasi azione, nella pienezza del tempo, svanisce nel nulla”.
Francesco Colombrita