Appetizer books
Tra le strade che percorriamo ogni giorno, monotoni, vi sono angoli, spazi e vicoli, straordinari; hanno un aspetto bizzarro per essere, infondo, non meno di navi, non più di uno strano sussurro; sono luoghi dell’anima, oceani del pensiero, universi di sogni: sono libri. Ognuno dei mondi che svelano è ricco e variegato, dunque perché non dare una sbirciata da un oblò tutto meno che noioso? Lo scopo che si propone questa rubrica è di aprire molte, svariate, finestre solleticando il palato del lettore, nella speranza che scelga di chiudere alle sue spalle il boccaporto ed immergersi o, al contrario, di fuggire sulla terraferma se lo ritiene necessario!
Invisible Monsters – Chuck Palahniuk
Immaginate un’affermata e splendida modella, con un ragazzo perfetto e una migliore amica e collega bella come lei; ora un colpo di fucile e un paio di uccelli che smangiucchiano ciò che rimane della mandibola sul sedile del passeggero; poi una clinica, una vita in frantumi che va ricostruita.
Un cocktail all’apparenza banale: 1/5 di normalità, 1/5 di tragedia e 3/5 di compassione. Ma in questo strano country bar Lexie, la barista formosa di turno, piazza un inatteso ombrellino nella coppa martini: la principessa Brandy Alexander. Dovreste vederla, la «regina dalle labbra Plumbago» nello studio di una logopedista osservare la nostra modella ormai muta e mutilata con aria interrogativa: “ragazza, per Dio, sei così orrenda. Hai lasciato che un elefante ti si sedesse in faccia o che?”. Qualche fotogramma e un quaderno più tardi questo Calibano scrive la sua storia, piangendo autocommiserazione sulla pelle deforme di un viso appena abbozzato ”La tua capacità di percezione è completamente fottuta” le dice Brandy “Tutto quello di cui riesci a parlare è immondizia già accaduta” .
Uno strano sodalizio fa da motore alla vicenda, un principio sepolto in un qualche capitolo tra le pagine di un romanzo che ricorda per struttura una rivista di moda: salti temporali e discorsi sospesi, immagini vivide e sequenze bloccate. Questo flusso di pensiero, perché il nostro narratore è quella stessa modella le cui parole sono volate via tra le ali di alcuni gabbiani, malgrado frammentato e altalenante ci restituisce, con agghiacciante lucidità, una narrazione perfettamente orchestrata in cui alla fine nulla è stato davvero lasciato da parte. Ma Palahniuk, indiscusso maestro di montaggio, in questo romanzo d’esordio mancato, oltre a scomporre la narrazione riducendola ad una quantità di pillole da overdose, sorprendere il lettore con colpi di scena alla Beautiful e trascinarlo in un carro da parata del trash, riesce a creare, sull’eterno topos della discesa agli inferi, un protagonista d’eccezione, che si fa portatore di un particolarissimo disagio moderno: anche quando seguiamo la strada che ci siamo prefissati, raggiungiamo gli obiettivi preposti e ci autodeterminiamo nel modo che più ci aggrada, siamo davvero noi stessi, o consumismo, pubblicità, aspettative e paradigmi ci portano altrove? E nel caso, quale sarebbe la via d’uscita?
Una questione che riceverà una risposta del tutto sconvolgente; d’altro canto la vivida carica rosso porpora che filtra i personaggi e la narrazione non poteva lasciare spazio ad una soluzione ordinaria. Cosa aspettarsi da un transessualissimo Virgilio finanziato da un «totem di drag queen», una ex migliore amica così pazza da imbracciare un fucile e un macho dai dubbi gusti sessuali imbottito a sua insaputa di ormoni femminili?
Finito il drink e assaporata l’oliva forse ci si accorge che le proporzioni sono cambiate: 1/5 follia 1/5 rabbia 1/5 disagio 1/5…
Francesco Colombrita